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MASS MEDIA

Il cinema italiano riscopre la famiglia

Mai il nostro cinema aveva vissuto un'annata così esplosiva. E a guidare il successo sono commedie adatte a un pubblico familiare.

Attualità 24_11_2011
Benvenuti al Sud

Pubblichiamo qui sotto un articolo tratto dall'ultimo numero del mensile "Fogli" in merito all'importanza del cinema per la famiglia. A tal proposito stasera alle 18,30 presso lo Spazio Oberdan di Milano (viale Vittorio Veneto, 2) si svolgerà la tavola rotonda "Cinema, famiglia, scuola: nemici o alleati?" in occasione dell’uscita del libro "Scegliere un film 2011" (Ares). Interverranno: Luisa Cotta Ramosino, sceneggiatrice e curatrice del volume; Giovanni De Marchi, presidente dell’Associazione Faes; Armando Fumagalli, direttore del Master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema presso l’Università Cattolica di Milano e curatore del volume.

La stagione 2010-2011 verrà sicuramente ricordata come quella dell’esplosione del cinema italiano, in particolare delle commedie. Difficile immaginare, solo pochi anni fa, che il nostro cinema, dal risicato 20% del mercato (dominato ovviamente dai film americani come in quasi tutto il mondo) potesse passare a percentuali che, a seconda dei mesi presi in esame, toccano il 40, il 50 o anche il 60% rispetto all’intero mercato del cinema mondiale in Italia. Ci sono Paesi, come la Spagna, dove il cinema nazionale è fermo a circa il 10% del mercato. La Francia, che da anni è sopra il 30% del cinema nazionale, era considerata una chimera quasi irraggiungibile…

La cosa interessante è che ai primi tre posti ci sono – finalmente – prodotti che, in modo diverso, hanno caratteristiche di leggerezza, fruibilità, e sono pienamente adatte a un pubblico familiare, così come succedeva e succede ai grandi blockbuster americani che negli ultimi anni sono stati in vetta agli incassi, da L’era glaciale 3 ai film della Pixar come Toy Story, da Harry Potter al Signore degli anelli, dai Pirati dei Caraibi ai film della serie di Spider Man o di Batman. La sorpresa delle sorprese, giunta a un incasso «incredibile» di circa 50 milioni di euro, è stato il film Che bella giornata, scritto e diretto da Gennaro Nunziante e interpretato da Checco Zalone. La pellicola è sicuramente divertente e ha il pregio anche di toccare con leggerezza alcuni argomenti importanti e sentiti. Al di là dei suoi indubbi meriti di fruibilità conta probabilmente che nel film il pubblico ha potuto respirare – finalmente – un po’ di «aria nuova» rispetto a un cinema d’autore molto romanocentrico/borghese/pariolino (Moccia insegna, o almeno insegnava, visto che i suoi ultimi film non sono andati bene), oppure desolatamente e tristemente ripiegato sui problemi di gente disfatta e senza speranza.

Non va dimenticato, d’altra parte, che il film ha goduto del lancio ricavato dal precedente Cado dalle nubi, grande sorpresa della stagione scorsa. Probabilmente molti spettatori, dopo aver visto Cado dalle nubi in dvd o sulla pay tv, hanno deciso di correre al cinema per il nuovo film di Zalone. Il Checco del film di Nunziante è un ruspante ingenuo e fondamentalmente buono che viene dalla provincia e alla fine viene premiato dalla fortuna, perché nonostante tutto (e proprio grazie alla sua ingenuità e al suo essere fondamentalmente buono) riesce a superare gli ostacoli. Un Forrest Gump senz’altro molto riveduto e corretto (e per certi versi politicamente scorretto…), ma alcuni meccanismi del personaggio Zalone sono in qualche modo simili all’illustre precedente americano.

Nell’edizione 2011 di Scegliere un film (Ares) abbiamo dato cinque stelle a una bella commedia, Benvenuti al Sud, che ha fatto arricciare il naso ai puristi (troppo uguale all’originale francese…), ma che è riuscita indubbiamente a costruire un apologo di grande presa, che gioca su un conflitto da sempre presente nel nostro Paese (lo scontro Nord-Sud). Però lo fa – e questo è il messaggio importante del film – in un modo che, pur non negando le differenze, mostra che nonostante tutto ci si può capire, con un po’ di buona volontà, e più ancora: ci si può voler bene. Non è messaggio da poco, in un Paese come il nostro, attraversato da tante tensioni. Anche qui sappiamo per certo che i produttori non si aspettavano un successo simile, ma ben vengano queste sorprese perché ancora una volta fanno capire che fra il «Paese reale» e quello immaginato da gran parte del nostro mondo del cinema il gap è ancora molto forte.

In terza posizione negli incassi ci sono i sempreverdi Aldo, Giovanni e Giacomo, che dopo il fiacco Il cosmo sul comò, si sono ripresi con La banda dei Babbi Natale, un film non irresistibile, ma divertente e – come di consueto – non volgare e quindi fruibile da spettatori di ogni età. Sono andati invece malino, male o malissimo alcuni film da cui ci si aspettava molto in termini di incasso: Manuale d’amore 3, con addirittura Robert De Niro nel cast, ma composto da storie fiacche e molto banali. Anche il consueto «film di Natale» prodotto da De Laurentiis quest’anno ha avuto incassi inferiori alla media, piazzandosi quarto dell’anno, con meno di 19 milioni secondo il dato Cinetel. Un primo segno di stanchezza da parte del pubblico, che speriamo spinga gli autori a cambiare più di un registro nelle loro proposte comiche.

Un’altra grande delusione al botteghino è stata La solitudine dei numeri primi, tratto da un romanzo molto venduto, probabilmente anche molto letto, ma forse non altrettanto amato: la scelta di Saverio Costanzo, nella messa in scena cinematografica, è stata calcare la mano sui tratti border line dei protagonisti, e, invece di dare una chiave di lettura universale della loro vicenda, limitarsi a cercare una messa in scena di grande effetto degli episodi più disturbanti del romanzo. Un’operazione che ha sicuramente allontanato il pubblico cinematografico.

In àmbito internazionale, invece, pensiamo che ci siano almeno tre film, molto diversi l’uno dall’altro, ma tutti bellissimi, da segnalare. Il primo è Il discorso del re, il vero trionfatore degli Oscar, che con una sceneggiatura delicata, semplice e profonda allo stesso tempo, una regia eccellente e una recitazione magistrale ha convinto tutti e – dato anche questo molto interessante – ha incassato in tutto il mondo molto più di quello che gli esperti si aspettavano. Pensato e partito come un film di nicchia, con un budget di 15 milioni, ha raggiunto un incasso di 400 milioni di dollari nel mondo. Una storia intima, commovente, ben raccontata e magistralmente messa in scena, ha convinto meritatamente le platee di tutto il mondo. Anche in questo caso si tratta, come nei seguenti, di un film adatto a tutto il pubblico.

Il secondo film che non potevamo non menzionare è Toy Story 3, straordinaria conclusione di una saga che ha cambiato la storia del cinema. È difficile descrivere il talento, la brillantezza, ma anche la capacità di commuovere che ha questo terzo e ultimo film della serie. La Pixar ci ha abituati «male»: ormai qualsiasi altro film animato (a parte forse le gag e la simpatia dei personaggi dell’Era glaciale) è imparagonabile ai livelli raggiunti da questa vera e propria fucina di mondi coinvolgenti ed emozionanti, adatti a spettatori di tutte le età.

Con il terzo film andiamo al cinema d’autore europeo. Uomini di Dio (Des hommes et des dieux), sulla vicenda dei monaci di Tibhirine, rapiti e poi uccisi nel clima di guerra civile dell’Algeria, ha una qualità rara, quella di riuscire a mostrare l’umanità di persone nello stesso tempo profondamente normali ed eroiche, prese da piccoli problemi materiali ma anche autenticamente spirituali, a mostrare le loro difficoltà e le loro vittorie, le loro singolarità e differenze e la loro profonda unità. Si capisce davvero da questo film che cosa significa essere una comunità. Uomini di Dio ha commosso la Francia ed è stato accolto molto bene dalla critica anche in Italia, dove ha avuto una circolazione senza dubbio minore. È certamente un film pensoso, non di puro intrattenimento, che si prende i suoi tempi e utilizza uno stile quasi documentaristico, ma la sua visione è un’esperienza che molti spettatori faranno con gioia e sentendosi poi intensamente arricchiti.

Per il resto, il cinema americano ha continuato la sua tradizione di offrire alcuni solidi prodotti narrativi che riflettono su punti critici della loro società: su tutti, pensiamo a Wall Street 2, a The Social Network e a Fair Game, film che – soprattutto l’ultimo – hanno avuto un risultato di box office minore di quello che avrebbero potuto ottenere. Lo stesso si può dire di un solido thriller come The Next Three Days. Un discorso a parte – ma su questo rimandiamo all’ampia recensione presente in Scegliere un film 2011 – andrebbe fatto per The Tree of Life, un film ambizioso nel senso migliore del termine, forse non pienamente equilibrato nei suoi elementi, ma con alcuni momenti davvero memorabili e soprattutto con la capacità di porre con coraggio grandi domande. Né sono mancati gli appuntamenti con gli episodi di franchise ormai molto affermate, non tutti di eguale qualità. Mentre l’ultimo Shrek rappresenta un evidente miglioramento rispetto al precedente, ed Harry Potter sceglie toni cupi per la prima parte del suo ultimo capitolo su grande schermo, appare usurato (anche se per il momento ancora premiato dal pubblico) il nuovo Pirati dei Caraibi. Tutto il contrario di quanto accade con X-Men First Class, prequel della saga di casa Marvel, capace di oltrepassare i limiti del genere cinecomic e di affrontare tematiche profonde in un prodotto di assoluto intrattenimento. Molto buono anche il nuovo esordio cinematografico di un altro eroe dei fumetti Marvel: Captain America.

Possiamo ricordare poi una pattuglia di commedie italiane: quest’anno diverse di loro hanno incassato assai bene, molto al di sopra delle più rosee aspettative. È il caso di Qualunquemente, che è un filmetto tutto sommato sempliciotto e senz’altro con alcune volgarità di troppo; idem si può dire per Maschi contro femmine, mentre invece il «gemello» Femmine contro maschi è più fine e profondo. Forse avrebbe incassato ancora di più se non fosse stato preceduto dal «reciproco»: alcuni spettatori, delusi dal volgarotto Maschi contro femmine, non hanno voluto bissare e hanno quindi perso un film che – pur nella modalità della commedia – ricorda alcune verità di fondo sulla differenza fra i due sessi e sulla necessità di comprendersi senza pretese di dominio o di controllo sull’altro. Altra grande sorpresa della stagione è il successo di Immaturi, film con aspetti interessanti, soprattutto riguardo all’arco di maturazione dei personaggi: dato il risultato notevole al botteghino, i produttori si sono lanciati a realizzare immediatamente un sequel, che potremo vedere fra pochi mesi.

Per i bambini, oltre ai già citati Toy Story 3 e Shrek, e oltre alle Cronache di Narnia, film con un trasparente impianto cristiano, molto fruibile da parte di un pubblico di preadolescenti, troviamo alcuni altri film divertenti e in modo diverso ben riusciti: in ordine di merito collocheremmo Rapunzel, Cattivissimo me e Rio. Sempre nei film degni di nota, questa volta per un pubblico che vuole riflettere, torniamo al cinema europeo di qualità: In un mondo migliore, meritato Oscar al miglior film straniero, affronta di petto non solo il nodo dei rapporti genitori-figli, ma anche quello del conflitto tra spinta ideale e contraddizioni dell’esistenza; Non lasciarmi, struggente apologo contro le derive e gli arbìtri della scienza (con trasparenti riferimenti a tematiche calde come l’eutanasia e le manipolazioni genetiche), trova una via poetica, ma non per questo meno stringente per mettere a nudo le contraddizioni di certe pratiche e rivendicare il valore della persona umana.

Insomma, tutto sommato una buona annata, forse anche ottima. Per il nostro cinema, la stagione appena conclusa potrà forse essere ricordata come l’anno di svolta. Vedremo se il cinema italiano saprà mantenere il gancio sul pubblico tenendo anche alta la qualità delle proposte. Almeno, ce lo possiamo augurare.