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MEDIO ORIENTE

Il cyber attacco israeliano in Libano continua. Non è chiaro perché adesso

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Anche ieri, 18 settembre, dispositivi in Libano, fra cui walkie talkie e cellulari, hanno continuato a esplodere. Dito puntato su Israele. Ma non si capisce il motivo di un attacco così massiccio.

- E gli Houthi continuano a colpire di Stefano Magni

Esteri 19_09_2024
Libano funerali delle vittime del cyberattacco (La Presse)

Un’operazione ancora in parte misteriosa e segreta è stata effettuata dai servizi di sicurezza israeliani che in un paio di giorni hanno messo fuori combattimento forse alcune migliaia di combattenti della milizia sciita libanese Hezbollah facendo esplodere simultaneamente prima i loro cerca-persone e ieri i walkie-talkie.

Il movimento sciita ha giurato vendetta contro Israele dopo che almeno 3mila cercapersone utilizzati dai suoi miliziani e comandanti sono esplosi martedi pomeriggio simultaneamente in tutto il Libano (ma anche in Siria), uccidendo secondo l’ultimo bilancio 18 persone (tra cui una bambina di 8 anni) e ferendone circa 4mila di cui 200 in modo grave mentre 500 miliziani sarebbero stati accecati o mutilati.

Hezbollah ha incolpato Israele per quella che ha definito "un'aggressione criminale" e ha giurato che avrebbe avuto una "giusta punizione", affermando che 8 suoi combattenti figurano tra i morti. Successivi resoconti dei media hanno rivelato he anche il figlio del parlamentare di Hezbollah Ali Ammar sarebbe deceduto nelle esplosioni. Anche alcuni combattenti di Hezbollah in Siria sono rimasti feriti nell'attacco e diversi di loro sono stati ricoverati negli ospedali di Damasco mentre Saberin News, affiliata alle Guardie rivoluzionarie iraniane, ha riferito che anche alcuni pasdaran iraniani in Siria sono stati uccisi.

L’agenzia di stampa statale iraniana IRNA ha affermato che l'ambasciatore del paese, Mojtaba Amani, è stato ferito superficialmente da un cercapersone esploso e si trovava in cura in un ospedale, a conferma di come il diplomatico fosse inserito nella rete di comando e comunicazione degli Hezbollah. Secondo le ultime notizie Amani avrebbe perso un occhio nell’esplosione. Il rappresentante dell‘Iran all'Onu, Saeed Iravani, ha definito l’attentato multiplo un «cyber attacco terroristico» aggiungendo che «il regime di Israele deve essere ritenuto responsabile di tale aggressione e di tale crimine efferato».

Come di consueto, Israele non ha commentato ma avrebbe informato gli Stati Uniti dopo la conclusione dell'operazione. Lo ha riferito un funzionario americano all'Associated Press, secondo quanto riportato dai media israeliani. Hezbollah ha reso noto questa mattina che «continuerà, come in tutti i giorni passati, le sue benedette operazioni a sostegno di Gaza».

Gli Stati Uniti «non erano a conoscenza di questo incidente in anticipo» e non sono stati coinvolti, ha affermato il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller. «A questo punto, stiamo raccogliendo informazioni».

I funzionari di Hezbollah hanno dichiarato che a esplodere sono stati i nuovi cercapersone utilizzati all’interno dei quali erano state inserite piccole cariche di esplosivo, ma nel pomeriggio di ieri numerose altre esplosioni, questa volta di walkie-talkie e telefoni, hanno provocato ulteriori morti e feriti tra gli Hezbollah. Si tratterebbe di dispositivi acquistati da Hezbollah circa cinque mesi fa, nello stesso periodo in cui erano state comprate le migliaia di cercapersone esplosi ieri secondo quanto rivelato da fonti della sicurezza libanese citate dal Times of Israel.

Secondo il New York Times, che cita ex funzionari israeliani e americani rimasti anonimi, i servizi segreti di Tel Aviv avrebbero intercettato partite di cercapersone, cellulari e altri congegni elettronici prima che venissero consegnate in Libano, nascondendovi all'interno esplosivi e dispositivi di innesco prima della loro consegna e del loro utilizzo.

I cercapersone esplosi sono stati apparentemente acquistati da Hezbollah dopo che nel febbraio scorso era stato ordinato di ridurre l’utilizzo dei telefoni cellulari, ormai in gran parte individuati dall'intelligence israeliana. La società taiwanese Gold Apollo ha affermato mercoledì di aver autorizzato il suo marchio sui cercapersone AR-924 utilizzati dal gruppo militante Hezbollah, ma che tali dispositivi sono stati prodotti e venduti dalla società ungherese chiamata BAC Consulting KFT, con sede a Budapest.

Il presidente e fondatore della società taiwanese Hsu Ching-kuang ha detto che la sua azienda ha da tre anni un accordo con la compagnia ungherese. «Questa azienda ha collaborato con noi e rappresenta molti dei nostri prodotti - ha detto Hsu - Volevano anche realizzare cercapersone e mi hanno chiesto se potevano usare il marchio della nostra azienda. Il prodotto non era nostro. Aveva solo il nostro marchio. Siamo un'azienda responsabile. Questo è molto imbarazzante».

All’operazione avrebbe preso parte anche una società di distribuzione e importazione egiziana ma è sulla società ungherese che emergono molti dubbi. Il sito internet della BAC Consulting non è più accessibile dalla tarda mattinata di ieri ma siamo riusciti a esaminarlo prima che venisse oscurato e non sembra essere quello di un’azienda che produce o assembla prodotti elettronici o per le telecomunicazioni. Anzi, tra i settori in cui l’azienda offre consulenza c’è persino la business intelligence.

Ieri pomeriggio il ministro per le comunicazioni internazionali, Zoltan Kovacs, ha riferito che la BAC «è un intermediario commerciale, senza alcun sito produttivo o operativo in Ungheria. Ha un manager registrato presso l'indirizzo dichiarato e i dispositivi a cui si fa riferimento non sono mai stati in Ungheria. I servizi di sicurezza nazionale ungheresi stanno collaborando con tutte le agenzie e le organizzazioni internazionali competenti».

Raggiunta telefonicamente dall'emittente NBC, l'amministratrice delegata della società ungherese, Cristiana Barsony-Arcidiacono, ha successivamente smentito che BAC Consulting abbia prodotto i cercapersone: «Non ho prodotto i cercapersone. Sono solo un'intermediaria. Avete capito male».

Le esplosioni sono avvenute dopo che l'agenzia per la sicurezza interna di Israele aveva dichiarato di aver sventato un tentativo di Hezbollah di uccidere un ex alto funzionario della sicurezza israeliana usando un ordigno esplosivo che poteva essere fatto detonare a distanza.

Diversi esperti hanno affermato che le esplosioni dei cercapersone indicano un'operazione pianificata da tempo. Gli attentati probabilmente alimenteranno le preoccupazioni di Hezbollah sulle vulnerabilità nella sicurezza e nelle comunicazioni, poiché i funzionari israeliani minacciano di intensificare le operazioni in atto da mesi.

Gli scambi di razzi, colpi di artiglieria e raid aerei quasi quotidiani tra Israele e Hezbollah hanno ucciso centinaia di persone in Libano e diverse decine in Israele, e hanno visto sfollare decine di migliaia di persone su entrambi i lati del confine. Martedì Israele ha affermato che fermare gli attacchi di Hezbollah nel nord per consentire ai residenti della Galilea di tornare alle loro case è ora un obiettivo di guerra ufficiale. Il ministro della Difesa israeliano Gallant ha affermato che il fulcro del conflitto si sta spostando da Gaza al nord di Israele e che il tempo per una soluzione diplomatica con Hezbollah sta per scadere.

Pur in questo contesto resta da comprendere le ragioni degli attentati multipli compiuti dagli israeliani contro gli uomini di Hezbollah, ma che hanno coinvolto anche tanti civili.

Un’azione del genere avrebbe un grande valore militare se attuata in concomitanza con un’offensiva di Hezbollah in territorio israeliano o nell’imminenza di una massiccia offensiva militare israeliana tesa ad assumere il controllo del sud del Libano: in tal modo verrebbero feriti migliaia di miliziani impedendo loro di combattere insieme a molti comandanti decapitando la struttura di comando e controllo di Hezbollah. Difficile quindi trovare le ragioni per cui Israele abbia attuato un simile atto terroristico in assenza di un’offensiva militare e nonostante gli appelli degli Stati Uniti alla de-escalation.

Secondo alcune fonti d’intelligence citate da Axios la risposta sarebbe il timore che Hezbollah potesse scoprire che i cercapersone erano stati riempiti di esplosivo ed erano controllati da Israele. Un ex funzionario israeliano a conoscenza dell'operazione ha affermato che i servizi segreti avevano pianificato di usare i cercapersone-bomba come colpo a sorpresa nell'avvio di un conflitto su larga scala con Hezbollah, per cercare di paralizzare i combattenti del movimento. Ma negli ultimi giorni, i leader israeliani hanno iniziato a preoccuparsi che Hezbollah potesse scoprire i cercapersone-bomba. Per questo sarebbe stata presa la decisione di dare il via libera all'operazione ora, piuttosto che correre il rischio che venisse scoperta.

Una spiegazione non molto credibile poiché l’impatto di un simile atto, non giustificato da un’azione bellica più ampia e risolutiva, appare come una ulteriore provocazione israeliana tesa ad ampliare il conflitto ben oltre la Striscia di Gaza coinvolgendovi direttamente l’Iran. Sviluppo che costituirebbe l’unica possibilità per Israele e il suo governo di riuscire a compattare il sostegno dell’Occidente intorno alla sua causa.

Gli attacchi simultanei multipli degli israeliani da un lato mostrano la grande efficienza dei servizi dello Stato ebraico, capaci di colpire chiunque ovunque, ma evidenzia anche il fiato corto del governo di Benyamin Netanyahu, costretto a inseguire l’escalation ad ogni costo.

Guardando oltre i belligeranti, quanto accaduto dimostra la vulnerabilità intrinseca delle linee di approvvigionamento di qualsiasi tipo di merce o strumento e la conseguente necessità di mantenere uno stretto controllo per garantire la sicurezza da minacce portate alla sicurezza nazionale.