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IL REFERENDUM

I nascituri o l’aborto, San Marino vota sul suo futuro

Urne aperte dalle 7 alle 20 per gli elettori della Repubblica di San Marino, chiamati a decidere se depenalizzare l’aborto o continuare a difendere, tra i pochi in Europa, il diritto alla vita dei nascituri. Occhi puntati dei media internazionali. Si invoca l’autodeterminazione della donna nel fronte del “sì”, mentre i sostenitori del “no” puntano ad aiutare sia i bambini che le mamme.

Vita e bioetica 26_09_2021

Oggi la Repubblica di San Marino è chiamata a dire se vuole depenalizzare l’aborto (le cui norme di riferimento sono contenute negli articoli 153-154 del Codice penale) oppure continuare a difendere il diritto alla vita dei nascituri. Le urne saranno aperte dalle 7 alle 20, e lo spoglio dovrebbe iniziare subito dopo la chiusura dei seggi. La popolazione con diritto di voto supera le 35 mila persone (22.970 elettori interni, 12.441 esteri). Non è previsto quorum, e di conseguenza sarà la maggioranza semplice dei voti a determinare l’esito. Il quesito referendario è il seguente: «Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?».

La proposta soggetta a referendum risente della vicinanza geografica e culturale dell’Italia, viste diverse somiglianze di carattere generale con la Legge 194/1978 (aborto libero entro 90 giorni di gravidanza). Rispetto alla normativa italiana, il quesito sammarinese risulta perfino più radicale, nel passaggio in cui prevede una possibilità di abortire senza alcun limite temporale («...anche successivamente»), cioè potenzialmente perfino al nono mese, non solo qualora vi sia un pericolo di vita per la donna (come nella 194) ma anche per presunte «anomalie e malformazioni» del nascituro (la 194 non contempla invece tali ragioni «quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto» fuori dal grembo materno, circostanza che grazie ai progressi della medicina è ormai possibile anche prima delle 20 settimane di gestazione).

Come avviene di norma per le battaglie che ruotano attorno alla vita umana, la campagna referendaria ha avuto toni accesi. Molti manifesti del fronte del “no” sono stati strappati o imbrattati. Nel fronte del “sì” all’aborto hanno prevalso temi cari al femminismo vecchio stampo, la “libertà di scelta” della donna, l’autodeterminazione, si è evocata l’accusa alla Repubblica di essere “medievale” e legata a una “cristianità arcaica”. Il referendum propositivo, fissato a seguito della raccolta di quasi tremila firme valide (quasi tre volte il numero minimo richiesto), arriva dopo un’escalation di tentativi iniziati nel 2003 e fin qui sempre naufragati. L’esito della consultazione odierna, comunque, è incerto. L’Unione Donne Sammarinesi, promotrice del referendum, lamenta la mancanza di volontà della maggioranza dei partiti politici di introdurre l’aborto nel piccolo Stato, le cui cittadine che vogliono abortire vanno principalmente nella confinante Emilia Romagna e in secondo luogo nelle Marche. «La politica ha detto: “Andate fuori, la legge c’è in Italia”. Per noi è però una prestazione a pagamento. L’ipocrisia è il mandare le donne ad arrangiarsi fuori dai confini. Le donne devono essere tutelate dal proprio stato e non criminalizzate», afferma l’esponente di Uds, Karen Pruccoli, come riporta Vanity Fair.

La politica è spaccata, anche trasversalmente alle coalizioni, visto che, tra la maggioranza parlamentare, il Movimento Civico Rete parteggia per il “sì” insieme a Psd, Ms-Smi e al partito di opposizione Libera San Marino, mentre per il “no” è schierato il Partito Democratico Cristiano Sammarinese (anch’esso di maggioranza), sebbene alcuni esponenti di quest’ultimo abbiano deluso le aspettative pro vita. Altri partiti hanno lasciato libertà di voto. Il referendum - unito al fatto che San Marino, in modo simile ad altri piccoli Stati (come Andorra, Liechtenstein e Malta, dove ci sono eccezioni per la vita e la salute della donna), sia una delle poche realtà che vieta oggi l’aborto in Europa - ha attratto l’interesse di svariati media internazionali, dall’Associated Press a Euronews, dalla Reuters al Guardian: il clima mediatico dominante è, anche stavolta, pro aborto.

D’altra parte, il Comitato Uno di Noi, presentando il 20 settembre i dati dell’Istat sugli aborti praticati nelle province di Rimini, Forlì-Cesena e Pesaro-Urbino, nel 2005-2019, e richiesti da donne residenti nella Repubblica di San Marino, ha fatto vedere come nel periodo considerato i suddetti aborti siano stati all’incirca una ventina l’anno, spesso meno (a parte il picco di 30 nel 2013), con una diminuzione consistente nell’ultimo biennio per cui si hanno dati ufficiali, ossia: 12 nel 2018, 7 nel 2019.

Anche alla luce di questi numeri esigui, dietro i quali bisogna però sempre ricordare che ci sono delle vite di bambini, tra i sostenitori del “no” all’aborto c’è chi ha sottolineato come il comitato promotore del referendum voglia piantare una bandierina ideologica e che non si possa escludere, vista la genericità del quesito referendario, che una vittoria del “sì” apra la Repubblica di San Marino al turismo abortivo. I pro vita insistono anche sul pericolo che l’autodeterminazione della donna, slegata dalla verità della creatura che porta nel grembo e sulla cui scelta nulla potrebbe opporre nemmeno il padre del nascituro, influisca negativamente sulle relazioni familiari e tolga alla comunità molti dei margini che ha per aiutarla e sostenerla nel percorso della gravidanza. E in questo senso sia il Comitato Uno di Noi sia la Consulta delle aggregazioni laicali hanno assicurato il loro impegno ad aiutare tanto i bambini a nascere quanto le loro mamme. Il tutto visto con favore dalla Chiesa locale, che non ha mancato in settimana di promuovere preghiere per la vita nascente. Dopo le 20 ne sapremo di più.