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L'APPELLO

I vescovi criticano Marx & co: «Siete in un vicolo cieco»

74 vescovi del mondo, di cui 48 solo statunitensi, scrivono ai vescovi tedeschi per contestare la piega «ideologica e politica» presa dal Sinodo: «Documenti non ispirati da Scrittura e Tradizione, ma da gender ed ideologie. State andando in un vicolo cieco». L'unico italiano a firmare è un vescovo in pensione: il "reggiano" Camisasca. 

Ecclesia 14_04_2022

ll cardinale Carlo Maria Martini la chiamava "la legge di Matteo 18,15ss.", cioè il dovere di ammonire "tra te e lui solo" se "il tuo fratello commette una colpa". In questo senso, la lettera aperta inviata da più di 70 vescovi di tutto il mondo ai vescovi tedeschi è in pieno spirito evangelico perché ha le sembianze di una correzione fraterna.

Al centro dell'appello c'è l'indirizzo assunto dal Cammino Sinodale tedesco e le sue possibili implicazioni sulla Chiesa universale. "Gli eventi in Germania - scrivono i firmatari - ci obbligano a esprimere la nostra crescente preoccupazione per la natura dell'intero processo tedesco del Cammino sinodale e del contenuto di suoi vari documenti". Nella lettera viene sottolineato quanto la storia cristiana sia "disseminata di sforzi ben intenzionati che hanno perso il loro radicamento nella Parola di Dio". Un precedente che si starebbe replicando in Germania dove il Cammino Sinodale rischia di portare la Chiesa ad "un vicolo cieco", scrivono i firmatari.

L'iniziativa è partita da Oltreoceano e vede una netta prevalenza di vescovi statunitensi, ben 48 su 74. Tra i nomi nella lista anche quelli di quattro cardinali: Raymond Leo Burke, George Pell, Wilfred Napier e Francis Arinze. Ma la preoccupazione per la china presa dai lavori del Cammino Sinodale è sicuramente più diffusa nel Collegio cardinalizio e nelle ore successive alla pubblicazione della lettera ci sono stati altri porporati che hanno solidarizzato privatamente con l'iniziativa.

Tra i vescovi dei quattro continenti - e dieci Paesi - si segnala l'alto numero di prelati africani, mentre compare il nome di un solo italiano: monsignor Massimo Camisasca, da poco vescovo emerito di Reggio Emilia e Guastalla. La lettera arriva dopo quella scritta dal presidente della Conferenza episcopale polacca, l’arcivescovo Stanisław Gadecki al suo omologo tedesco, monsignor Georg Bätzing.

Anche in quel caso, il capo dell'episcopato polacco lamentava di osservare "con preoccupazione l’approccio del Cammino sinodale tedesco perseguito finora" perché "guardando i suoi frutti, si può avere l’impressione che la base della riflessione non sia sempre il Vangelo" e chiedeva "di ripetere slogan triti e ritriti e richieste standard come l’abolizione del celibato, il sacerdozio delle donne, la comunione ai divorziati risposati o la benedizione delle coppie dello stesso sesso".

Recriminazioni condivise dai 74 vescovi promotori dell'ultima lettera e che hanno voluto evidenziare come "i documenti del Cammino sinodale sembrano in gran parte non ispirati dalla Scrittura e dalla Tradizione (...) ma dall'analisi sociologica e dalla politica contemporanea, compreso gender ed ideologie". Infatti, secondo i firmatari, i documenti del Cammino voluto dal cardinale Reinhard Marx (in foto) "guardano la Chiesa e la sua missione attraverso la lente del mondo piuttosto che attraverso la lente delle verità rivelate nella Scrittura e l'autorevole Tradizione della Chiesa".

Un mese fa, dopo la lettera di monsignor Gadecki, c'era stata anche la presa di posizione della Conferenza episcopale della Scandinavia che in una missiva agli omologhi tedeschi chiedeva ai vescovi di "rispettare i confini stabiliti da temi che rappresentano aspetti immutabili dell'insegnamento della Chiesa”.

Finora, però, dalla Germania non ci sono stati segnali di ripensamenti come dimostrano le recenti parole dell'uomo forte della Chiesa tedesca, il cardinal Marx, iniziatore del processo sinodale e ancora membro del C6. L'arcivescovo di Monaco e Frisinga, infatti, al giornalista di Stern, David Baum, ha detto a fine marzo che "il catechismo non è fissato nella pietra" e che "si può anche mettere in discussione ciò che dice" sull'omosessualità. Una richiesta analoga a quella precedentemente avanzata da un altro cardinale di peso, il lussemburghese Jean Claude Hollerich, che alla KNA ha dichiarato di ritenere che "il fondamento sociologico-scientifico" dell'insegnamento cattolico sull'omosessualità "non sia più corretto" e "che sia ora di fare una revisione fondamentale della dottrina".

Parole che - analogamente ai contenuti dei documenti del Cammino Sinodale tedesco - hanno fatto saltare sulla sedia diversi cardinali e vescovi in tutto il mondo. Non pochi dei quali hanno preso carta e penna per chiedere alla Congregazione per la dottrina della fede di correggere pubblicamente il presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea. Lo scorso lunedì Papa Francesco ha ricevuto in udienza prima il prefetto dell'ex Sant'Uffizio, il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, e poi lo stesso Hollerich. Entrambi gesuiti ma molto diversi tra loro: ci sarà stata l'occasione di parlare delle numerose richieste giunte a Roma per correggere il porporato lussemburghese che, peraltro, è anche Relatore Generale per il prossimo Sinodo?