I vescovi italiani vogliono farci pregare la Pachamama
A Verona il parroco fa recitare una preghiera rituale alla Pachamama e i fedeli insorgono. Ma tutto parte da lontano: già in aprile l'organismo missionario della Cei invitava a pregare la Pachamama in preparazione al Sinodo. In un opuscolo in cui non compare nemmeno la parola Gesù, ma rivolto a parrocchie e fedeli, fa capolino la preghiera andina alla Madre terra. Siamo allo sdoganamento conclamato del paganesimo con l'imprimatur dei vescovi italiani.
-“IL DETERSIVO! FIGLIOLO...QUANTE VOLTE?” di Rino Cammilleri
E’ l’oggetto del momento. Si illudeva chi pensava che la Pachamama sarebbe sparita dai nostri radar dopo la chiusura del Sinodo sull’Amazzonia. Così come si illudeva chi si era lasciato convincere dalla versione del Vaticano che quello alla Madre terra visto in questi giorni, chiamata o no Pachamama poco importa, non fosse un atto di culto. La verità è che quello dell’idolatria pagana fa parte di una precisa strategia che non passa soltanto dal Repam, ma è assimilata anche dagli organismi della Conferenza Episcopale Italiana.
Il titolo di questo articolo infatti, non è peregrino, se letto alla luce di quanto la Nuova BQ ha scoperto approfondendo la notizia che sta andando per la maggiore sui social in queste ore.
In una parrocchia di Verona il prete ha fatto recitare una preghiera alla Pachamama e su questo non ci possono essere interpretazioni discordanti dato che uno dei foglietti distribuiti in chiesa sta girando originale su internet.
Siamo a Verona, nella parrocchia del Sacro Cuore ed è qui che il 25 ottobre scorso il parroco don Claudio Castellani ha promosso una veglia missionaria chiamata Buen Vivir. Già dal sottotitolo si poteva comprendere che non si sarebbe trattato di una veglia come quelle che solitamente le parrocchie organizzano per chiedere al padrone della messe di inviare operai nella vigna: Veglia di preghiera sulla responsabilità verso Madre terra, con riferimento al Sinodo indetto dal Papa.
Dove sta la notizia? Sta in questo: ad un certo punto, tra una canzone di De Gregori e un’altra invocazione decisamente eterodossa, il parroco ha fatto leggere una preghiera alla Pachamama.
Ecco il testo: «Pachamama di questi luoghi, bevi e mangia a volontà questa offerta, affinché sia fruttuosa questa terra. Pachamama buona madre, sii propizia! Sii propizia! Fa che i buoi camminino bene e che non si stanchino. Fa che la semente spunti bene, che non succeda nulla di male, che il gelo non la distrugga, che produca buoni alimenti. A te lo chiediamo: donaci tutto. Sii propizia! Sii propizia».
Difficile a questo punto dimostrare che si sia trattato di un evento “culturale” di solidarietà nei confronti delle popolazioni andine (la Pachamama, è una divinità Inca, andina, non amazzonica). Il carattere di orazione e di invocazione non lascia spazio a dubbi.
Resisi conto che il parroco aveva appena fatto pregare una divinità pagana, che anticamente veniva evocata proprio nei sacrifici umani delle popolazioni precolombiane, alcuni fedeli hanno protestato – more evangelico – proprio col sacerdote. Il quale non solo ha rivendicato il gesto, ma se n’è addirittura vantato. Ai poveri fedeli non è restato altro da fare che – sempre more evangelico - esprimere pubblicamente tutto il loro dolore. E’ partito così un tam tam di critica verso questa forma di idolatria diabolica all’interno di chiesa cattolica.
Così ad esempio, l’utente Filippo Grigolini, tra i primi a denunciare l’incursione feticista in chiesa: «Quelli che te la impongono (la Pachamama ndr) sono gli stessi che, se chiedi di venire a benedire la casa ti dicono che sei superstizioso.... se gli chiedi una cristiana benedizione dei campi a protezione del raccolto (le rogazioni), ti ridono dietro. Noi cattolici invochiamo San Isidoro e tanti altri. Loro intercedono per noi presso Dio».
Come non dargli ragione? La tradizione della Chiesa è ricca di rogazioni e soprattutto di preghiere apposite nelle quattro tempora, volte proprio a chiedere a Dio una fecondità di raccolti e di messe come benedizione di Dio sui frutti della terra. Un tesoro di preghiere che oggi la maggior parte dei sacerdoti non conosce neppure, figuriamoci se lo promuove.
Attenzione: nelle rogazioni si chiede il dono della fertilità della terra a Dio, che è creatore, non a un idolo che della terra ne è la rappresentazione idolatrica. La differenza sta tutta qui e sta alla base delle migliaia di martirii effettuati agli inizi dell’avventura cristiana per quei fedeli che non volevano sacrificare proprio a questo genere di raffigurazioni, come ad esempio offrire una scrofa gravida a Cerere/Demetra.
Torneremo presto anche a questo genere di sacrifici? Dio ce ne liberi, ma il fatto che si invochi una divinità pagana proprio con questo scopo getta un inquietante squarcio su quanto sta accadendo nella Chiesa. Anche quella italiana.
L’iniziativa di don Castellani non è infatti solo farina del suo sacco, sarebbe già preoccupante se fosse così, se fosse stato il prete a scrivere la preghiera, ma almeno ci saremmo consolati con l’episodio isolato.
Invece non è così. Il prete non ha fatto altro che eseguire pedissequamente quanto raccomandato ai preti dall’organismo pastorale della Cei che si occupa di missioni e che si chiama Missio. Presieduto dal vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi e diretto dal sacerdote veronese don Giuseppe Pizzoli, missio è intervenuto da protagonista nel Sinodo appena concluso.
La preghiera alla Pachamama infatti compare in un opuscolo scritto nell’aprile scorso e chiamato, appunto, Bien Vivir (vivere bene), lo stesso nome dato dal sacerdote alla sua veglia. Si tratta di un opuscolo fatto di schede e video “per animare sulle tematiche dell’Amazzonia le comunità, i gruppi e le scuole in Italia”. 30 pagine di verbosa comunicazione sulla terra, i popoli, la chiesa e i martiri di “questa enorme foresta che è sotto i riflettori della Chiesa e della società civile”.
La preghiera compare proprio in una di queste sezioni, la terza, tra le indicazioni su che cosa possiamo fare noi per gli indigeni dell’Amazzonia: pregare la Pachamama. Curioso, per non dire inaccettabile, per un documento che ignora totalmente nelle sue 30 pagine – provare per credere – la parola Gesù Cristo.
Si tratta dunque di un sussidio per le parrocchie che non ha nulla di cattolico, che mescola rivendicazioni sociali e ecologiste, ma che, grazie all’imprimatur dell’organismo dei vescovi italiani, ha buon gioco nell’arrivare sulle scrivanie dei parroci dalla porta principale. Ed è attraverso questo canale che don Castellani l’ha proposto ai suoi fedeli.
La Chiesa italiana dunque raccomanda ai preti e alle parrocchie attraverso un suo organismo ufficiale di pregare la Pachamama e lo raccomanda da aprile scorso. A questo punto non c’è da stupirsi se alcuni vescovi abbiano portato la statuetta in processione in San Pietro, se le statuette sono state sottoposte a paraliturgie nei giardini vaticani o nella chiesa di Santa Maria in Traspontina dove poi sono state sottratte per essere buttate nel Tevere.
Ma quella della Pachamama non è una amicizia solo della Chiesa italiana né è un invito recente al popolo di Dio. Già nel 2011 il Comboniano Alex Zanotelli invitata addirittura a salvare la Pachamama e alcuni anni fa divenne virale il video in cui il prefetto del dicastero vaticano per la Cultura, il cardinal Ravasi, partecipava in Argentina a un culto idolatrico proprio alla Pachamama. Processi estremi, diremmo oggi, avviati da tempo e che arrivano ai fedeli sotto forma di proposta pastorale col crisma della Cei e l’inavvertenza che nel frattempo da folclore missionario si è passati direttamente all'idolatria.
Ma in fondo è tutto scritto, giustificato e programmato nelle parole di uno degli consulenti teologici chiave del Sinodo appena concluso, padre Paulo Suess che al portale vaticano ufficialmente ha delineato l’idea di evangelizzazione che sta dietro a questo progetto: nessun elemento veritativo portato dalla fede cattolica, tutto, Gesù Cristo e le forme cultuali indigene, come Pachamama sono sullo stesso piano. Praticamente lo sdoganamento ufficiale del paganesimo.