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IL GIUBILEO LETTERARIO / 13

Il 1650, un Anno Santo dai contorni barocchi

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Il 14° Giubileo ordinario fu anche un’occasione di ringraziamento per la fine della Guerra dei trent’anni. A Roma giunsero importanti sovrani con cortei sfarzosi. Vari eventi risentirono del clima barocco. Tra gli artisti protagonisti: Bernini e Borromini. Non mancarono le conversioni.

Cultura 03_02_2025
Innocenzo X (ritratto di Diego Velázquez)

Era il 1648. Dopo trent’anni terminava una guerra che aveva insanguinato molte terre d’Europa. Papa Innocenzo X indisse il Giubileo ordinario con la bolla Appropinquat Dilectissimi Filii nel maggio del 1649: era un’occasione di ringraziamento e di conversione.

Il numero dei pellegrini nel 1650 fu molto alto, se si dà credito alle testimonianze secondo le quali giunsero a Roma settecentomila forestieri, così come numerosi furono i protestanti che ritornarono in seno alla Chiesa cattolica. Si racconta che molti morirono schiacciati dalla folla o per il caldo intenso. Per questo l’indulgenza, dapprima concessa soltanto a coloro che avessero visitato le quattro basiliche giubilari, fu estesa poi anche a chi non avesse completato la visita delle quattro chiese e a chi avesse partecipato alle celebrazioni papali (se confessato e comunicato). Più tardi ancora, con bolla dell’8 e del 12 gennaio 1654, l’indulgenza riguardò anche i Paesi Bassi meridionali e le Indie occidentali.

A Roma giunsero anche importanti sovrani e regine che si fecero notare per lo sfarzo dei cortei che li accompagnavano: la regina di Spagna, che sfilava al seguito di 300 carrozze; gli ambasciatori del re Filippo IV che giunsero con 460 carrozze; Margherita di Savoia, duchessa di Mantova e viceregina del Portogallo; la regina Cristina di Svezia; la principessa Anna, figlia dell’imperatore Ferdinando III. Per i potenti il Giubileo divenne un’ostentazione di sfarzo e di ricchezza. Le cerimonie divennero occasioni di spettacolarizzazione teatrale secondo la tendenza barocca.

Come nei giubilei precedenti, il Papa cercò di favorire la permanenza in città dei pellegrini bloccando il prezzo degli affitti, mentre per loro si raccoglievano vestiario e cibo grazie all’azione della cognata di Innocenzo X, donna Olimpia Maidalchini Pamphilj, priora della Confraternità della SS. Trinità e delle sue dame, appartenenti alla nobiltà romana.

La città doveva brillare nella sua bellezza. Per questo Innocenzo X commissionò per l’occasione al genio di Gian Lorenzo Bernini la realizzazione della fontana dei quattro fiumi in Piazza Navona: il Nilo, il Danubio, il Gange, il Rio della Plata vennero rappresentati da giganti in marmo bianco che resero la piazza una delle più affascinanti di Roma. Per questo proprio in Piazza Navona si tenne la celebrazione della Messa pasquale. Per l’Anno Santo venne realizzato anche il Palazzo dei Conservatori in Campidoglio e fu restaurata la basilica di San Giovanni in Laterano: artefice fu l’architetto Francesco Borromini. Nella chiesa di Santa Maria della Vittoria (Cappella Cornaro), Bernini stava realizzando già da tre anni l’Estasi di santa Teresa, una delle opere più belle scaturite dalla sua genialità, emblema stesso della religiosità e della teatralità dell’epoca barocca.

La prolificità artistica non finiva certo qui, perché lo scultore Alessandro Algardi realizzava negli stessi anni la pala raffigurante papa Leone I che fermava Attila nel 452: per l’anno giubilare fu pronta solo la pala in stucco, mentre l’opera definitiva in marmo fu terminata nel 1653.

Come spesso accade, fecero più notizia (e per questo furono tramandati) gli episodi negativi e scandalosi piuttosto che il bene compiuto, le opere di carità, le conversioni avvenute. Così, il Giubileo del 1650 divenne il Giubileo dello sfarzo barocco e degli “incidenti” occorsi. Il primo, proprio in occasione dell’apertura della Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, vide protagonista un cardinale di soli 18 anni, Francesco Maidalchini, nipote di Olimpia, cognata del Papa. Maidalchini fu autorizzato all’apertura da una commissione addetta e tentò di impossessarsi di un cofanetto contenente le medaglie del Giubileo, ma i canonici della basilica gli impedirono di perpetrare il furto. Il secondo si verificò durante la processione del Giovedì Santo quando il Crocifisso di San Marcello venne portato alla basilica di San Pietro: i cavalli s’imbizzarrirono generando il panico.

Molti eventi e celebrazioni furono senz’altro caratterizzati dallo spirito barocco, improntati allo sfarzo, all’esagerazione, alla teatralizzazione. In realtà, molte manifestazioni del Seicento che a prima vista potrebbero apparire superficiali nascondono un tentativo di esorcizzare la paura della morte, la transitorietà del tempo, l’horror vacui. Il collezionismo tanto in voga nel secolo può essere considerato come un tentativo di ricomporre quell’unità che l’uomo dell’epoca considera perduta; un’unità perduta in seguito a tante scoperte geografiche e soprattutto astronomiche che hanno messo in crisi anche una visione dell’uomo all’interno della realtà e del cosmo.

La spettacolarizzazione degli eventi, perfino dei funerali (che diventano, talvolta, occasioni mondane), è un espediente per riempire il vuoto ed esorcizzare la morte. L’esagerazione, il fasto e la teatralizzazione sono l’altra faccia della medaglia su cui è rappresentata in maniera quasi ossessiva l’imago (ovvero il calco) della morte. Si pensi al tema del memento mori che compare in tanti dipinti dell’epoca oppure alle nature morte con la frutta bacata o marcia, o ancora all’immagine dell’orologio, spesso documentata anche in poesia.



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