Il coraggio di Cameron sull'islam che manca all'Europa
David Cameron è un politico ambiguo, ma è però impossibile sottacere la forza e l’importanza del discorso che il premier britannico ha pronunciato il 20 luglio in una scuola secondaria di Birmingham, la Ninestiles School, An Academy. A tema l’intollerabile minaccia che l’islamismo pone al cosiddetto “mondo libero”.
David Cameron è un politico ambiguo. Anzi, è un politico. La sua mano destra ignora quel che fa la sua sinistra. Come leader di un partito che si chiama esattamente come la filosofia cui dice d’ispirarsi (e che dunque del conservatorismo pretende il monopolio di principio e di fatto) dovrebbe guidarne le sorti, e oggi quelle dell’intera Gran Bretagna di cui è primo ministro, di conseguenza e coerentemente. Per esempio, difendendo i princìpi non negoziabili e le politiche del bene comune dai giacobinismi e dai relativismi che li assalgono, esattamente come è nel dna del conservatorismo.
Ma Cameron non sfugge alla “maledizione” di Winston Churchill” (1874-1965), il famoso leader che iniziò come membro del Partito Conservatore, che passò al Partito Liberale dopo che questo ebbe vinto le lezioni nel 1906 e che nel 1924, puntando a diventare primo ministro come però allora i liberali non potevano garantirgli, rientrò nel Partito Conservatore. E non sfuggendo a quella “maledizione”, al momento giusto Cameron ha archiviato la difesa magistrale della famiglia naturale (clicca qui) per spingere la legge che il 29 marzo 2014 ha riconosciuto il “matrimonio” Lgbt (ma i conviventi omosessuali già potevano adottare prole dal 2002), giorno di cui va più orgoglioso (clicca qui), o per plaudire ad altri aberranti esperimenti d’ingegneria familiare (clicca qui).
Fatta questa tara doverosa al personaggio, è però impossibile sottacere la forza e l’importanza del discorso che il premier britannico ha pronunciato il 20 luglio in una scuola secondaria di Birmingham, la Ninestiles School, An Academy (clicca qui). A tema l’intollerabile minaccia che l’islamismo, in particolare l’utopia del califfato mondiale di Abu Bakr al-Baghdadi, pone a quello che un tempo di sarebbe chiamato “mondo libero”. Distinguendo tra islam e islamismo, e sottolineando che molti sono i cittadini orgogliosi di essere musulmani e britannici, Cameron ha detto senza mezzo termini che «ciò che stiamo combattendo […] è una ideologia». Un’ideologia perversa animata da una «causa velenosa» (“veleno” è un termine che nel discorso ricorre più volte), non meno pericolosa di «fascismo o comunismo» e che «ultimamente cerca di distruggere gli Stati-nazione per inventarsi un proprio regno di barbarie». Quest’ideologia, basata su «discriminazione, settarismo e segregazione», agisce attraverso una violenza atroce che il più delle volte colpisce proprio gl’islamici, attraverso una propaganda assurda contro i valori base della convivenza civile tra le persone (libertà, democrazia e pari dignità tra uomini e donne) e attraverso il tarlo di un complottismo d’accatto, ma virale (gli ebrei, il Mossad, l’Undici Settembre).
Qualcuno ripete bovinamente che il risentimento islamico sarebbe dovuto, ricorda Cameron, alla miseria in cui le superpotenze occidentali costringerebbero i Paesi a maggioranza musulmana, oppure alle trame attuate per invadere l’Afghanistan o alla guerra in Irak, ma va sempre ricordato che molti degli attuali jihadisti provengono da famiglie benestanti e hanno frequentato università prestigiose, che «dal Kosovo alla Somalia Paesi come la Gran Bretagna sono intervenuti per salvare dai massacri popolazioni musulmane» e che oggi sono «gruppi come lo Stato islamico, al-Qa’ida e Boko Haram quelli che assassinano i musulmani». Tutte cose fondamentali, certo, ma mai come una frase secca e semplice che proprio per questo risuona con enorme potenza soprattutto perché pronunciata dal capo politico di uno dei Paesi più importanti del mondo: «Negare semplicisticamente che esistano legami tra la religione islamica e gli estremisti non funziona perché gli estremisti s’identificano come musulmani». È palese, ma nessuna carica istituzionale del “mondo libero” lo ha mai detto.
Detto da Cameron tutto questo segna una svolta che dà il senso rotondo di una delle frasi d’esordio del suo discorso alla Ninestiles School: «Come primo ministro voglio lavorare con voi per oppormi e sconfiggere questa posizione». È una presa di coscienza decisiva, forse un punto di non ritorno, certamente quello che da tempo i leader del “mondo libero” dovevano fare, ma non hanno colpevolmente fatto. Pensarsi di nuovo come unità, come Occidente, come luce della civiltà sfidata dal buio. Essere una delle economie più solide del pianeta, essere uno dei sistemi industriali più prosperi del mondo, essere una delle democrazie più antiche della Terra comporta delle responsabilità. Forse oggi Cameron se n’è accorto: per lo Stato islamico, al-Qa’ida, Boko Haram e i loro affiliati potrebbe non essere una buona notizia, per i musulmani loro vittime sì e per i perseguitati pure. L’unico pericolo è che adesso Cameron torni a fare il politico di sempre, scordandosi della sua buona retorica. O che ripeta le medesime goffaggini compiute in Libia e in Siria dove la Gran Bretagna si è trovata a dar man forte ai jihadisti.