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BALCANI

I serbi accolgono Putin come il "loro" presidente

La visita di Vladimir Putin a Belgrado, i numerosi accordi che ha stipulato con il governo serbo e soprattutto la trionfale accoglienza che gli è stata tributata dal popolo (che, invece, ha fischiato il proprio presidente Nikolic) dimostrano soprattutto una cosa: la Serbia preferisce la Russia all'Ue.

Esteri 22_10_2014
Putin e Nikolic

Mentre l’attenzione era focalizzata sugli ultimi preparativi per l’incontro di Milano, che lo avrebbe visto giocare un ruolo di primo piano, Vladimir Putin si trovava a Belgrado per rinsaldare i rapporti con la piccola, ma importante Repubblica di Serbia. Ufficialmente invitato per le celebrazioni dei 70 anni della liberazione di Belgrado dagli occupanti nazisti, egli ha potuto, però, soprattutto promuovere la propria politica e immagine, venendo accolto come un eroe dai molti cittadini accorsi per vederlo dal vivo.

Come da tradizione, la giornata del presidente russo è iniziata tardi, con l’arrivo all’aeroporto Nikola Tesla di Belgrado avvenuto attorno alle 12.15. Assieme al suo omologo serbo Tomislav Nikolić si è poi diretto al memoriale costruito in ricordo dei soldati jugoslavi e sovietici che nel 1944 combatterono assieme per scacciare i tedeschi dalla capitale. Al termine di questa sosta di importanza storica, ma anche politica (quasi a ricordare i risultati che i due paesi riuscirono a raggiungere collaborando), i capi di Stato si sono spostati per iniziare finalmente il meeting vero e proprio. Dopo un veloce scambio di battute con la massima autorità del Paese ospitante, soprattutto sui temi delle tradizioni comuni ai due paesi e delle ottime relazioni bilaterali, Putin ha cambiato interlocutore, incontrando il primo ministro Aleksandar Vučić.

Si è trattato di uno dei momenti chiave della sua visita in Serbia, poiché durante l’incontro fra i due sono stati raggiunti accordi commerciali e militari di notevole importanza. Come infatti ha dichiarato il premier serbo, il presidente russo ha espresso la volontà di permettere ad un certo numero di veicoli Fiat prodotti a Kragujevac di essere esportati direttamente nel suo paese, notizia che rappresenta sicuramente una buona novità sia per l’economia del paese che per l’azienda italiana. Oltre a ciò, è stato messo l’accento anche sul supporto che la Russia intende dare ad alcune realtà industriali serbe in difficoltà, ma soprattutto sul fatto che per Belgrado un approfondimento degli accordi commerciali già esistenti significherebbe assistere ad un vero boom dell’export. Per chiarire questo punto, Putin ha sornionamente ricordato che la sola Mosca sarebbe in grado di consumare tutta la produzione agricola serba, lasciando intendere che per quanto già buona, la posizione di Belgrado nel mercato russo potrebbe migliorare ancora di molto.

Al termine delle consultazioni, i rappresentanti dei due paesi hanno siglato sette accordi bilaterali, fra i quali risalta soprattutto quello in materia militare, poiché si tratta del primo stipulato fra la Serbia (intesa come stato indipendente) e la Federazione Russa. Secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa Bratislav Gašić, la collaborazione sottoscritta dovrebbe favorire la modernizzazione dell’esercito serbo e permettere di rilanciare la storica industria bellica del paese.

Alla fase negoziale è seguita poi la “Marcia dei Vincitori”, la parata organizzata in ricordo del trionfo nella Seconda Guerra Mondiale. Sebbene possa sembrare un fatto di “costume” più che una manifestazione di reale importanza, essa ha dato modo di tastare le opinioni popolari e di comprendere le posizioni dei Presidenti Russo e Serbo sul tema dei rapporti bilaterali. Mentre Nikolić ha rimarcato le ragioni che avvicinano i due paesi, sottolineando soprattutto l’aspetto culturale e religioso ed evitando accuratamente qualsiasi riferimento alla Jugoslavia, Putin si è concentrato maggiormente sul tema storico, che gli ha permesso, seppur in maniera indiretta, di fare anche dei riferimenti al presente e ha concluso celebrando la fratellanza con la Serbia. Gli spettatori presenti, nonostante il maltempo e la location inadatta, hanno accolto con qualche fischio il proprio capo di Stato, riservandogli ben pochi applausi. Diverso è stato il comportamento quando a parlare è salito il presidente russo, accolto con grida di gioia e striscioni.

E’ chiaro, quindi, che in un momento difficile per il paese sia dal punto di vista economico che da quello politico, i serbi vedono in Putin una sorta di garanzia per la loro indipendenza ed integrità, soprattutto perché egli, nonostante la crisi Ucraina, resta l’ultimo leader a non voler riconoscere l’autoproclamata indipendenza del Kosovo, un tema reso ancor più sentito in questi giorni di crisi politica con l’Albania. Tale aspetto dovrebbe preoccupare soprattutto la Ue, perché è facile constatare che larghe fasce della popolazione (sia residente in patria che parte della diaspora all’estero) preferiscano Mosca a Bruxelles. L’opinione più diffusa, infatti, è che la Russia sia una potenza culturalmente vicina che, sebbene intenta a perseguire i propri interessi nei Balcani (in parte coincidenti con quelli di Belgrado), sia disposta a dare più di ciò che chiede. Al contrario, l’Unione Europea viene percepita come un organismo ostile, che impone sacrifici insopportabili (come la rinuncia al Kosovo e l’imposizione di sanzioni a Mosca) e che raramente prende posizione a favore della Serbia.