I vescovi del Belgio inciampano sull'eutanasia
Il Parlamento belga progetta di allargare l'eutanasia anche ai bambini. I vescovi denunciano la deriva ma "giustificano" l'introduzione della legge nel 2002 per combattere l'eutanasia clandestina e "di compassione": una posizione non fondata e dai risvolti etici inquietanti.
Da quando nel maggio del 2002 l’eutanasia è stata legalizzata in Belgio questa pratica si è allargata a macchia d’olio. Come abbiamo già ricordato in un precedente articolo (“Eutanasia record in Belgio”) la Commissione federale di controllo e valutazione dell’eutanasia ha reso noto che nel 2012 ben 1.432 persone avevano fatto richiesta di morire: un aumento del 25% rispetto all’anno precedente. In Belgio il 2% dei decessi è da imputarsi a pratiche eutanasiche. Nonostante ciò il governo belga è intenzionato ad ampliare la categoria di soggetti che potrebbero accedere alla “dolce morte”. Infatti è al vaglio del Parlamento un disegno di legge per consentire ai minori di età fino ai 15 anni e alle persone incapaci di intendere e volere di morire per mano di un medico (si legga sempre su questo sito l’articolo “Belgio, arriva l’eutanasia per Alzheimer”). Quindi in realtà la decisione di staccare la spina sarà demandata ai loro rappresentati legali.
Per far fronte a questo nuovo attentato alla vita umana un gruppo di docenti universitari, medici e avvocati ha lanciato sul web un’iniziativa dal titolo: “Eutanasia STOP”. Sul loro sito si possono lasciare commenti e considerazioni critiche su questo nuovo disegno di legge. “Voi che non siete favorevoli all’ampliamento della legge sull’eutanasia ai minori e alle persone dementi – si legge sul sito - fatelo sapere! Condividete il vostro punto di vista critico sul sito Euthanasie STOP”. Aderiscono all’iniziativa, tra gli altri, René Stockman, Superiore Generale dei Fratelli della Carità, Albert Guigui, Gran Rabbino di Bruxelles, e l’imam Brahim Bouhna.
All’inizio del mese di marzo la Conferenza Episcopale Belga aveva pubblicato un documento di denuncia in merito a questo recente disegno di legge. Il documento si intitola “Si può uccidere il legame sociale?”. In esso i vescovi auspicano che la persona morente o il disabile grave deve poter incontrare “persone che gli tendono la mano, che gli fanno capire che il suo valore umano non è annientato dalla distruzione del suo corpo o della sua mente. Che la sua dignità supera infinitamente il disagio che prova a non essere più del tutto padrone di se stesso”.
In merito poi al testamento biologico redatto da chi è nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali in vista di un possibile e futuro stato di incapacità così si esprimono: “Un’attestazione scritta richiedente l’eutanasia in caso di perdita delle facoltà mentali, non rischia di divenire un giorno addirittura superflua tanto poi da chiedersi se sia necessaria?”. In buona sostanza si sostiene che a breve – e già nella prassi accade di sovente – si applicherà un’equazione letale: malato psichico uguale paziente da sopprimere con o senza testamento biologico. In relazione invece alla possibilità di estendere l’eutanasia anche ai minori sino agli anni 15, i prelati denunciano che tale limite sarà ben presto valicato è si procurerà la morte anche“ai bambini più piccoli, visto che la loro malattia o il loro handicap sono divenuti insopportabili”.
Poi i vescovi inciampano e cadono rovinosamente: "Questa legge [quella del 2002] poteva apparire come ragionevole poiché intendeva lottare contro le eutanasie clandestine. Era presentata come una legge molto umana perché era stata scritta per assicurare l’incontro tra la compassione del medico e la preoccupazione del malato di morire con dignità”.
Due brevi considerazioni. La prima: l’ordinamento giuridico di qualsiasi paese al mondo non si deve domandare se una certa condotta che riguarda i diritti fondamentali sia diffusa o meno. Ciò che rileva è il bene comune. Da qui lo Stato si deve porre le seguenti domande: tale condotta è necessaria per il bene comune? In caso positivo comanderà questa condotta (vedi tasse, che infatti si chiamano “imposte”). Questa condotta concorre grandemente al bene comune? In caso affermativo disciplinerà la condotta (vedi matrimonio). Questa condotta lede grandemente il bene comune? Se la risposta è affermativa vieterà questa condotta (vedi omicidio, furto etc.). Questa condotta lede il bene comune ma sanzionandola si arrecherebbe un vulnus ancor maggior allo stesso bene comune? In questo caso tollererà tale condotta non sanzionandola.
Da ciò consegue che poco importa che omicidi e furti siano diffusi – poco importa che l’eutanasia sia diffusa – importa che ledano il bene comune. Anzi la loro diffusione dovrebbe spronare il legislatore a reagire con maggior fermezza perché il fenomeno non si diffonda ancor di più e non ad essere indulgente. Ora l’eutanasia reca un grave danno al bene comune perché la morte di una persona riguarda tutti, dato che ciascuno di noi è un bene preziosissimo per l’intera collettività. Anche se la persona in questione è anziana, demente o minore di età. Per debellare un male – l’eutanasia – questo non deve essere legittimato ma scoraggiato tramite la sanzione. Legalizzare l’eutanasia – e il Belgio ne è la prova – può solo rendere il fenomeno ancora più esteso.
Seconda considerazione: i vescovi parlano di “compassione del medico”. La compassione del medico si incarna nei due fini della sua professione: guarire il paziente, se possibile, e curare, questo sempre. Ora curare significa aver cura del malato non ucciderlo. La cura trova nella compassione una delle sue componenti, ma la compassione deriva da “cum-pati”, cioè “soffrire con”. Ciò rimanda al dovere del medico di accompagnare il malato alla morte, non di recare la morte a quest’ultimo, cioè di anticiparla. Inoltre il morire con dignità per il malato non si concretizza mai nel farsi uccidere, perché questa è una ferita profondissima alla dignità personale. Bensì significa rispettare e amare il paziente e il moribondo sempre e comunque, che sia un malato di Alzheimer o un ragazzo con un tumore inguaribile.