Il centrodestra non sembra voler vincere a Milano
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Si svolgeranno tra due anni, ma il centrodestra è tutt’altro che compatto sul tema delle prossime elezioni amministrative di Milano. Si fanno i nomi di Lupi e Moratti, ma più per stoppare un candidato leghista. Rivalità che potrebbero costare care ai partiti di maggioranza.
ll centrodestra, ringalluzzito dalle vittorie elettorali degli ultimi due anni, sia a livello nazionale che regionale, si sente pienamente legittimato a lanciare l’Opa su Milano, per riconquistarla, dopo due mandati del sindaco Giuseppe Sala, in scadenza nell’ottobre 2026 e uno di Giuliano Pisapia. Mancano meno di due anni, anche se non è da escludere una proroga di sei mesi-un anno, per accorpamenti con le politiche del 2027. Peraltro nel 2026 ci saranno i giochi olimpici invernali Milano-Cortina.
Ma al di là di quando i milanesi andranno alle urne, alcune certezze ci sono già: Sala non potrà ricandidarsi e quindi la sinistra dovrà scegliere un altro candidato. Si era fatto il nome di Mario Calabresi, ma il diretto interessato ha già smentito, quindi al momento non ci sono ancora figure dominanti su quel versante politico, oppure semplicemente non vengono ancora fuori.
Il centrodestra, invece, sta già valutando alcune candidature e non è detto che non promuova le primarie per scegliere la figura in grado di coagulare i maggiori consensi tra i partiti e nella società civile. Per quanto si tratti di un discorso ancora prematuro, ci sono già alcuni politici che sembrano scaldarsi a bordo campo, mentre non si esclude il cosiddetto “Papa straniero”, quindi un tecnico in grado di mettere d’accordo tutti.
Qualche giorno fa, però, si è capito che il centrodestra è tutt’altro che compatto sul tema. Milano potrebbe diventare terreno di scontro fratricida tra le diverse anime della maggioranza di governo perché tutti i partiti rivendicano la poltrona di primo cittadino. I nomi che circolano finora sono almeno due, quello di Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, che ha incassato nel week-end l’endorsement di Ignazio La Russa, e quello di Letizia Moratti, che Forza Italia vorrebbe riproporre. A favore di Lupi gioca il fatto di aver già ricoperto incarichi amministrativi (assessore nella giunta di Gabriele Albertini) e di provenire dal mondo cattolico-democristiano, il che potrebbe consentirgli di attrarre il voto moderato. Invece Letizia Moratti ha già fatto il sindaco e, quando si è ricandidata, è stata bocciata dal suo elettorato. Ma le parole del Presidente del Senato che ha lanciato la candidatura di Lupi a sindaco di Milano vanno interpretate più che altro come un segnale a Matteo Salvini, per mettere le mani avanti e fargli capire che non c’è spazio per un candidato leghista, neppure se fosse lo stesso Capitano ad ambire allo scranno di Palazzo Marino.
Il nome di Lupi è stato dunque inserito nel totonomi in modo strumentale, per tenere coperti i veri obiettivi di Fratelli d’Italia, che punta a candidare a sindaco di Milano un suo uomo oppure un tecnico vicino ai suoi ambienti.
Queste rivalità potrebbero tuttavia costare care al centrodestra, che pensa di sfruttare il vento nazionale favorevole, ammesso che persista fino ad allora, dimenticando che a Milano la sinistra è molto radicata e governa da 13 anni, senza che i partiti di centrodestra abbiano mai fatto seriamente opposizione in consiglio comunale e neppure fuori dai palazzi.
L’ex sindaco Gabriele Albertini, che pure ha avuto Lupi come assessore oltre vent’anni fa, ora lo boccia e dice che non sarebbe il candidato giusto. Al suo posto propone un nome della società civile, Regina De Albertis.
L’impressione è che queste schermaglie siano soprattutto delle prove muscolari dei vari partiti di centrodestra per lanciare avvertimenti in codice e mettere le cose in chiaro con gli alleati, in vista dell’apertura di un tavolo per definire programma e candidato. Ma manca ancora tantissimo e due anni in politica sono un’eternità, anche perché la giunta Sala attualmente sembra in caduta libera nel gradimento popolare, ma non è detto che i giochi olimpici del 2026, se ben gestiti e se in grado di rilanciare l’immagine della città rafforzandone l’attrattività, non possano dare alla sinistra la spinta necessaria per mantenere la guida di Palazzo Marino. Tanto più se il centrodestra dovesse continuare a dividersi e a dimostrare di non voler proprio vincere all’ombra della Madonnina.