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DEMOGRAFIA

Il Corsera si rassegni: la denatalità non è un'opportunità

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Il crollo delle nascite è un'occasione per salvare il mondo, e se mancano i lavoratori si risolve con immigrati e robot. Questa è la tesi di Milena Gabanelli. Smentita però dai dati reali: la denatalità si sconfigge solo con la natalità.

Editoriali 11_02_2025

L’allarme sovrappopolazione non c’è più, almeno dal punto di vista dei numeri degli abitanti del mondo. Ce lo rivela il Corriere della Sera con il solito approfondimento di Milena Gabanelli, che fa questa sconvolgente scoperta accorgendosi di un rapporto delle Nazioni Unite ben 7 mesi dopo la sua pubblicazione. I dati sono infatti tratti dal World Population Prospects, rapporto preparato dalla Divisione Popolazione del Dipartimento  Economico e Sociale dell’ONU (UN DESA) e presentato l’11 luglio 2024.

In realtà il problema della sovrappopolazione non c’è mai stato e la tendenza alla stabilizzazione della popolazione mondiale era già ampiamente prevedibile e prevista - anche negli anni della propaganda martellante sulla bomba demografica – da chiunque si accostasse al tema senza i paraocchi dell’ideologia neo-malthusiana. Dunque, secondo gli esperti dell’ONU la popolazione mondiale raggiungerà il suo picco a metà degli anni ’80, circa 10,3 miliardi di persone contro gli 8,2 attuali, e poi comincerà a diminuire. Cifre probabilmente destinate a ridimensionarsi ancora come è successo per tutte le proiezioni future da 50 anni a questa parte. Va da sé che la tendenza demografica non è uniforme benché i tassi di fertilità siano in discesa ovunque e sotto il livello di sostituzione in ben due terzi dei Paesi del mondo. Ma anche questo è ben noto a chi si sia interessato di demografia.

Aldilà dei dati però è interessante notare i suggerimenti per gestire questa “transizione demografica”, che la Gabanelli ha scelto tra i tanti proposti in questo rapporto; suggerimenti in linea con le campagne ideologiche della sinistra. Secondo il Corriere dunque, come dice il titolo dell’articolo, il crollo delle nascite è un’opportunità per salvare il mondo. Come mai? Intanto perché «scongiura il pericolo di sovrappopolamento», e poi perché «costringe a mettere le basi per modelli di sviluppo e consumo più sostenibili». Già, perché risolto il problema della quantità adesso bisogna concentrarsi sulla qualità: infatti, ci spiega il demografo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Alessandro Rosina, «un maggiore benessere porta a maggiori consumi», e questo impatta negativamente sull’ambiente e sui cambiamenti climatici. Nel caso non fosse chiaro, il vero obiettivo da combattere per questi signori è il benessere generalizzato, e quando parlano di «modelli di sviluppo e consumo più sostenibili» intendono in realtà “povertà per tutti”.

Lo dimostra anche la ricetta per risolvere i problemi innegabili che il crollo delle nascite comporta, primo fra tutti l’invecchiamento della popolazione che significa uno squilibrio tra giovani e anziani e tra forza lavoro e persone assistite. Dunque le strade indicate dal Corriere sono tre: «Una buona gestione delle politiche familiari e dei flussi migratori e l’implementazione tecnologica per aumentare la produttività (robotica, automazione e intelligenza artificiale)».

Sui due primi suggerimenti nulla di nuovo, purtroppo: per i Paesi sviluppati, i permessi parentali, l’orario flessibile di lavoro, maggiori asili nido, hanno già dimostrato ampiamente di smuovere poco i declinanti tassi di fertilità. E quanto agli immigrati, abbiamo già mostrato più volte come il “sostituzionismo” sia una soluzione non solo illusoria, ma anche pericolosa per la stabilità sociale. L’immigrazione, per essere un fattore positivo, deve essere tra l’altro bilanciata in base alla popolazione autoctona. E la possibilità di integrare le persone immigrate è direttamente proporzionale alla crescita della popolazione. Insomma, più sono le nascite più è possibile accogliere. Al contrario si pongono le basi del conflitto.

È però sul terzo suggerimento che vale la pena soffermarsi, perché è più originale. Si è capito finalmente che crollo delle nascite significa la diminuzione della forza lavoro. Dunque, anche qui la si vuole risolvere con la sostituzione: robot al posto delle persone in carne e ossa. Il che implica l’idea che, con il calare delle nascite, i posti di lavoro siano o un dato fisso o una variabile indipendente dalla quantità di forza lavoro, e comunque sempre maggiori della popolazione in età lavorativa. Quindi, ecco riempire i vuoti con gli immigrati o con i robot.

Fosse così, oggi in Italia dovremmo avere una situazione di piena occupazione. Il che palesemente non è vero: l’ultimo tasso di disoccupazione rilevato, relativo al 2024, è del 6,2%, ma sale al 19,4% tra i giovani. Il che è un motivo per la fuga all’estero dei giovani, ben 377mila tra il 2011 e il 2023. Nel complesso tra il 2000 e il 2024 la popolazione tra i 18 e i 34 anni è scesa da 13,5 a 9,1 milioni, una perdita di quasi 4,5 milioni..
L’occupazione ovviamente non è solo questione di numeri, ma i dati sono comunque eloquenti. Il punto è che il crollo delle nascite provoca necessariamente la stagnazione economica: non solo perché diminuisce necessariamente la domanda di beni; e non solo perché una forza lavoro più anziana tende ad essere meno innovativa e perciò meno competitiva; ma soprattutto perché non ci sono più incentivi all’investimento, come è evidente in un Paese come l’Italia la cui economia si fonda sulla piccola e media industria. Si investe – e quindi si creano posti di lavoro - se si crede al futuro, e se un futuro c’è veramente: se non si hanno i figli per chi dovrebbe investire un imprenditore? Per lasciare la propria azienda ai robot?

La semplice verità è – si rassegnino gli esperti dell’ONU e quelli del Corriere – che la denatalità si  può sconfiggere solo con la natalità, tutto il resto sono pie illusioni o fumo negli occhi gettato per nascondere le reali, inconfessabili, intenzioni.



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