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I veri diritti e il brutto rovescio di Amnesty

Mentre un popolo si raduna al Circo Massimo per dire il suo no al ddl Cirinnà e un sì alla famiglia, qualcuno dice che i diritti sono altri. Innanzitutto quelli di due persone dello stesso sesso di farsi famiglia e adottare figli. Lo ha scritto una associazione che fa della difesa dei diritti la sua bandiera: Amnesty international. 

Editoriali 30_01_2016
Amnesty international arcobaleno

Mentre un popolo si raduna al Circo Massimo per dire il suo no al ddl Cirinnà e un sì alla famiglia, mentre migliaia di persone in Italia, come in Francia con la Manif, o negli Usa con la recente March for life, si dichiarano in difesa dei diritti, specialmente dei bambini, qualcuno dice che i diritti sono altri. Innanzitutto quelli di due persone dello stesso sesso di farsi famiglia e quelle di due persone dello stesso sesso di “avere” figli. 

Lo ha scritto una associazione che fa della difesa dei diritti la sua ragion d’essere: Amnesty international, che ha inviato una missiva ai senatori italiani lo scorso 17 gennaio per ricordare «l’impellente necessità che [il ddl Cirinnà] venga adottato dal Senato». Perché, si sa, Amnesty da tempo persegue il cosiddetto “matrimonio egualitario”, cioè l’estensione di tutto ciò che concerne l’istituto giuridico del matrimonio alle persone lgbt. Questione di diritti, appunto. Dispiace che nella missiva inviata ai senatori non ci sia nessun riferimento diretto o indiretto alla questione delle pratiche disumane della maternità surrogata, ma forse sarà solo un dettaglio sfuggito. Ciò che resta, e che conta, è una questione di riconoscimento di diritti. Egualitari. Indistintamente uguali per tutti, anche per situazioni oggettivamente diverse.

Porsi una domanda su cos’è il diritto ci porterebbe lontano, ma è la domanda che sta al centro di tutto il dibattito che ruota intorno al ddl Cirinnà e oltre. Tuttavia, con semplicità, diciamo che non possiamo dimenticare che il diritto nasce per occuparsi di ciò che è reale, che c’è. Come un bambino, ad esempio. Come il matrimonio tra un uomo e una donna, proprio in quanto possono procreare. Se, invece, il diritto (e i diritti) si occupano di ciò che desidero, si va verso una specie di realtà fabbricata in laboratorio, allora si corrono rischi di deriva. Ma è possibile che tutta la realtà sia retta dalla nuova legge gravitazionale del “love is love?” La marmellata culturale in cui ci è dato di attraversare la nostra esistenza è talmente zuccherosa che stomaca un po’.

Il popolo del Circo Massimo si è auto-convocato perché non gli piace per nulla il ddl Cirinnà, ma il popolo del Circo Massimo chiede che si ricomincino a distinguere i sapori, che si chiamino le cose con il loro nome, che si riconoscano innanzitutto i diritti dei bambini in quanto soggetti deboli, che si ricominci ad educare, che si rispetti la dignità di tutte le persone. Per chi ha fede, il Circo Massimo potrebbe dire che si preghi di più, ci si sacrifichi di più, si ami di più. Caritas in veritate, scriveva Benedetto XVI. Perché l’una, la caritas, senza l’altra, la veritas, e viceversa, proprio non possono stare. Il Circo Massimo dice anche che non tutto passa sotto silenzio, che qualcuno non si è stancato di vigilare, nonostante lo si consideri analfabeta, integralista, o peggio. Se ne sono accorti in tutti i palazzi del potere, e ci devono fare i conti. Non c’è solo Amnesty che parla di diritti.

«Un tempo», scrive il filosofo contadino francese Gustave Thibon, «il cristianesimo dovette lottare contro la natura; oggi dobbiamo lottare per la natura». Quella natura senza la quale ogni dibattito diventa una questione di gusti, ogni diritto diventa mutevole come il vento, e un bambino diventa un prodotto, un utero una macchina qualsiasi, il matrimonio una burla schiava del desiderio. «Non si tratta», scrive ancora Thibon, «di investire ogni individuo di una illusoria e totale indipendenza: si tratta di creare un clima nel quale ogni individuo possa amare gli esseri e le cose da cui dipende». Per natura. Allora anche il diritto potrà essere di nuovo qualcosa che anche un popolo semplice come quello del Circo Massimo comprenderà fino in fondo. Non perché è integralista e ignorante, ma perché sono le cose semplici e reali che danno senso all’esistenza. Come una mamma e un papà.