Il De Gasperi "sconosciuto" che diventò eroe
Da giovane milita nel movimento cattolico trentino, e partecipa alla prima guerra mondiale nell'esercito austriaco, guadagnandosi una medaglia d'oro. Circostanza che gli viene più volte rimproverata dai fascisti dai quali è più volte arrestato. Oggi un libro di tre storici trentini lo ricorda.
«Di Civezzano, salvò il 2 maggio 1915 sul fronte russo la propria compagnia da un grave pericolo, gettandosi risolutamente e sprezzante della morte sul nemico che incalzava il fianco sinistro, uccidendo l’ufficiale in capo e respingendo colla sua squadra il pericoloso attacco». È la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare conferita a uno dei molti trentini di madrelingua italiana che combatterono la Prima Guerra Mondiale vestendo la divisa dell’esercito imperiale asburgico, così come viene riportata sulle pagine della Rivista patria con Almanacco 1919 edita dalla lega di provvidenza per la gioventù a favore della propria sezione italiana, titolo e testo in italiano, pubblicata nel 1918 a Innsbruck, nell’impero, dalla Tipografia Tyrolia.
Finora questo annuario era rimasto confinato agli archivi di qualche biblioteca, ma tre storici trentini, Marco Mischia, Mario Moser e Carlo Refatti ne hanno tratto un libro ricco di dati e d’immagini, il più completo sin ora, pubblicato con il medesimo titolo con cui in quegli anni - in Trentino usando l’italiano, nel Sudtirolo e in Austria adoperando il tedesco - i giornali pubblicavano le notizie delle decorazioni, I nostri eroi – Unsere Helden (Egon, Rovereto [Trento] 2013, con appendice di Lorenzo Baratter), memoria dei soldati dell’esercito austro-ungarico decorati per eroismo conclamato che provenivano dal Trentino italofono. Allora si chiamano “tirolesi italiani” come si sono chiamati da tempi immemori, come li chiamava Andreas Hofer (1767-1810) al tempo di quell’Insorgenza antigiacobina che fu eminentemente cattolica e vistosamente “multilinguistica”; e il Trentino i cugini tirolesi germanofoni lo chiamavano Welschtirol, ovvero “Tirolo che parla un’altra lingua” ma perfettamente dentro una identità culturale e religioso unitaria.
Ebbene, in questa lunga serie d’italiani diversi, ma non meno italiani, tirolesi italiani cioè trentini che hanno abitato quella terra da sempre di confine e la cui patria è stata a lungo l’Austria, quell’uomo di Civezzano, in provincia di Trento, che nel ’15 si distinse contro i russi in Galizia spicca particolarmente perché il suo nome è De Gasperi. Augusto, nato nel 1893, vale a dire il fratello minore del famoso statista democristiano Alcide (1881-1954); sulla Rivista patria con Almanacco 1919 è nominato come «Degasperi Augusto Emanuele». Dopo le medie e le superiori, a 21 anni Augusto De Gasperi entrò nel terzo reggimento dei Kaiserjäger, i “cacciatori imperiali” austro-ungarici. Allo scoppio della guerra, nell’estate di 100 anni fa esatti, il suo reparto fu dislocato a nord-est, dove correva il fronte di guerra con i russi, in Galizia, oggi divisa tra Polonia e Ucraina. Al suo fianco combattevano decine di altri tirolesi di madrelingua italiana. Il 2 maggio del 1915, alle 7 del mattino, dopo che il fuoco di artiglieria aveva preparato la strada, la Feldkompanie austro-ungarica a cui de Gasperi era stato assegnato assaltò una postazione nemica a quota 402 metri. De Gasperi gettò il cuore oltre l’ostacolo ed entrò tra i primi. Il fuoco nemico s’intensificò bloccando un secondo battaglione asburgico che fu subito rinforzato da un terzo.
De Gasperi si lanciò allora all’assalto di una postazione mobile russa, portandosi dietro con impeto tutto il proprio plotone. Ma un reparto russo li attaccò sul fianco sinistro. De Gasperi estrasse allora prontamente la pistola d’ordinanza, abbatté l’ufficiale che guidava i nemici e ribaltò in un attimo le sorti dello scontro, vincendo. Fu in questo modo che De Gasperi riuscì a salvare l’intera compagnia cui apparteneva da un attacco russo alle spalle in procinto di scatenarsi; fu in questo modo che si guadagnò la Medaglia d’Oro al Valor Militare; è così che il suo coraggio viene narrato anche nella storia completa di quei combattenti, I Tiroler Kaiserjäger. Storia dei reggimenti scelti tirolesi di Christian Haager e altri (2a edizione riveduta, Persico, Cremona 2001). Poi De Gasperi cadde persino prigionieri dei russi, internato a Tambov, quella città che dopo la Grande Guerra, nel 1920, proprio in conseguenza delle assurdità da essa innescate, sarà teatro di una delle più grandi insurrezione anticomuniste contadine, tale da meritarle il nome di «Vandea russa», avvenute nel corso della Guerra civile (1918-1923) tra bianchi e rossi.
Chi fu, terminata la sanguinosissima e inutile Grande Guerra che divise il fratello dal fratello, il più acerrimo nemico del cadetto di riserva asburgico Augusto De Gasperi? I fascisti, che un passato così in un trentino italiano proprio non riuscivano a sopportarlo, che disprezzavano il suo impegno di cattolico popolare, che più volte lo arrestarono e che alla fine lo costrinsero a fuggire a Milano, dove, dopo onorata carriera giornalistica e imprenditoriale, «Degasperi Augusto Emanuele» morì nel 1966.