I russi intervengono in Siria pensando al Caucaso
I russi stanno aumentando la loro presenza nella Siria occidentale, anche con mezzi di terra. Potrebbe essere il preludio di un intervento più ampio. L'obiettivo principale di Mosca è quello di proteggere le basi nel Mediterraneo e salvare il regime di Assad. Ma c'è un altro motivo: la crescita della jihad caucasica.
Benché Mosca abbia più volte ripetuto che le truppe inviate in Siria non sono “per ora” impegnate in combattimento, ma hanno solo compiti di consulenza e addestramento delle forze di Damasco, il sito israeliano Debka.com, vicino all’intelligence di Gerusalemme, ha reso noto che sono state raccolte informazioni dettagliate e testimonianze circa almeno un episodio bellico che ha visto coinvolte le forze di Mosca.
I sistemi di intelligence israeliani avrebbero infatti registrato mercoledì 16 settembre, sull’autostrada 4 tra Homs e Aleppo, emissioni ad alta frequenza attribuibili ai sistemi di comunicazione di un veicolo R-166-0.5 (blindato a 6 ruote modificato come stazione mobile per le comunicazioni) affiancato dai nuovi mezzi da combattimento russi BTR-82 sbarcati due settimane or sono a Latakya e in dotazione alla Fanteria di Marina di Mosca che pare schieri un battaglione con 500 uomini in Siria insieme a unità di forze speciali (Spetsnaz).
I sistemi di comunicazione utilizzati dal veicolo R-166-0.5 consentono il collegamento con il nuovo comando militare russo istituito all’aeroporto di Latakya e permettono di ricevere e scambiare files, immagini e informazioni con altri mezzi terrestri e aerei inclusi i velivoli teleguidati come gli Orlan-10 e Eleron-3SV, mini-droni tattici che i russi hanno sbarcato recentemente in Siria. La presenza di questi veicoli sottintende che i russi stiano impiegando in battaglia un nutrito contingente militare, anche se non si può escludere che il mezzo venga impiegato dai consiglieri militari russi che affiancano gli alleati siriani.
Di certo i militari russi vengono segnalati da più fonti nei due settori strategici più delicati per il regime di Assad. Il primo è l’entroterra di Latakya dove i jihadisti dell’Esercito della Conquista minacciano di sfondare le linee difensive lealiste sulle colline per dilagare nella fascia costiera abitata da sciiti-alawiti, incluso il clan di Bashar Assad. Il secondo è l’Autostrada 4 dove le offensive dello Stato Islamico minacciano di tagliare l’importante via di comunicazione. Se riuscissero a prenderne il controllo, gli uomini del Califfato minaccerebbero Aleppo e interromperebbero la continuità territoriale dei territori ancora controllati dal regime che si estendono da sud di Damasco fino a Latakya.
Separando la fascia costiera da Damasco, l’Isis otterrebbe un grande successo strategico indebolendo ulteriormente lo schieramento governativo. Per questo l’intervento russo potrebbe fare la differenza stabilizzando i due fronti più delicati. Non è forse un caso che in concomitanza con la segnalata presenza di militari russi sull’Autostrada 4 le forze aeree siriane abbiano lanciato almeno 25 raid aerei contro l’Isis a Palmira.
Il piano russo di forniture di truppe e mezzi a Damasco sembra essere strettamente coordinato con l’Iran, come dimostra anche la visita a Mosca, la scorsa settimana, del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza al-Quds (per le operazioni all’estero) dei Guardiani della Rivoluzione iraniana. Come fa notare Debka.com, si tratta della seconda visita di Suleimani a Mosca da aprile ma questa volta il generale dei pasdaran (di casa a Damasco e Baghdad) ha incontrato il consigliere nazionale per la sicurezza Nikolai Patrushev e alcuni generali coinvolti nel supporto alle forze siriane.
Le armi russe in afflusso in Siria (a Latakya è in costruzione una base in grado di ospitare un migliaio di soldati) sembrano includere anche carri armarti T-90, elicotteri da attacco MI-28 (forniti anche all’Iraq per la guerra all’Isis) e probabilmente cacciabombardieri Mig29 e intercettori Mig31. Se per l’Iran il conflitto siriano rientra nell’ampio confronto con le monarchie del Golfo e nell’aspro conflitto tra sciiti e sunniti, per Mosca l’intervento militare in Siria, anche con i cosiddetti “boots on the ground”, è reso necessario non solo dalla salvaguardia dell’alleato Assad e degli interessi globali di Mosca, ma forse anche dalla consapevolezza che dopo la Siria i jihadisti si butterebbero sul Caucaso russo e sulle repubbliche asiatiche ex sovietiche.
I servizi di sicurezza russi (FSB) valutano che siano circa 2.400 i cittadini di nazionalità russa che combattono tra le fila dello Stato islamico. Lo ha reso noto il numero 2 dell’FSB Serghei Smirnov, a margine di un vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai in corso a Tashkent (Uzbekistan). La guerra di Mosca in Siria è anche un po’ una “guerra tra russi”.