Il beato Popiełuszko, un martirio che dà ancora frutto
Il 30 ottobre 1984 veniva ritrovato, nelle acque della Vistola, il cadavere di padre Jerzy Popiełuszko, rapito e ucciso 11 giorni prima dai servizi segreti comunisti. Un fatto che sconvolse il popolo polacco, san Giovanni Paolo II in testa. Ma a 38 anni dal martirio, la fama di santità del “cappellano di Solidarność” continua a diffondersi.
Per la cena del 30 ottobre 1984 Giovanni Paolo II invitò il direttore de L’Osservatore Romano, il prof. Mario Agnes con il suo vice, Gianfranco Svidercoschi. Mentre il Papa dava il benvenuto ai suoi ospiti, il suo segretario, mons. Stanislao Dziwisz, gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Era una brutta notizia: dalle gelide acque della Vistola, presso la città di Wloclawek, era stato recuperato il cadavere di padre Jerzy Popiełuszko (14 settembre 1947 - 19 ottobre 1984). Il viso del Papa si fece serio: invece di invitarli nella sala da pranzo, li invitò nella cappella, dove si mise a pregare. Come ricorda Svidercoschi, la preghiera di Giovanni Paolo II fu così intensa, si direbbe così “palpabile”, che lui stesso smise di pregare. “Bastava la preghiera del Papa”, mi confidò.
Padre Jerzy Popiełuszko era stato rapito 11 giorni prima dai servizi segreti della Polonia comunista e massacrato e ucciso - come si scoprì dopo - lo stesso giorno del rapimento, il 19 ottobre 1984, quando i suoi carnefici ne gettarono il corpo nella Vistola, presso la diga di Wloclawek. Padre Jerzy era stato preso di mira dai servizi segreti quando cominciò a celebrare la Messa per gli operai delle grandi acciaierie “Huta Warszawa” della capitale polacca che avevano cominciato uno sciopero. Presto, in quel periodo turbolento, divenne per loro una guida e un punto di riferimento. Con la dichiarazione dello “stato di guerra” e l’introduzione della legge marziale da parte del generale Jaruzelski, cominciarono il periodo di persecuzioni e gli arresti degli attivisti del sindacato Solidarność e della società civile. E proprio durante lo stato di guerra padre Popiełuszko organizzò nella parrocchia di S. Stanislao le celebrazioni eucaristiche chiamate “Messe per la Patria”, che attiravano moltissime persone provenienti non soltanto da Varsavia, ma da tutta la Polonia. Il “cappellano di Solidarność”, da un lato, smascherava tutta la falsità e l’ipocrisia del sistema comunista, dall’altro indicava ai cristiani come affrontare il totalitarismo: “Vinci il male con il bene”. Per il regime totalitario comunista un sacerdote così doveva essere distrutto, anche fisicamente. Allora il rapimento e l’assassinio di padre Jerzy non furono una casualità.
Dal giorno del rapimento tutta la nazione fu in ansia per la vita di padre Popiełuszko. Anche Giovanni Paolo II era molto preoccupato. Ecco cosa mons. Dziwisz ha detto di questi momenti drammatici: “Ci tenevamo al corrente sull’evolversi degli eventi. Ricordo che il Santo Padre stava seduto davanti al televisore, ad ascoltare i comunicati, con un’enorme preoccupazione e tristezza sul volto, avvilito. Seguiva con precisione quello che accadeva allora in Polonia”.
Cinque giorni dopo la scomparsa di don Jerzy, il 24 ottobre, durante l’udienza generale il Pontefice disse ai pellegrini polacchi queste gravi parole: «Lunedì scorso la Curia metropolitana di Varsavia ha pubblicato un comunicato nel quale si informa che il 19 ottobre don Jerzy Popiełuszko, sacerdote dell’arcidiocesi di Varsavia, mentre tornava da Bydgoszcz, dove aveva svolto un servizio pastorale, è stato fermato sulla strada vicino a Torun. Il sacerdote non ha fatto finora ritorno in parrocchia e non si hanno notizie sulla sua sorte. “Questo avvenimento ha sconvolto l’opinione pubblica dell’intera Polonia - possiamo leggere nel comunicato - e ha particolarmente inquietato e riempito di dolore i vescovi, il clero e tutti i fedeli dell’arcidiocesi di Varsavia. Esprimendo la sua profonda deplorazione la Curia metropolitana di Varsavia si rivolge all’intero popolo di Dio raccomandando alla sua preghiera - specialmente quella del Rosario - la vicenda di don Popiełuszko”. Profondamente turbato da questo avvenimento, esprimo la mia solidarietà con i pastori e con il popolo di Dio della Chiesa di Varsavia. Condivido la giusta inquietudine di tutta la società riguardo a questa azione disumana che è un atto di prepotenza nei confronti di un sacerdote e costituisce una violazione della dignità e degli inalienabili diritti della persona umana. Mi appello alle coscienze di coloro che hanno commesso questa ignobile azione e ne sono responsabili. Mi rivolgo a voi, cari fratelli e sorelle, affinché vi uniate a me nella preghiera per l’immediata liberazione di don Popiełuszko e il suo ritorno al lavoro pastorale».
Per la solennità di Tutti i Santi, l’1 novembre, dunque due giorni dopo la scoperta del martirio del cappellano di Solidarność, Giovanni Paolo II lo ricordò durante l’Angelus: “Una particolare, accorata preghiera vi esorto a rivolgere al Signore per tutti i morti a causa della violenza. Sono molti purtroppo, e in molte regioni del mondo! Il cuore è oppresso al pensiero di tanto sangue umano versato, di tante sofferenze, di tante lacrime. Anche questi ultimi giorni sono stati funestati da alcune notizie luttuose: (...) penso al sacerdote polacco Jerzy Popiełuszko, la cui tragica fine ha commosso il mondo (…). Iddio grande e misericordioso dia pace alle loro anime immortali, e conceda ai vivi di comprendere che, non con la violenza ma con l’amore, si costruisce un futuro degno dell’uomo”.
A partire dal giorno del ritrovamento del corpo, il 30 ottobre, cominciò a diffondersi la fama di santità del martire e cominciarono le segnalazioni di numerose grazie attribuite alla sua intercessione. In questo contesto il card. Józef Glemp, arcivescovo di Varsavia e primate di Polonia, decise di aprire la causa di beatificazione, che cominciò l’8 febbraio del 1997 e si concluse con la solenne Messa di beatificazione, celebrata sulla piazza centrale di Varsavia il 6 giugno 2010 dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. La tomba del beato, che si trova presso la chiesa di S. Stanislao Kostka, nel quartiere Zoliborz, dove lavorava padre Popiełuszko, è divenuta luogo di pellegrinaggi: si calcola che più di 23 milioni di persone siano andate a rendere omaggio al sacerdote-martire. È un segno evidente della sua fama di santità, che non diminuisce con il passare degli anni. Perciò bisogna sperare che presto potrà essere canonizzato e venerato in tutto il mondo.
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Sulle rive della Vistola a Wloclawek, è stata innalzata una grande croce in vetro e costruito un altare di pietra [in basso, nella foto di W. Redzioch]. Giovanni Paolo II ha scritto delle parole molto significative di questa memoria del martirio: “Questo monumento-testimonianza si fonderà con il paesaggio polacco, proprio come il sacrificio del Sacerdote è caduto profondamente nel cuore dei suoi connazionali e di tante persone in tutto il mondo. Subito dopo la morte di padre Jerzy, i credenti hanno innalzato una croce lì: un segno di amore, salvezza, un segno di vittoria. La semina del sangue innocente di un sacerdote devoto a Dio e alle persone sta già portando frutto”. Domenica 30 ottobre, come ogni anno, anche in questo luogo si è ricordato il martirio del beato Jerzy Popiełuszko, vittima del totalitarismo comunista.