I siriani in Italia: "HTS uccide ancora, servono corridoi umanitari"
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Prosegue la serie di massacri, rapimenti e saccheggi nella Siria guidata dai jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham. I siriani in Italia hanno manifestato a Roma per sensibilizzare sulla gravità della situazione nel loro Paese d'origine chiedendo la riattivazione di corridoi umanitari. La Nuova Bussola ha raccolto le loro testimonianze.

In seguito ai terribili massacri perpetrati in Siria nelle ultime settimane dalle milizie filogovernative di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), i siriani della diaspora hanno organizzato manifestazioni contro i crimini che hanno colpito in particolare, ma non solo, le minoranze alawite e cristiane. In Germania, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Francia e anche in Iran, Stati Uniti, Brasile, Australia, le comunità siriane hanno chiesto giustizia per le vittime (tra 1100 e 6000, le fonti non sono concordi) passate per le armi nel giro di pochi giorni in madrepatria.
Anche la piccola comunità siriana in Italia (circa 6700 residenti con cittadinanza siriana nel 2024, secondo dati ISTAT, e 3500 rifugiati e 250 richiedenti asilo in seguito alla guerra scoppiata nel 2011, secondo UNHCR) ha manifestato pacificamente a Roma il 22 marzo, in Piazza dei Santi Apostoli, a un tiro di schioppo da Piazza Venezia. A pochi giorni dalla visita alla Farnesina dell'attuale ministro degli esteri siriano, Asad al-Shaibani, dozzine di cittadini siriani di diversa appartenenza religiosa, alawiti, cristiani, sunniti, provenienti da Lazio, Toscana, Abruzzo, si sono raccolte in un sit-in per celebrare la memoria delle vittime dei massacri. La Nuova Bussola Quotidiana ha intervistato alcuni dei partecipanti alla manifestazione per raccogliere le loro opinioni e le richieste che avanzano al governo italiano.
Rami, 32 anni, siriano alawita di Latakia, è tra gli organizzatori della manifestazione. Ci illustra i cartelli con i ritratti delle vittime che i partecipanti hanno portato con sé: «Questi sono tutti alawiti, professionisti, madri di famiglia, autorità religiose, bambini, famiglie intere», spiega Rami mostrandoci un poster con decine di foto di adulti e bambini sorridenti. «Invece questi altri – ci dice indicando un altro cartello – sono tutti medici, infermieri e operatori sanitari, sempre alawiti, che i miliziani di HTS o chi per loro hanno deliberatamente cercato e ucciso villaggio per villaggio». Davanti a tali immagini è naturale chiedersi quale sia la radice profonda dell'odio dei miliziani di HTS nei confronti degli alawiti, al di là dell'appartenenza alla minoranza religiosa della famiglia Assad. Giriamo la domanda a Rami: «Prima di tutto mi faccia dire che la voce secondo cui HTS odia gli alawiti a causa della famiglia Assad è una grande fandonia. Gli Assad hanno perseguitato anche gli alawiti, e non tutti gli alawiti sono pro Assad, anzi. Il famosissimo poeta siriano alawita Adonis, che ha partecipato alle manifestazioni di Parigi contro i massacri di HTS, è stato un noto oppositore degli Assad. Le persecuzioni contro gli alawiti risalgono ai primi secoli dell'islam, anche se la prima fatwa ufficiale (nel diritto islamico, sentenza con valore giuridico, nda) contro gli alawiti fu lanciata da Ibn Taymiyya, un teologo e giurista vissuto tra il XIII e il XIV secolo, sostenitore della jihad e dell'applicazione alla lettera delle norme della shaaria. Come vede, Assad non c'entra niente, l'odio di HTS è quello dei fondamentalisti islamici contro chiunque sia "un infedele" secondo i loro criteri. Ad esempio, nella campagna di Hama hanno ucciso assieme a suo figlio uno sheikh, un religioso alawita di novant'anni molto amato, Shaaban Mansour, un grande benefattore – continua Rami – che ha speso anni per raccogliere fondi e costruire un ospedale, e infine ci è riuscito; era così benvoluto da tutti i siriani che dopo il suo omicidio la sua foto è stata esposta in una chiesa cattolica nella piana di Ghab».
Jafar, sessant'anni, sunnita di Damasco che vive in Abruzzo, sottolinea un'altra questione scottante e avanza una richiesta al nostro Paese: «Abbiamo paura per i nostri familiari rimasti in Siria, costretti a restare in casa per il timore di essere arrestati e uccisi. L'Italia deve assolutamente riattivare i corridoi umanitari per portar via dalla Siria almeno i feriti, gli anziani, i malati; devono essere nuovamente accolte le richieste di protezione internazionale, la situazione è troppo grave e non accenna a finire».
Subito dopo la caduta di Bashar al-Assad la maggioranza dei Paesi europei, Italia compresa, hanno sospeso le domande di asilo e le procedure per l’assegnazione dello status di rifugiato ai cittadini siriani, nel timore di una fuga in massa verso l'Europa. Le Ong che si occupavano del trasferimento dei siriani in Europa attraverso i corridoi umanitari, come la Comunità di Sant'Egidio e Mediterranean Hope, hanno sospeso questo tipo di attività. Nonostante tutto quello che è successo negli ultimi tre mesi di governo di HTS, ora che al-Shaibani ha riscosso la fiducia sia delle istituzioni dell'Unione europea che del ministro Antonio Tajani, l'ipotesi di una rinnovata accettazione delle richieste dei siriani da parte del governo italiano è ancora più improbabile.
Un'altra testimonianza da noi raccolta è quella di un cristiano cattolico di nome Yousef, 25 anni, studente universitario proveniente da Hama. Yousef vive a Roma da cinque anni con la madre Rozette, mentre il papà è rimasto in Siria. Il suo rimpianto è non aver saputo dell'incontro tra Tajani e al-Shaibani in tempo utile per organizzare una manifestazione davanti alla Farnesina. «Lo apprendo da voi in questo momento», ci dice costernato: «Com'è possibile non aver saputo niente?». La risposta è semplice: a parte la Nuova Bussola Quotidiana (vedi il nostro articolo qui) nessuno dei media italiani aveva dato notizia della visita di al-Shaibani a Roma, peraltro confermata da Tajani soltanto la sera precedente, a quanto pare allo scopo di evitare contestazioni e polemiche. Chiediamo a Yousef come sta vivendo la sua comunità cristiana questi terribili momenti. «È un periodo durissimo per noi cristiani: le feste pasquali sono a rischio, già gira voce che HTS vieterà le processioni e addirittura le funzioni in chiesa durante la Settimana Santa», ci dice Yousef. «Non solo noi cattolici, anche gli ortodossi sono in pericolo. Il metropolita greco-ortodosso di Latakia, Athanasios, ha recentemente chiesto aiuto alla Grecia in seguito all'uccisione di diversi fedeli». La preoccupazione principale di Yousef è però per il papà che è rimasto ad Hama, in balia delle milizie filogovernative: le violazioni dei diritti umani infatti continuano. Ancora negli ultimi giorni abbiamo ricevuto notizie di uccisioni "isolate", di rapimenti e saccheggi.
Il 27 marzo, sono stati scoperti venti corpi di persone giustiziate dalle "forze dell'ordine" governative nei villaggi di Snobar e Shamie; altre tre persone sono state uccise ad Harf Msetra e Bistan al-Hammam, nella campagna di Latakia, e tre nel villaggio di Azizie nella campagna di Hama. Una ragazza di sedici anni è stata rapita in centro a Jable e quattro ragazzi fuori Banyas, di cui non si sa più nulla; inoltre furti di telefoni, laptop, portafogli sono all'ordine del giorno a Latakia. L'Osservatorio Siriano per i diritti umani ha parlato di almeno 2300 vittime accertate e di diverse migliaia di dispersi.
Leader di HTS a Bruxelles e Roma, mentre in Siria proseguono i massacri
Oggi Bruxelles ospita una conferenza internazionale sulla Siria. Desta sconcerto la presenza di Ahmed al-Sharaa, mentre nel Paese mediorientale proseguono i massacri di civili. E domani, secondo i media siriani, al-Shaibani sarà a Roma, su invito di Tajani. Imbarazzo alla Farnesina.