Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Federico di Utrecht a cura di Ermes Dovico

TERRORISMO

Il decapitatore e il mullah: due colpi al jihad (prima di Parigi)

Due successi contro il terrorismo. Il primo è l’uccisione in Siria, vicino a Raqqa, da parte di un drone americano del famigerato “Jihadi John” cittadino britannico di origine kuwaitiana noto per essere il decapitatore “ufficiale” dello Stato Islamico. L’altro, l’arresto di 17 persone legarte al mullah Krekar, fondatore di Ansar Al Islam, nell'ambito dell'operazione antiterrorismo messa a segno dai carabinieri del Ros italiano.

 

Politica 14_11_2015
Jihadi John, il decapitatore dell'Isis

Successi simbolici, più utili ai governi a rivendicare un ruolo di primo piano o a tenere alta la propria immagine che a sconfiggere il terrorismo islamico, ma pur sempre successi. Ieri un drone Reaper statunitense avrebbe ucciso in Siria, vicino a Raqqa, il famigerato Jihadi John cittadino britannico di origine kuwaitiana noto per essere il decapitatore “ufficiale”dello Stato Islamico. 

É stato lui, completamente vestito di nero, con una pistola in una fondina di cuoio marrone ed un coltello nella mano sinistra a tagliare la testa a tutti gli ostaggi stranieri, a partire dall'americano James Foley, la sua prima vittima, il 19 agosto del2014. A seguire Steven Sotloff, i britannici David Haines e Alan Henning, l'americano Peter Kassig e i giapponesi Haruna Yukawa eKenji Goto. Da mesi ormai era in fuga e si pensava avesse lasciato la Siria dove pare lo braccassero anche gli 007, le forze speciali e i droni britannici impegnati in missioni segrete in territorio siriano proprio per dare la caccia a lui. Jihadi John era un simbolo per tutti i foreign fighters e il suo “esempio” ha catalizzato l’interesse di migliaia di giovani pronti a seguire le sue orme e a raggiungere il Califfato.Jihadi John si chiama Mohamed Emwazi, è nato in Kuwait nel 1988 ma si è trasferito con la famiglia a Londra all'età di 6 anni dove cresce con un fratello e due sorelle e si laurea in informatica.

«Tornerò presto in Gran Bretagna con il Califfo  Abu Bakr al Baghdadi dove continuerò a tagliare teste e ad uccidere i (kafir) miscredenti» aveva dichiarato in un video. Di lui si erano perse le tracce a gennaio quando si fece ritrarre mentre decapitava il secondo ostaggio giapponese Kenji Goto, ultima delle sue sette vittime. Sulla testa di Jihadi John pende una taglia posta dagli americani di 10 milioni di dollari. Barbara Starr, corrispondente della Cnn dal Pentagono, in un collegamento ha spiegato mercoledì che fonti dell'amministrazione credono di averlo colpito e di aver ucciso Jihadi John, ma al momento questo non è assolutamente confermato perché non ci sono né truppe né  personale di intelligence  a Raqqa. «Stiamo valutando i risultati dell'operazione e daremo informazioni più precise non appena potremo», ha detto il portavoce del Pentagono, Peter Cook.

Un alto funzionario ha aggiunto che il drone avrebbe colpito un'auto sulla quale viaggiavano il boia e altri membri del gruppo di assassini che si fa chiamare i Beatles per via dell'origine britannica, ma non ha voluto fornire altri dettagli. La Bbc riferisce, invece, di un «elevato grado di certezza» circa la morte del terrorista che coincide con l’avvio dell’offensiva curda contro Sinjar, roccaforte dell’Isis ai confini tra Iraq e Siria e con una apparente maggiore determinazione della Coalizione internazionale a combattere il Califfato frutto forse dell’intraprendenza militare russa che stava mettendo all’angolo il blando impegno militare gli occidentali.

Successo di rilievo anche per le forze di sicurezza italiane che mercoledì hanno arrestato 17 persone nell'ambito dell'operazione antiterrorismo “Jweb”, messa a segno dai carabinieri del Ros in collaborazione con le autorità giudiziarie e di polizia di diversi Stati europei. Si tratta di 16 curdi e un kosovaro. Sono indagati per associazione con finalità di terrorismo internazionale aggravata dalla transnazionalità del reato. Sette gli arresti eseguiti in Italia, 4 Regno Unito, 3 in Norvegia e uno in Finlandia. Quattro degli arrestati vivevano a Merano, due a Bolzano e uno in un paese vicino Bolzano. Per un'altra persona, in Svizzera, è stato chiesto l'arresto a fini estradizionali.

Tra gli arrestati anche Mullah Krekar, a capo dell'organizzazione terroristica Rawti Shax e già fondatore di Ansar Al Islam, gruppo terroristico curdo sunnita che si era costituito per instaurare uno stato islamico con metodi violenti nel Kurdistan iracheno e che aveva subito un autentico smantellamento grazie all'azione militare dello Stato Iracheno, sostenuto dalle forze della coalizione occidentale. Il progetto degli arrestati prevedeva anche «la possibilità di fare attentati nella zona del Medio Oriente e anche in Europa, non in Italia», ha precisato il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei carabinieri. Attentati che, ha spiegato, «potevano coinvolgere rappresentanti diplomatici norvegesi e inglesi per ottenere la liberazione del loro capo, Mulla Krekar, detenuto in Norvegia».

Najmuddin Faraj Ahmad, questo il vero nome del 59enne mullah, è stato condannato il 30 ottobre in relazione a minacce proferite in febbraio durante un'intervista alla televisione norvegese Nrk. Sono pronto «a fare un regalo» a chi ucciderà Halmat Goran, aveva dichiarato, riferendosi al curdo che nel 2010 aveva diffuso le sue immagini mentre bruciava pagine del Corano. Quando fu intervistato dalla tv, Krekar era appena uscito dal carcere dove aveva scontato due anni e dieci mesi per minacce di morte pronunciate nel 2010 contro tre curdi e l'esponente politica Erna Solberg, che poi diventò primo ministro. Il mullah dovrà ora scontare 18 mesi, meno i 216 giorni che ha già trascorso in carcere in attesa del processo. L’operazione di polizia italiana è di buon auspicio per la sicurezza dell’imminente Giubileo anche se il sottosegretario Marco Minniti avrebbe detto nel corso di un'audizione al Copasir, che non ci sono al momento minacce specifiche pur tenendo conto che sull’evento pesano i rischi del terrorismo. Per il Giubileo sono attesi a Roma mille agenti in più in aggiunta ai 24 mila già presenti. 

I rischi maggiori potrebbero arrivare non solo dai lupi solitari ma, anche, da cellule isolate: gruppi di 2-3 persone che potrebbero essere già presenti nel in Italia da tempo e che hanno assunto posizioni estremistiche e vicine agli ambienti più radicali, senza avere però contatti con l'estero. Soggetti che potrebbero sfruttare la ribalta offerta dal Giubileo proprio per accreditarsi con l'Isis o le altre organizzazioni terroristiche. Resta il fatto che l’Italia e l’Europa pagano lo scotto di aver si combattuto terroristi e fiancheggiatori, ma tollerando troppo a lungo l’estremismo islamico ormai diffuso a macchia d’olio e difficile da controllare. Un fenomeno rivelatosi però vera culla ideologica e addestrativa per i cosiddetti foreign fighters e per la nuova generazioni dei terroristi del jihad.