Il caso unico dell'americano che fugge nella Corea comunista
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Un soldato americano, Travis King, ha disertato ed ha passato il confine con la Corea del Nord. Pochissimi i precedenti, fra cui quello del sergente Jenkins nel 1965. Per l'amministrazione Biden è un grattacapo in un periodo di alta tensione in Asia.
Sulla linea di demarcazione demilitarizzata, la “cortina di ferro” che ancora divide la Corea del Nord da quella del Sud, si è verificata due giorni fa una di quelle notizie da “uomo che morde il cane”. Un americano, ha attraversato il confine per rifugiarsi nella Corea comunista.
L’americano in questione è un militare, soldato semplice di un’unità di cavalleria, Travis King, afro-americano. Era nel mirino della giustizia civile sudcoreana e militare americana e probabilmente sarebbe stato ben presto congedato con disonore. In Corea era stato incarcerato per un mese e mezzo dopo due atti di aggressione: una rissa di fronte a una discoteca di Seul, lo scorso settembre e, il mese dopo, resistenza a pubblico ufficiale per aver preso a calci un’auto della polizia coreana arrivata per arrestarlo. La giustizia militare americana lo aveva convocato in patria per oggi, ma invece di presentarsi, come previsto, all’aeroporto di Incheon, King si è unito a un gruppo di turisti che stavano visitando il confine militarizzato con la Corea del Nord. E con grande sconcerto di tutti, ha passato il confine.
Non è chiaro che cosa possano farsene i nordcoreani. Ma Travis King ha già creato le condizioni per una difficile crisi diplomatica, per di più in un periodo di alta tensione militare causato dai molti lanci di missili nordcoreani nel Mar del Giappone. Il regime di Pyongyang per ora tace e non risponde alle richieste di informazioni del Dipartimento di Stato americano.
Il punto è che ci sono pochissimi precedenti simili. Dal 1950 ad oggi, appena sei militari americani hanno disertato a favore della Corea del Nord. L’unico caso analogo di attraversamento volontario del confine risale al 1965, quando il sergente Charles Jenkins passò dall’altra parte (temeva di essere spedito in Vietnam) e divenne uno strumento della propaganda comunista: nei film gli fecero interpretare sempre le parti dell’americano capitalista cattivo. Si stancò della sua nuova vita dopo quarant’anni e i nordcoreani lo lasciarono andare nel 2004. Jenkins si consegnò di nuovo alle autorità statunitensi in Giappone, ridotto a uno scheletro di 45 kg con complicazioni dovute a varie operazioni chirurgiche effettuate in condizioni disperate.
King seguirà lo stesso percorso di Jenkins? In un senso o nell’altro, la propaganda su cui si regge il regime comunista sfrutterà il suo caso. A seconda delle necessità, romperà il silenzio per presentarlo come un criminale arrestato, o al contrario come un americano che ha scelto il comunismo, come aveva fatto con il disertore del 1965. Per l’amministrazione Biden si tratta comunque di un grattacapo, perché non ha a che fare con il caso di un prigioniero americano da liberare (come era per il turista Otto Warmbier, tornato in patria solo per morirvi dopo mesi di detenzione nordcoreana) e nemmeno di una spia da scambiare, come avveniva nella guerra fredda.
Sono molto più frequenti le diserzioni e le fughe nella direzione opposta: dalla Corea del Nord verso il Sud o verso altri Paesi meno repressivi. I defezionisti che hanno trovato rifugio nella Corea democratica sono ben 33mila, nonostante fuggire dal Nord sia difficile come scappare da un carcere di massima sicurezza e si rischi seriamente la morte.