Il caso africano spiega il caos di una Chiesa sinodale
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Mentre continuano a sorgere domande sul significato della “sinodalità”, il caso della doppia risposta dell'Africa a Fiducia Supplicans suggerisce che l'attuazione della sinodalità creerà semplicemente divisione, permettendo l'esistenza di pratiche contraddittorie nella Chiesa.
Sebbene sia in corso da tre anni, molti cattolici non hanno ancora chiaro cosa significhi effettivamente un Sinodo sulla sinodalità e come sarà la sinodalità quando sarà introdotta come una nuova normalità nella Chiesa, come il Sinodo appena concluso suggerisce. La vita sinodale, l'autorità sinodale e la discussione sinodale appaiono come concetti nebulosi, con molte chiacchiere ma poche informazioni.
C’è però forse un esempio di come sarà la Chiesa nella versione sinodale. Dopo la prima sessione del Sinodo sulla sinodalità in Vaticano (ottobre 2023), l'intera Chiesa è stata colta di sorpresa quando il cardinale Victor Manuel Fernández ha pubblicato nel dicembre successivo la dichiarazione Fiducia Supplicans. Consentendo la benedizione delle coppie dello stesso sesso, il documento ha scatenato un forte dibattito e polemiche in tutta la Chiesa.
Alcuni, come il cardinale Robert Sarah, hanno sostenuto che si tratta di una contraddizione della fede e del Vangelo. Altri, come padre James Martin SJ, lo hanno accolto con entusiasmo e lo stesso padre Martin ha impartito la benedizione a una coppia dello stesso sesso nel giro di poche ore. Altri ancora, invece, hanno tranquillamente brontolato sul fatto che il documento ha sostanzialmente aggirato l'intero Sinodo, con alti prelati a Roma che, pur favorevoli al testo, si sono persino detti sconcertati per il modo in cui è stato emanato.
Sebbene Fiducia Supplicans e il Sinodo sulla sinodalità siano formalmente separati, la risposta al primo serve a evidenziare come potrebbe essere la realizzazione del secondo. Il continente africano è un caso di studio perfetto, in cui sono apparsi sia il rifiuto deciso sia l'accettazione di Fiducia Supplicans, ed entrambi hanno ricevuto l'approvazione papale.
In una lettera dell'11 gennaio 2024, il cardinale Fridolin Ambongo - presidente delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar (SECAM) - ha annunciato che Fiducia Supplicans non sarebbe stata applicata in tutto il continente.
«Noi, vescovi africani, non riteniamo opportuno che l'Africa benedica le unioni omosessuali o le coppie dello stesso sesso perché, nel nostro contesto, ciò causerebbe confusione e sarebbe in diretta contraddizione con l'ethos culturale delle comunità africane», si legge nella lettera.
Ambongo, stretto consigliere di Papa Francesco, ha insistito sul fatto che i vescovi africani «riaffermano con forza la loro comunione» con il Papa, anche se non attueranno le benedizioni da lui autorizzate. Se i vescovi africani offrissero la benedizione a coppie dello stesso sesso sarebbe «molto poco credibile sostenere che persone dello stesso sesso che vivono in un'unione stabile non rivendicano la legittimità del proprio status», ha scritto. Invece, la lettera di Ambongo notava che i vescovi - attingendo a piene mani dalle Scritture - «insistono sulla chiamata alla conversione di tutti».
Ma pochi giorni dopo, il cardinale Cristóbal López Romero, nel nord dell'Africa, ha annunciato che la conferenza episcopale da lui guidata nella regione avrebbe attuato Fiducia Supplicans. Romero - presidente della Conferenza episcopale regionale del Nord Africa (CERNA) - ha scritto che «quando le persone in situazione irregolare vengono per chiedere una benedizione, possiamo darla a condizione che non crei confusione per gli interessati stessi o per gli altri».
La decisione di Romero è stata pubblicata il 15 gennaio ed è apparsa all'epoca come una diretta confutazione della dichiarazione continentale di Ambongo. E questo pur tenendo conto che la diocesi di Ambongo, Kinshasa, ospita circa 7 milioni di cattolici, mentre il distretto di Romero è molto più scarsamente popolato di membri della Chiesa (poco più di 20mila battezzati).
In seguito è emerso che la lettera di Ambongo dell'11 gennaio è stata scritta con il contributo diretto, riga per riga, di Papa Francesco e del cardinale Fernández. Preoccupato da Fiducia Supplicans, Ambongo aveva chiesto un incontro con il Pontefice e aveva ricevuto l'approvazione personale di Francesco sulla lettera con cui respingeva Fiducia Supplicans in Africa. Romero dal canto suo stava già agendo in linea con i desideri del Papa, attuando il documento che Francesco aveva promulgato.
Romero ha tenuto a sminuire la frattura formale tra lui e Ambongo, ma le due risposte a Fiducia Supplicans restano comunque in contraddizione tra loro. «Non abbiamo emesso il nostro comunicato in opposizione a nessuno o per prendere le distanze da altri eventi», ha risposto via mail a una mia richiesta.
Lui, e successivamente il segretario generale del CERNA, p. Michel Guillaud, hanno aggiunto che Ambongo ha anticipato la risposta del CERNA. Secondo Romero, Ambongo aveva chiesto ai vescovi africani di inviargli le loro considerazioni su Fiducia Supplicans entro il 15 gennaio. Poiché il CERNA di Romero ha tenuto la sua assemblea dall'11 al 15 gennaio, questo - ha detto Guillaud - avrebbe permesso al CERNA di avere il tempo di presentare la sua decisione ad Ambongo. «Avremmo voluto che il nostro punto di vista fosse preso in considerazione dal SECAM, ma la dichiarazione del Simposio è uscita l'11 gennaio, purtroppo prima della nostra riunione e prima della scadenza che ci era stata data per far conoscere il nostro punto di vista (l'inizio della seconda metà di gennaio)», mi ha dichiarato Romero.
Il presidente del CERNA ha continuato commentando che se Papa Francesco «ha avuto la disponibilità e la flessibilità di permettere che un punto concreto della sua disposizione non fosse messo in pratica in un territorio concreto come l'Africa», allora Ambongo e le conferenze episcopali africane «avranno la flessibilità di permettere, a quei vescovi che lo ritengono opportuno, di non proibire ciò che il Papa ha permesso”.
Commentando brevemente la questione durante l'attuale assemblea sinodale, mons. Romero ha detto che non c'era alcuna animosità tra lui e Ambongo. La Chiesa e i suoi membri «attraversano diversi momenti in cui dobbiamo scusarci l’un altro”, ha detto alla stampa. Romero ha dichiarato che «il cardinale Ambongo si è scusato con me per non essersi consultato e io con lui». Si tratta, ha detto, «di avanzare e di andare indietro, e questo - in riferimento a una Chiesa sinodale - ci renderà molto più umili».
È dunque questa un'anticipazione della sinodalità in azione? La costante enfasi su “ascolto e il dialogo” porterà alla fine a una Chiesa in cui una pratica è considerata lecita in una diocesi o regione, e illecita in quella vicina?
Le posizioni di Ambongo e Romero si contraddicono, l'una proibendo e l'altra permettendo una certa pratica. Ma nella Chiesa sinodale, come ha sottolineato lo stesso Romero, le posizioni possono cambiare direzione ed essere contemporaneamente accettate.
Una Chiesa sinodale di “ascolto e dialogo” si trasforma così in “ascolto, dialogo e contraddizioni coesistenti”, e se questo si diffonde in ogni diocesi, presto la Chiesa cattolica diventerà ancora più simile a un modo di essere tipico delle confessioni protestanti. Una diocesi potrebbe consentire la pratica delle donne diacono adducendo una necessità specifica, mentre un'altra le condannerà fermamente in quanto contraria all'insegnamento della Chiesa. Ma due pratiche e insegnamenti contraddittori non possono essere in accordo con la Verità immutabile della Chiesa.
In una Chiesa sinodale di questo tipo non ci sarà più un insegnamento e una pratica unificati, radicati nel Vangelo e immutabili in tutto il mondo, ma ogni Chiesa potrebbe iniziare a presentare una comprensione e una pratica della Fede diverse.
Se una Chiesa sinodale significa permettere la coesistenza reciproca di divisioni, allora la centralità del radicamento della Fede cattolica nell'insegnamento unitario e preciso di Cristo diventa dubbia. L'«una, santa, cattolica e apostolica» rischia di diventare «divisa, contraddittoria e confusa».
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