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IL CONFLITTO DIMENTICATO

I russi avanzano, Ucraina al bivio: ritirata o sconfitta

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Nonostante l'operazione di maquillage mediatico, come l'enfasi sull'abbattimento della nave da trasporto russa in Crimea, è ormai evidente che Mosca sta ottenendo il pieno controllo nel Donetsk. Con gli aiuti occidentali ridotti al lumicino, Zelensky deve decidere se ritirarsi su postazioni meglio difendibili.

Attualità 29_12_2023

Mentre gli Stati Uniti inviano a Kiev l’ultimo (mini) pacchetto di aiuti militari per appena 250 milioni di dollari contenente munizioni d’artiglieria, razzi e missili antiaerei e anticarro crescono le difficoltà ucraine sui campi di battaglia progressivamente con l’aumento delle perdite nella fallimentare controffensiva (costata secondo alcune fonti 155 mila morti e feriti all’esercito di Kiev) e il calo degli aiuti occidentali ormai ridotti al lumicino.

Per far fronte al blocco dei fondi per l’Ucraina decretato dal Congresso a maggioranza repubblicana, l’Amministrazione Biden avrebbe proposto al G7 di confiscare asset finanziari russi posti sotto sequestro per 300 miliardi di dollari. Denaro già congelato che Washington vorrebbe dare all’Ucraina. Lo scrive il Financial Times, secondo il quale l'argomento sarebbe già stato discusso nell'ultima riunione dei ministri delle Finanze del G7. 

Un tema spinoso che rischia di avere conseguenze catastrofiche per l’economia di USA ed Europa poiché nessun investitore straniero sarà disposto a impegnare miliardi in Occidente se in caso di crisi politica i propri investimenti possono venire sottratti e poi ceduti ad altri. Il tutto in barba al diritto internazionale che prevede in tali casi il congelamento dei fondi ma non di sovvertirne la proprietà. Una simile decisione minaccia quindi di far fuggire gli investitori stranieri dall’Occidente e sembra dettata dalla disperazione.

Sul campo di battaglia la sera del 25 dicembre le forze russe hanno reso noto di aver assunto il pieno controllo di Marinka, caposaldo ucraino nella regione di Donetsk pesantemente fortificato: da lì dal 2014 l’artiglieria di Kiev bersagliava la città di Donetsk in mano ai secessionisti e oggi annessa alla Federazione Russa. «L’insediamento di Marynka è stato completamente liberato», ha detto il ministro della Difesa Sergey Shoigu al leader russo Vladimir Putin durante un briefing. Shoigu ha dichiarato che con la presa della città sarà possibile proteggere più efficacemente Donetsk dal fuoco delle forze armate ucraine. 

La caduta di Marynka, dopo quella delle piazzeforti ucraine di Soledar (in gennaio) e Bakhmut (in maggio), rafforza le posizioni russe nella regione di Donetsk, era stata inizialmente negata dall’Ucraina che dopo il fallimento della controffensiva ha crescenti difficoltà ad occultare i rovesci militari all’opinione pubblica e agli alleati occidentali. «Le battaglie per Marynka continuano, attualmente i nostri militari sono nei confini amministrativi di Marynka. Ma la città è stata completamente distrutta. Non è corretto parlare della completa cattura di Maryinka», aveva dichiarato Oleksandr Shtupun, un portavoce dell’esercito ucraino, la sera del 25 dicembre. Il giorno successivo invece il capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, generale Valery Zaluzhny, ha ammesso il ritiro dalla città.

Nelle 24 ore intercorse tra la negazione e l’ammissione della sconfitta a Marynka, gli ucraini hanno allestito un’operazione di maquillage mediatico tesa a ridurre l’impatto della vittoria russa. Il “diversivo” è stato costituito dall’attacco missilistico effettuato con aerei Sukhoi Su-24M armati di missili da crociera SCALP/Storm Shadow che ha colpito e distrutto la nave da trasporto e operazioni anfibie da 4mila tonnellate Novocherkassk nel porto di Feodosia, in Crimea.

La nave varata nel 1987 veniva utilizzata per compiti di trasporto. Secondo gli ucraini era carica di munizioni e droni iraniani e Mosca ne ha ammesso il danneggiamento ma le immagini diffuse sembrano escludere la possibilità di riparazioni. Così gli ucraini hanno esaltato il successo ostentandolo mentre i russi hanno ridimensionato la distruzione della nave. Le autorità della Crimea hanno minacciato di perseguire i testimoni oculari che hanno diffuso foto e video dell’incendio nel porto precisando che «le ostilità sono in corso, di tanto in tanto il nemico colpisce la Crimea. Ci sono raid e successi».

Il 4 novembre scorso gli stessi missili e aerei ucraini avevano danneggiato la corvetta Askold nei cantieri navali di Kerch ma tali attacchi con i missili forniti da Francia e Gran Bretagna hanno un valore simbolico ma non influiscono sulle operazioni militari. Certo la Flotta russa del Mar Nero viene indebolita ma quella ucraina è ormai inesistente e non può certo assumere il controllo del mare.   

«La flotta russa è diventata più piccola», ha dichiarato il comandante dell’aviazione Ucraina Mykola Oleschuk, in un post pubblicato su Telegram. «Sono già emerse foto in cui della nave è rimasto solo uno scheletro, tutto il resto è stato bruciato», gli ha fatto eco il portavoce delle forze aeree ucraine, Yurii Ihnat. Il presidente Volodymyr Zelenmsky ha ringraziato l’Aeronautica per il successo conseguito.

In aiuto alla propaganda ucraina è giunto il ministro della Difesa britannico Grant Shapps, con un post su X. «Quest’ultimo danno subito della marina di Putin dimostra che coloro che credono che ci sia una situazione di stallo nella guerra in Ucraina si sbagliano! Non si sono accorti che negli ultimi 4 mesi il 20% della flotta russa del Mar Nero è stata distrutta».

Non una parola sulla caduta di Marynka. Mobilitati anche i media: in Italia quasi tutti i grandi quotidiani, sui siti e nell’edizione cartacea, evidenziavano l’attacco ucraino alla nave ignorando la vittoria russa sul campo di battaglia. Un “film” già visto in maggio quando Bakhmut cadde in mano ai contractor russi della Wagner e molti media in Italia neppure diedero la notizia. 

Il ministro della Difesa britannico Shapps ha ragione, non si può parlare di stallo nel conflitto in Ucraina ma non per la distruzione di una nave da trasporto russa nel porto di Feodosia, ma perché lungo quasi tutto il fronte i russi hanno assunto da molte settimane l’iniziativa e registrano progressi lenti ma costanti.

I russi avanzano a ovest di Marynka verso Kurakovo, da Bakhmut verso Chasyv Yar: anche Avdiivka, la città del Donbass più fortificata dagli ucraini, è ormai perduta e i militari vorrebbero evacuarla prima di restare accerchiati. A ovest di Soledar i russi puntano su Siversk, più a nord sono avanzati ancora verso Kupyansk imponendo agli ucraini di ritirarsi dall’area di Sinkovka mentre a sud le postazioni espugnate a prezzo di tante vite dagli ucraini durante la controffensiva sul fronte di Zaporizhia vengono riconquistate dai russi nei settori di Vuledar e Orekhov.

Esaurita la spinta della fallita controffensiva le truppe ucraine perdono terreno quasi ovunque facendo i conti anche con carenze di armi e munizioni ma anche di truppe con il controverso e impopolare programma per arruolare 500 mila nuove reclute. Il bollettino dello stato maggiore ucraino sottolineava il 26 dicembre che «il nemico utilizza attivamente aerei tattici e droni, effettuando operazioni d’assalto con il supporto di veicoli corazzati» e che «il numero degli attacchi di artiglieria è aumentato» negli ultimi giorni. «La situazione operativa nell’Ucraina orientale e meridionale rimane difficile».

Nel sud del Paese, nota in particolare lo stato maggiore, «gli occupanti non rinunciano all’intenzione di scacciare le unità ucraine dalle loro posizioni sulla riva sinistra del Dnepr». Qui i marines ucraini sbarcati sulla sponda est del Dnepr sono stati inutilmente sacrificati per dimostrare che Kiev continua a cercare riconquistare i territori perduti: ma non ha alcuna speranza di farlo per l’impossibilità di portare oltre il fiume ingenti quantità di armi, truppe e mezzi e per l’assenza di una copertura aerea.

Sul fronte meridionale nei giorni scorsi gli ucraini sono riusciti ad abbattere 3 bombardieri russi Sukhoi Su-34, un successo che non compensa le disastrose perdite subite dalle flotte di velivoli da combattimento ucraini Mig 29, Su-27, Su-24 e Su-25, decimati nei mesi della controffensiva ucraina (giugno-novembre) con 37 abbattimenti rivendicati da Mosca ma non negati da Kiev solo tra inizio ottobre e inizio novembre.

La carenza di aerei ucraini trova del resto conferma nelle frenetiche iniziative ucraine e anglo-americane tese a reperire sul mercato velivoli di tipo russo/sovietico di seconda mano (pressioni sarebbero state effettuate, per ora invano, su Malesia e Perù che dispongono di caccia Mig 29) e nelle sempre più frequenti notizie di un più rapido dispiegamento di F-16 occidentali in Ucraina.

Il conflitto quindi non è in stallo ma se gli ucraini vogliono stabilizzare il fronte dovranno decidere in tempi brevi di ritirarsi su postazioni meglio difendibili e su linee difensive più corte per compensare la carenza di truppe, armi e munizioni. Esattamente quello che fecero i russi nel settembre/novembre 2022 cedendo territori nelle regioni di Karkhiv e Kherson, preservando le proprie forze in attesa di rinforzi.

Una ritirata strategica finora vietata dal presidente Volodymyr Zelensky, convinto che cedere terreno contribuisca a demotivare i già stanchi alleati occidentali dal continuare ad aiutare l’Ucraina.