Il centrodestra vuole perdere tutte le città
Paradosso: il centrodestra è dato in vantaggio in tutti i sondaggi nazionali, ma nelle prossime elezioni amministrative perderà, ormai quasi certamente, Milano, Roma, Bologna, Napoli e forse Torino. Perché? Intanto perché la sinistra (e i 5Stelle) già governa tutte le grandi città. Poi perché il centrodestra si è diviso sempre di più.
Potrà sembrare paradossale. Tutti i sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani descrivono un esito scontato di eventuali elezioni politiche anticipate: il centrodestra unito sfiora il 50% e dunque non ci sarebbe partita, ora come ora, contro il centrosinistra. L’unica incognita riguarderebbe la leadership della coalizione vincitrice e quindi l’identikit del prossimo inquilino di Palazzo Chigi che, in base agli accordi tra i leader, dovrebbe essere il segretario del partito più votato, in questo caso Fratelli d’Italia o Lega.
Il paradosso è che il 3 e 4 ottobre ci saranno le elezioni amministrative che invece decreteranno, a meno di sorprese dell’ultim’ora, la sonora sconfitta del centrodestra. La coalizione di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi festeggia per i sondaggi nazionali favorevoli ma si avvia a perdere sui territori e a lasciare quasi ovunque la guida delle grandi città alla sinistra. Addirittura non è escluso il cappotto, con le principali metropoli (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna) nelle mani giallorosse già al primo turno.
A cosa è dunque dovuto questo strabismo dei risultati elettorali? Perché il centrodestra è pronto a guidare il Paese in quanto maggioranza nel Paese, ma appare prossimo ad uscire fortemente ridimensionato dalle urne locali fra poco più di due settimane?
Anzitutto perché le città più importanti sono già nelle mani della sinistra, che è dunque avvantaggiata nel conservarle, avendo gestito il potere in maniera capillare per cinque anni. Ad avvantaggiarsi della riconferma delle attuali amministrazioni sarà più che altro il Pd. I Cinque Stelle, invece, stanno per perdere la guida di Roma (il sindaco uscente, Virginia Raggi difficilmente arriverà al ballottaggio) e Torino (il sindaco uscente, Chiara Appendino non si ricandida e il candidato grillino non pare avere chance) e quindi potranno al massimo aspirare ad alcuni posti nelle giunte di centrosinistra che si formeranno a urne chiuse.
Città per città ecco la situazione. A Roma si prevede un ballottaggio il 17 e 18 ottobre tra Roberto Gualtieri (Pd) e Enrico Michetti, appoggiato dall’intero centrodestra. Quest’ultimo è in vantaggio, ma di poco, e fa il pieno al primo turno ma senza grandi margini di crescita al secondo. Invece Gualtieri raccoglierà a mani basse, nel ballottaggio, i voti di molti sostenitori di Virginia Raggi e Carlo Calenda, entrambi accreditati di un 19-20%. Dunque, la capitale potrebbe avere presto una giunta Gualtieri, per i prossimi cinque anni.
A Milano e Bologna l’esito è ancora più scontato e gli elettori di quelle due città potrebbero sbrigare la pratica elettorale già al primo turno. All’ombra della Madonnina, il sindaco attuale Beppe Sala, che è uscito dal Pd per aderire ai Verdi europei, viene dato in forte crescita e ben sopra il 50% dei consensi. Il suo sfidante Luca Bernardo non sembra in grado di impensierirlo, anche perché i partiti di centrodestra lo appoggiano tiepidamente e addirittura in ordine sparso. Si pensi che la manifestazione di chiusura della campagna elettorale vedrà divisi Fratelli d’Italia (in piazza Duomo) e la Lega (in una location in periferia). In caso di vittoria al primo turno, Sala non avrebbe neppure la necessità di accogliere in giunta un esponente dei grillini, in caduta libera a Milano (si parla del 4% di consensi).
A Bologna, invece, l’ultimo sondaggio vede Matteo Lepore, appoggiato dall’intero fronte giallorosso (Pd, grillini e altre liste di sinistra), oltre il 60% dei voti. Escluso, quindi, il ballottaggio. A Napoli l’ex ministro Gaetano Manfredi veleggia verso il 45%. Avrà dunque bisogno del secondo turno per conquistare la poltrona di sindaco, ma non avrà problemi contro Catello Maresca, appoggiato da tutto il centrodestra ma fermo sotto il 30%.
Unica speranza per il centrodestra è Torino. Paolo Damilano viene dato, infatti, in leggero vantaggio su Stefano Lorusso (centrosinistra), che però nel ballottaggio potrà forse contare sui voti grillini e dunque avere la meglio.
Probabile cappotto, quindi, con inevitabili ripercussioni nazionali. Si indebolirà certamente, dopo il voto di ottobre, la spinta del centrodestra e riprenderà vigore il centrosinistra. Questo è dovuto anche alle divisioni nello schieramento di Berlusconi, Salvini e Meloni, che hanno dimostrato di non parlare con un’unica voce né sul Covid né sui temi del lavoro e dell’economia. Inoltre, la scelta dei candidati sindaci in alcune città come Milano si è rivelata un vero e proprio stillicidio. Sono state bruciate tante figure civiche che avrebbero potuto assicurare una vera competizione e, per il gioco dei veti incrociati tra Meloni e Salvini e per le ipoteche berlusconiane, sono stati scelti candidati deboli, poco conosciuti e peraltro osteggiati dagli stessi partiti della coalizione. La disfatta è dunque largamente annunciata e frenerà la crescita del centrodestra su base nazionale, aprendo la strada a una disgregazione che rischia di fare danni già fra qualche mese, quando bisognerà scegliere il successore di Sergio Mattarella.