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IRAQ

I veri obiettivi di Al Qaeda

Più che puntare a Baghdad i guerriglieri jihadisti dell'Isis puntano a consolidare le loro basi a cavallo fra Siria e Iraq, una vasta area della mezzaluna fertile che fa perno su Deir Ez Zor (Siria orientale). E non è una buona notizia.

Esteri 24_06_2014
Prigionieri dell'Isis

Ma siamo proprio sicuri che l'ISIS stia puntando direttamente su Baghdad? Ad ascoltare le cronache e le analisi che ci vengono proposte i jihadisti del movimento che da una decina di giorni ormai hanno assunto il controllo di Mosul sono a pochi chilometri dalla capitale irachena (la cifra varia un po' avanti indietro a seconda delle giornate e delle fonti). Ma uno sguardo alla carta geografica rivelerebbe un fatto «sensazionale»; e cioè che l'ISIS a settanta chilometri da Baghdad c'è già da gennaio, quando ha aperto il fronte di Falluja. Aggiungendo poi un'occhiata anche ai profili twitter su cui queste formazioni esaltano i loro successi militari, si scoprirebbe anche un altro dato un po' diverso. E cioè che più che avanzare verso la capitale irachena le loro milizie stanno operando in un'altra direzioni: il consolidamento delle posizioni nella parte occidentale della provincia dell'Anbar, quella dei confini con la Siria ma anche con la Giordania.

Non che queste siano buone notizie, ovviamente. Al contrario: è la conferma che l'ISIS è una milizia che si muove con una strategia ben precisa e oggi - più che a lanciarsi a capofitto nella battaglia finale di Baghdad - pensa a mettere radici nell'area a cavallo tra la l'Iraq e la Siria ormai nelle sue mani e che costituisce il nucleo iniziale dell'aspirante califfato. L'altro giorno hanno preso definitivamente il controllo delle città di Qaim, Rawah e Anah che sono le più importanti sulla strada che da Ramadi conduce verso Deir ez Zor in Siria. Con il più classico degli eufemismi l'esercito iracheno ha detto di aver ripiegato con le sue forze verso posizioni migliori. Il che significa che in questo momento a loro interessa difendere Baghdad; tutto quanto c'è a ovest o a nord è dato per perso. Dal punto di vista dell'ISIS, invece, il controllo di quelle tre città è fondamentale per far giungere le armi pesanti di cui è entrata in possesso con la conquista di Mosul sul campo di battaglia che oggi ritiene più importante e cioè quello di Deir ez Zor.

È dalla fine del 2011 che si combatte in questa città della Siria, ma da un anno a questa parte è diventato un conflitto a tre; perché qui - parallelamente alla guerra contro l'esercito di Assad - a scontrarsi tra loro ci sono anche l'ISIS e l'Esercito siriano libero, le milizie siriane ribelli riconosciute dai governi occidentali. A febbraio l'ISIS si era ritirata da questa zona per concentrare le sue forze nella battaglia di Falluja in Iraq. Ma ora - dopo i successi delle ultime settimane – sta spostando di nuovo molta della sua potenza di fuoco su Deir ez Zor, dove ormai l'Esercito siriano libero si trova ormai di fatto accerchiato tra le forze di Assad da una parte e l'ISIS dall'altra. Vale la pena anche di ricordare che Deir ez Zor è il più importante centro petrolifero siriano e che si trova sulla strada che congiunge l'Iraq alla provincia di Raqqa, il capoluogo siriano che già dall'estate scorsa si trova saldamente nelle mani dell'ISIS. Non stupisce - dunque - che l'aspirante califfato oggi punti dritto verso questa città. Ma una sua caduta sarebbe un'altra tragedia immensa per i cristiani d'Oriente: Deir ez Zor, infatti, fu il punto d'arrivo delle marce forzate nel deserto durante il genocidio degli armeni. In migliaia vennero uccisi proprio qui, sulle rive dell'Eufrate. E, nonostante l'immenso dolore per quella tragedia, chi è sopravvissuto ha provato a rinascere proprio a Deir ez Zor. Questa comunità ha fatto diventare le sue chiese l'unico memoriale esistente in Oriente di quel genocidio. Che cosa succederebbe se anche questi luoghi di culto - dopo quelli di Mosul - finissero nelle mani di milizie salafite fanatiche come quelle dell'ISIS?

Non è solo Deir ez Zor - comunque - a destare preoccupazioni nell'avanzata dell'ISIS: ieri tra le altre città della provincia dell'Anbar cadute nelle mani del nascente califfato si è aggiunta anche Rutba, cioè l'ultima città irachena sulla direttrice che collega Baghdad ad Amman. Questo significa che oggi lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante controlla anche la frontiera con la Giordania, l'unico Paese del Medio Oriente rimasto finora fuori dalle turbolenze drammatiche innescate dalla stagione della «primavera araba». Si tratta di un altro fatto molto inquietante. Anche perché - guarda caso - proprio venerdì a Maan, città del sud della Giordania, è spuntata fuori la prima manifestazione a sostegno dell'ISIS in terra giordana. Poche decine di persone, apparentemente isolate. Ma che - abbinate a un nuovo vicino così ingombrante e dichiaratamente ostile - sono suonate come l'ennesimo campanello d'allarme in un Paese già messo a dura prova dalle centinaia di migliaia di profughi siriani e iracheni riversatisi negli ultimi anni entro i suoi confini.