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IL CASO ROMA

I poteri parassiti e i loro ricatti contro la Raggi

Quanto sta accadendo a Roma a Virginia Raggi, sindaco della città, allunga ombre oscure sulla democrazia italiana. Perché appare chiaro che il vecchio blocco di interessi parassitari che finora ha governato la capitale si è mobilitato con ogni mezzo per impedire alla nuova giunta di governare. 

LEI SI DIVERTE CON LE NOZZE GAY  di M. Guerra

Editoriali 18_09_2016
Virginia Raggi, sindaco di Roma

Forti del fatto di aver sempre espresso riserve sul Movimento 5 Stelle, denunciando tra l’altro la sua prossimità alla cultura e al progetto politico del primo fascismo (quello cosiddetto “sansepolcrista”), possiamo dire in tutta libertà che quanto sta accadendo a Roma a Virginia Raggi, sindaco o sindaca della città, allunga ombre oscure sulla democrazia italiana. 

Candidata dal Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi è stata eletta sindaco della città con un’amplissima maggioranza (770 564 voti, pari al 67,15% dei votanti). Ha quindi più che mai il diritto e il dovere di governare. Entrata in carica, la nuova sindaca si è trovata però di fronte a un tale muro, sia interno sia esterno al suo partito, da non riuscire nemmeno a completare la sua giunta.

Nata nel 1978, Virginia Raggi è perciò il più giovane sindaco di Roma della storia, e la prima donna a ricoprire tale carica. Si tratta di una persona giovane, non molto esperta e un po’ improbabile come sindaco di Roma, ma è evidente che gli elettori l’hanno scelta proprio per questo: per fare un gesto di rottura nei confronti del blocco parassitario di costruttori, di immobiliaristi e di potenti appaltatori e fornitori che prospera a spese dell’amministrazione comunale della città, un ente non a caso in dissesto con debiti per oltre 13,6 miliardi di euro, pari cioè al doppio del suo bilancio annuale. 

Guardando, al di là dei dettagli della cronaca di ogni giorno, alla sostanza delle cose, da tutto ciò che è accaduto da allora ad oggi appare chiaro che tale blocco di interessi si è mobilitato con ogni mezzo per impedire alla nuova giunta di governare. Obiettivo: provocarne la crisi e giungere così a nuove elezioni. Insediata dallo scorso 7 luglio, Virginia Raggi non è finora riuscita a nominare né l’assessore al Bilancio, né il suo capo di gabinetto. I designati vengono puntualmente abbattuti grazie a manovre varie, compresa se necessario la tempestiva comparsa di “dossier” non di rado evanescenti. È un attacco che lascia stupefatti per la quantità delle leve che vengono tirate, per la diversità degli ambienti coinvolti e per la varietà dei mezzi impiegati, che vanno dalla puntuale diffusione di voci calunniose alle altrettanto puntuali fughe di notizie ufficiali: una testimonianza insieme cupa e lampante della forza e della complice coesione di tale blocco di interessi parassitari, la cui capacità d’influenza è “trasversale” in modo davvero straordinario.

La proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso, se di goccia si può parlare, è il “no” alla candidatura di Roma quale sede delle Olimpiadi del 2024. Una candidatura contro la quale i 5 Stelle e Virginia Raggi, diversamente dal Pd e da Matteo Renzi, si erano schierati in modo inequivocabile. Votando in massa per Virginia Raggi gli elettori avevano evidentemente dimostrato di apprezzare tale scelta, che invece per il blocco di interessi di cui si diceva sarebbe ulteriore cacio sui maccheroni. É perciò tanto sintomatico quanto impressionante che in questi giorni, tramite giornali e telegiornali amici, da questo blocco di interessi parassitari vengano fatti filtrare segnali di disponibilità verso Virginia Raggi a fronte di un eventuale “ammorbidimento” sulla questione delle Olimpiadi.  

Ciò appare tanto più vergognoso se si considera che, grazie alla forza di attrazione alla scala  planetaria del suo straordinario patrimonio monumentale e al fatto di essere sede del Papato, Roma potrebbe diventare un grande motore di sviluppo dell’intera Italia peninsulare. Invece vive consumando risorse (attinte dallo Stato per lo più dall’Italia del Nord) che altrimenti si potrebbero investire in modo produttivo. Tra l’altro, dal 2010, col nuovo nome di Roma Capitale, è divenuta un ente a statuto speciale. In forza di tale sua particolare autonomia ha competenze di cui nessun altro comune italiano dispone in materia di: valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali; sviluppo e sociale della città con particolare riferimento al settore produttivo e turistico; sviluppo urbano e pianificazione territoriale; edilizia pubblica e privata; organizzazione e funzionamento dei servizi urbani e di collegamento con i comuni limitrofi, con particolare riferimento al trasporto pubblico e alla mobilità. 

Sono poteri che può esercitare su un territorio, oltre 1285 chilometri quadri, più vasto di quello della provincia di Varese (1198 chilometri quadri), e pari a  circa sette volte quello di Milano (181,67 chilometri quadri).  Avrebbe quindi tutti gli strumenti per diventare non più un peso ma una risorsa per il resto del Paese. È dubbio che un sindaco e una giunta del Movimento 5 Stelle bastino a farle cambiare strada, ma l’entità della resistenza “subacquea” che sta incontrando Virginia Raggi solo perché ha l’aria di voler fare sul serio, anche al di là del fatto che sia in grado o meno di riuscirci, la dice lunga sulla gravità della situazione.