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EDITORIALE

Il Corrierone e la rana cattolica

Il pezzo scritto da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera a proposito di principi non negoziabili dovrebbe essere meditato da tutti i cattolici, perché vi è riassunta la ricetta con la quale il mondo sta cucinando a fuoco lento i cattolici.

Editoriali 21_01_2013
Pierluigi Battista

Ci sono articoli che rivelano un mondo. Il pezzo scritto da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera del 18 gennaio dovrebbe essere letto e meditato nei sacri palazzi, nelle curie, nelle parrocchie e nelle case dei cattolici. Perché in quell’articolo il mite Battista ha riassunto in modo esemplare la ricetta con la quale il mondo sta cucinando a fuoco lento i cattolici.

Un piccolo capolavoro, lucidissimo, che descrive la nostra fine. Una fine del tutto simile all’apologo della rana e dell’acqua bollente: se tu getti il proverbiale rospo in una pentola caldissima, lui salta subito fuori; ma se ce lo metti e poi accendi il fuoco lento, la poveretta si farà bollire senza battere ciglio.

I nemici della Chiesa – a proposito: nel mondo esistono nemici della Chiesa, ricordiamocelo – i nemici della Chiesa hanno capito che fucilazioni, ghigliottine, corda e sapone, torture, genocidi, lager, gulag, massacri di monache e di frati, dopo i primi innegabili vantaggi, producono però martiri e rinvigoriscono quella fede tanto odiata. Allora bisogna cambiare sistema: bisogna bollire le rane cattoliche a fuoco lento. Bisogna affidare il compito a istituzioni democratiche e liberali, a organismi che lavorano per la pace e per l’unità europea, a leader tecnico-politici che la domenica vanno a Messa, che ripetono ogni cinque minuti “valori, valori!” e che quindi sono di sicuro delle “brave persone” e non conoscono nemmeno vagamente dove stia di casa la massoneria.

Insomma: la rana cattolica non si accorge che la temperatura nella pentola piano piano sale, e così alla fine si ritrova bollita senza fare un plisset. Ma dicevamo dell’articolo di Pierluigi Battista, vero capolavoro di questa strategia.

Battista in sostanza dice: i principi non negoziabili sono una colossale scocciatura, perché ostacolano la modernizzazione e l’europeizzazione della vecchia Italia cattolica e papista. I poteri forti e paramassonici vogliono fare del Bel Paese una landa glaciale e disumana del tutto simile alle efficienti e pulitissime nazioni luterane dell’Europa del Nord, dove i treni sono in orario, gli ospedali funzionano, tutti pagano le tasse, il venerdì sera ci si ubriaca ma a turno – così uno guida sobrio l’auto per tornare a casa – e i suicidi aumentano a vista d’occhio nella disperazione di una vita senza senso soprannaturale.

Scrive infatti il Battista: “La politica, anche su temi così delicati, dovrebbe saper negoziare e trovare utili compromessi. Se invece si perpetua la logica dei «valori non negoziabili» e dell'oltranzismo ideologico non si arriva a nulla. O si continua all'infinito nel vaniloquio”. Dunque, chi parla di questi principi – ad esempio Bendetto XVI – alimenta il vaniloquio.

La soluzione? Due mosse. La prima: “spacchettiamo” i temi non negoziabili – propone il saggio e moderato Battista – nel senso di separare alcuni temi “davvero non negoziabili da altri in cui il compromesso è possibile e accettabile”. La seconda: “Parlamentarizzare il dibattito intorno ai temi eticamente sensibili”. Nella pentola della nostra rana cattolica, la temperatura comincia lentamente a salire.

E come si deve fare questo spacchettamento? Qui il ragionamento di Battista si fa perfidamente sottile: l’editorialista del Corriere della Sera distingue infatti “ciò che riguarda la vita” – come ad esempio aborto e fecondazione artificiale – dalla questione caldissima dei matrimoni gay. Sul primo gruppo di questioni Battista scrive – bontà sua – che i cattolici “hanno tutto il diritto non solo di votare a favore di leggi che considerano contrarie alla loro coscienza, ma anche di ingaggiare una battaglia culturale e politica per impedire politiche che a loro giudizio violano la sacralità della vita”.

Dopo la carota, arriva però la bastonata, e i toni diventano improvvisamente duri e minacciosi: “Ma che c'entra con il valore «non negoziabile» della vita una guerra cieca e a oltranza contro il riconoscimento delle unioni di fatto, eterosessuali e soprattutto dello stesso sesso. Una legge ragionevole, che salvaguardi i diritti fondamentali degli omosessuali, che dia riconoscimento giuridico alle unioni tra individui dello stesso sesso, attiene a una sfera diversa da quella che si combatte sull'arena dei valori non negoziabili”.

Nella pentola, la rana cattolica comincia a sentire caldo. Il disegno tratteggiato dal ragionamento di Battista è sottile e banale nello stesso tempo: mostrarsi conciliante sugli argomenti (aborto e figli in provetta) nei quali i cattolici hanno ormai perduto, e dove le leggi ingiuste sono inesorabilmente consolidate; e chiedere un atteggiamento di compromesso e di resa proprio su quei temi – le nozze gay – dove ancora la sconfitta non si è consumata. Geniale. Diabolico.

Dal tono dell’articolo si capisce anche che il mondo attribuisce a questa faccenda dello sdoganamento legale e simbolico del sesso omosessuale un’importanza fondamentale. E che ogni tentativo di ostacolare questo disegno sarà spazzato via senza alcuna pietà. I cattolici sono avvertiti: se si ostinano a pensare e a dire che ci sono rapporti secondo natura e rapporti contro natura, la reazione del sistema europeista e mondialista sarà terribile. E guai a chi pensa di promettere agli elettori che, se governerà, si opporrà alla deriva “gaia” del diritto: che peste lo colga.

Ovviamente, nel ragionamento di Pierluigi Battista i principi non negoziabili sono tenuti nella stessa stima delle credenze più irrazionali di una tribù animista dell’Africa nera: duemila anni di tradizione filosofica, di dottrina politica e morale razionalmente argomentata, la legge naturale di Agostino d’Ippona  e Tommaso d’Aquino, Tommaso Moro e Carlo d’Asburgo sono tutte cose graziosamente gettate nell’inceneritore laico-progressista. Essere contro l’aborto, o peggio contro i matrimoni fra persone dello stesso sesso, è il frutto di pulsioni irrazionali che possono (per ora) sopravvivere all’interno del recinto religioso. Nella vita pubblica, dove brilla il sole della ragione illuminista e rivoluzionaria, ogni persona di buon senso “deve” sapere che le nozze gay sono una cosa ragionevolissima. E se non lo capisce, lo si rieduca con i mass media, e se serve anche con la magistratura democratica.

Il destino della rana cattolica sembra dunque segnato. Oltretutto, a portare l’acqua in ebollizione non ci si mettono soltanto i laici come Pier Luigi Battista. Ma la cottura viene favorita anche dal clamoroso disordine dottrinale che regna nell’accampamento cattolico. Non c’è un solo consiglio pastorale, o una parrocchia, o un gruppo di catechisti, nel quale sia chiaro a tutti – e accettato da tutti – che cosa siano i principi non negoziabili e quali siano i loro precisi contenuti. Tanto è vero che quando il “cattolico” di provenienza oratoriana si candida in politica, dopo cinque minuti ha già “scaricato” la dottrina della Chiesa, che ignora.

Umanamente parlando, il progetto del Corrierone, dell’Unione Europea, dei rivoluzionari progressisti e conservatori (da Holland a Cameron) sembra cosa fatta, e la rana cattolica è a un passo dalla cottura. Per fortuna rimane quella cosettina che sembra da nulla, ignota a Pier Luigi Battista e a non pochi cattolici adulti, e che si chiama Provvidenza.