Il Canone di san Vincenzo, argine contro l'eresia
Oggi ricorre la memoria di san Vincenzo di Lerino, prete e monaco morto nel V secolo, famoso soprattutto nei circoli teologici per un passo contenuto nel suo Commonitorium, detto "Canone". E che recita così: "Nella Chiesa Cattolica bisogna avere la più grande cura nel ritenere ciò che è stato creduto dappertutto, sempre e da tutti".
Molti, al di fuori dei circoli teologici, non hanno familiarità con il nome di Vincenzo, un prete e monaco nel monastero di Lérins che è vissuto nel V secolo e che la Chiesa festeggia oggi. In effetti è davvero un peccato, perché l'influenza che ha avuto sul pensiero cristiano non è ancora svanita. Vincenzo era l'autore di Commonitorium (scritto nel 434), una sorta di manuale di insegnamenti cristiani ortodossi.
Uno studioso descrive così l'importanza di questo libro: "Le due idee principali che hanno attirato principalmente l'attenzione in tutto il libro sono quelle che riguardano la fedeltà alla Tradizione (iii e xxix) e il progresso della dottrina cattolica (xxiii), chiamato molto spesso il canone di Vincenzo di Lérins, che Newman considerava più adatto a determinare ciò che non è poi la dottrina cattolica e che è stato frequentemente coinvolto in controversie: secondo il suo autore, questo principio dovrebbe decidere il valore di un nuovo punto di dottrina prima del giudizio della Chiesa, Vincenzo lo propone come un mezzo per testare una novità che sorge da qualche parte in un punto della dottrina. Questo canone è stato variamente interpretato, alcuni scrittori pensano che il suo vero significato non sia quello che ha risposto allo scopo di Vincenzo, quando ce ne serviamo contro le idee di Agostino: è difficile negare che nonostante la lucidità della sua formula, la spiegazione del principio e la sua applicazione ai fatti storici non sia sempre stata facile; anche teologi come de San e Franzelin, che sono generalmente d'accordo nelle loro opinioni, sono qui in disaccordo. Vincenzo mostra chiaramente che il suo principio è da intendersi in un senso relativo e disgiuntivo, e non assolutamente e unendo i tre criteri in uno: ubique, semper, ab omnibus; l'antichità non deve essere intesa in un significato relativo, ma nel senso di un consenso relativo dell'antichità. Quando parla delle convinzioni generalmente ammesse, è più difficile stabilire se intende le convinzioni esplicitamente o implicitamente ammesse; in quest'ultimo caso il canone è vero e applicabile in entrambi i sensi, affermativo (ciò che è cattolico) e negativo o esclusivo (ciò che non è cattolico); nella prima, il canone è vero e applicabile nella sua affermazione; ma si può dire che sia così nel suo portato negativo o esclusivo, senza porre Vincenzo completamente in disaccordo con tutto ciò che dice sul progresso della dottrina rivelata?" [Ghellinck, J. (1912). St. Vincent of Lérins. Enciclopedia Cattolica, New York, Robert Appleton Company. Cfr. New Advent].
Nonostante alcuni dubbi di questo studioso, non c'è dubbio che i criteri stabiliti da Vincenzo sono un argine importante contro la deriva nell'eresia.
Il canone a cui ci si riferisce è il seguente: "Nella Chiesa Cattolica bisogna avere la più grande cura nel ritenere ciò che è stato creduto dappertutto, sempre e da tutti". Il Commonitorium aggiunge subito dopo: "Questo è veramente e propriamente cattolico, secondo l'idea di universalità racchiusa nell'etimologia stessa della parola. Ma questo avverrà se noi seguiremo l'universalità, l'antichità, il consenso generale. Seguiremo l'universalità se confesseremo come vera e unica fede quella che la Chiesa intera professa per tutto il mondo; l'antichità, se non ci scostiamo per nulla dai sentimenti che notoriamente proclamarono i nostri santi predecessori e padri; il consenso generale, infine, se, in questa stessa antichità, noi abbracciamo le definizioni e le dottrine di tutti, o quasi, i Vescovi e i Maestri". Questa è una dichiarazione classica di teologia. Questa idea di "universalità", che è davvero profondamente cattolica, non significa, ovviamente, sostenere idee che piacciano a tutti, ma aderire a ciò che è così evidente e a cui tutti credono come verità di fede. Questa era anche l'idea che stava dietro al motu proprio sulla musica sacra di san Pio X del 1903: "universalità" era una delle tre qualità richieste per la musica sacra, degna di questo nome.
In un altro passo di san Vincenzo leggiamo: "Come, dunque, dovrà comportarsi un cristiano cattolico se qualche piccola frazione della Chiesa si stacca dalla comunione con la fede universale? Dovrà senz'altro anteporre a un membro marcio e pestifero la sanità del corpo intero. Se, però, si tratta di una novità eretica che non è limitata a un piccolo gruppo, ma tenta di contagiare e contaminare la Chiesa intera? In tal caso, il cristiano dovrà darsi da fare per aderire all'antichità, la quale non può evidentemente essere alterata da nessuna nuova menzogna. E se nella stessa antichità si scopre che un errore è stato condiviso da più persone o addirittura da una città o da una provincia intera? In questo caso avrà la massima cura di preferire alla temerità e all'ignoranza di quelli, i decreti, se ve ne sono, di un antico concilio universale. E se sorge una nuova opinione, per la quale nulla si trovi di già definito? Allora egli ricercherà e confronterà le opinioni dei nostri maggiori, di quelli soltanto però che, pur appartenendo a tempi e luoghi diversi, rimasero sempre nella comunione e nella fede dell'unica Chiesa Cattolica e ne divennero maestri approvati. Tutto ciò che troverà che non da uno o due soltanto, ma da tutti insieme, in pieno accordo, è stato ritenuto, scritto, insegnato apertamente, frequentemente e costantemente, sappia che anch'egli lo può credere senza alcuna esitazione". È molto importante questo passaggio, pensando alle grandi difficoltà che stiamo vivendo nella Chiesa: cosa succederebbe se un'infezione dovesse prendere tutta la Chiesa e non solo una piccola parte di essa? Quindi dovremmo attenerci alla Tradizione.
La lezione di san Vincenzo non dovrebbe mai essere dimenticata, specialmente quando ci viene dato di vivere, come dicono i cinesi, in tempi interessanti.