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"dubia" funerari

Il caro estinto nel cassetto con la benedizione di Fernández

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Ai quesiti del card. Zuppi il prefetto dell'ex Suprema risponde che le ceneri del defunto si possono tenere in casa. E richiama una precedente istruzione del card. Müller con il consueto "taglia, cuci e contraddici".

Ecclesia 14_12_2023

Pare che, da quando Victor Fernández è divenuto Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, ai vescovi del mondo abbiano iniziato a sorgere innumerevoli domande in ordine alla dottrina e alla disciplina della Chiesa. Nella sua quarta riposta in meno di tre mesi, Tucho un progresso però  dimostra di averlo compiuto: questa volta, ha evitato di pubblicare un semplice foglio A4 senza intestazione, ma ha fatto trascrivere il foglio dell’udienza con il Papa, avvenuta il 9 dicembre scorso.

Si continua a non comprendere, comunque, per quale ragione la gestione Fernández prosegua ad evitare puntualmente gli importanti elementi formali conclusivi, nei quali si afferma che il Papa ha approvato il documento e ne ha ordinato la pubblicazione. Non rinvenibili neppure gli estremi elementari del luogo e della data di pubblicazione, e mai comparsa, ad oggi, la firma congiunta del Segretario, mons. Armando Matteo per la Sezione dottrinale e mons. John Joseph Kennedy per quella disciplinare.

Questa volta, il vescovo dubbioso è il cardinale Matteo Zuppi, che in data 30 ottobre 2023 ha inviato al Dicastero due quesiti: il primo relativo alla possibilità di «predisporre un luogo sacro, definito e permanente, per l’accumulo commisto e la conservazione delle ceneri dei battezzati defunti, indicando per ciascuno i dati anagrafici per non disperdere la memoria nominale»; il secondo domanda se si possa «concedere ad una famiglia di conservare una parte delle ceneri di un familiare in un luogo significativo per la storia del defunto».

Nella risposta, resa nota il 12 dicembre, Fernández acconsente ad entrambe le richieste, richiamando i principi dell’Istruzione Ad resurgendum cum Christo, che però, nel contesto delle domande poste dal cardinale Zuppi, c’entrano poco. L’Istruzione del 2016 affermava alcuni principi cardine che spiegavano: 1. perché la Chiesa continua a promuovere e preferire la sepoltura dei corpi, piuttosto che la cremazione; 2. perché quest’ultima non è in senso assoluto da considerarsi contraria alle verità rivelate, e dunque può, in certi casi, essere ammessa.

Ma Fernández richiama solo il secondo principio per avvalorare una risposta, la seconda, che non consegue da esso. Anzitutto, è piuttosto curioso che, nella risposta, non ci sia una sola riga per ribadire che è la sepoltura, non la cremazione, la pratica raccomandata dalla Chiesa, più conforme all’insegnamento sulla risurrezione della carne e il senso della morte. A ben vedere, la parola “sepoltura” non compare proprio, se non nella menzione del titolo dell’Istruzione del 2016. Dunque la parte portante del documento firmato dall’allora Prefetto, il cardinale Gerhard Müller, che veicolava non solo quanto affermato nell’Istruzione Piam et constantem del 5 luglio 1963, ma che era anche il cardine della disciplina più che millenaria della Chiesa di proibire la cremazione, è semplicemente sparita.

In secondo luogo, Ad resurgendum cum Christo giungeva alla conclusione che «la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita», se non «in caso di circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale», che dovevano essere decise dall’Ordinario, «in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali». In questo caso, le ceneri dovevano essere custodite «nell’abitazione domestica» e non «divise tra i vari nuclei familiari».

La recente risposta invece afferma l’esatto contrario, ossia che l’Autorità ecclesiastica può concedere che una parte delle ceneri, anche in assenza di condizioni gravi ed eccezionali, sia conservata non solo nell’abitazione, ma persino in altro luogo, non meglio precisato, ritenuto «significativo per la storia del defunto». Non è azzardato pensare che se il defunto era un amante del mare o della montagna, una porzione delle sue ceneri verrà portata in questi luoghi e, di fatto, dispersa.

Fernández conferma la sua abilità di prestigiatore, capace di trasformare qualsiasi documento anteriore nel suo contrario. Ma non solo. È evidente un’altra nota caratteristica delle sue “risposte”: quella di non avere particolare interesse a difendere con argomenti la dottrina e la disciplina della Chiesa, ma di cercare pertugi per acconsentire al modus vivendi poco cristiano dei battezzati di oggi. Nonostante la tanto declamata pastoralità, la risposta omette di riflettere sul senso che queste richieste relative alle ceneri dei defunti hanno nella mente di chi le avanza.

Per quale ragione una persona dovrebbe domandare di tenere in casa o in altro luogo una parte delle ceneri? Basta ascoltare le persone per capirlo. Si richiedono le ceneri in casa perché si ritiene di poter avere così una “presenza” del proprio caro; il che – con il massimo rispetto per il dolore delle persone – significa che non si è compreso quale nuovo legame si instaura con i propri cari dopo la morte né la forza della preghiera. Ma la pastorale esiste per orientare le persone verso risposte vere, risposte che sole riescono a colmare un vuoto, o per adattarsi a sentimenti che nascono dalla drammatica sparizione progressiva della fede? Analogamente, perché le persone richiedono che le ceneri possano essere portate in altro luogo caro al defunto? Non c’è forse la possibilità che il terreno sotteso sia una sottile credenza superstiziosa, secondo la quale si darebbe così soddisfazione al defunto, perché il suo spirito rimane in qualche modo legato alle sue ceneri? O, più semplicemente, non si rischia di usare le ceneri del defunto per la banale motivazione che “era affezionato a quel posto”, subordinando in questo modo il rispetto dovuto al cadavere ad un sentimento comprensibile ma pur sempre irrazionale?

Nella risposta ci si limita ad affermare che «venga escluso ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista». Ma non è forse vero che ci possono essere altre motivazioni non ideologiche, ma che pure rasentano la superstizione o manifestano convinzioni decisamente non cristiane? Allora, la domanda di fondo è la seguente: la pastorale della Chiesa esiste per accontentare il più possibile le persone o per evangelizzarle? Per non urtarle nelle loro convinzioni poco o per nulla cristiane o per rinnovare la loro mente (cf. Rm 12, 2)?

La domanda dovrebbe essere estesa alla cremazione: è sufficiente autorizzarla affermando che in sé non è contraria ad alcun dogma? È un caso che la sua pratica è retrocessa con l’avanzare della cristianizzazione? Ed è un caso che essa, in Europa, sia tornata a fare capolino con l’affermarsi della mentalità liberal massonica dell’Ottocento per affermarsi oggi sulle macerie del cristianesimo?



IL DECRETO

"Sì a cremazione ma è preferibile la sepoltura"

26_10_2016 Lorenzo Bertocchi

Il documento della Congregazione per la Fede: «La Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo». Ma la sepoltura resta preferibile per una questione di speranza. Condanna della diamantificazione delle ceneri. 

il corpo rifiutato

L'acquamazione: ultima frontiera della sepoltura green

Ambientalisti anche da morti: persino la cremazione è ormai sorpassata, adesso il caro estinto viene messo direttamente a bollire. Diminuiscono le emissioni, ma anche il rispetto di corpi destinati a risorgere.