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LA VIOLENZA ANTI-RELIGIOSA DEI CARTELLI

I Narcos perseguitano la Chiesa per controllare il Messico

In un Paese, quale il Messico, in cui si registrano 100 morti al giorno per crimini violenti, i sacerdoti sono diventati un bersaglio assiduo per i killer dei narcos. Dal 2012 sono stati assassinati 27 sacerdoti e molti di più sono stati torturati o intimiditi, come rileva Aiuto alla Chiesa che Soffre. Non si tratta di episodi isolati, ma di un vero e proprio sistema di oppressione ai danni della Chiesa, in cui anche le omelie e le lezioni di catechismo sono controllate da infiltrati. I preti che denunciano il crimine vengono eliminati. La persecuzione dei cristiani in Messico sfugge ai più, perché non è dovuta all'estremismo religioso o all'ideologia politica, bensì dalla criminalità organizzata. Non per questo è meno grave. 

Libertà religiosa 14_09_2019
I funerali di don José Martín Guzmán Vega

Erano le 22:00 di giovedì 22 agosto, quando si sono sentite le grida del padre José Martín Guzmán Vega dall’interno della parrocchia Cristo Rey de La Paz, a Matamoros (Tamaulipas), proprio al confine con gli Stati Uniti. I vicini che accorsero alla sua richiesta di aiuto lo trovarono gravemente ferito da colpi di coltello e lo trasferirono all’ospedale della città, ma era troppo tardi. Pochi minuti dopo fu dichiarata la sua morte.

“I sacerdoti sono nel mirino del crimine organizzato in Messico”. Come presagio fatale, era stato annunciato dal Centro Cattolico Multimediale del Messico (CCM) la domenica prima dell'omicidio, attraverso un editoriale che ricordava le dure minacce e le intimidazioni sofferte dai sacerdoti della nazione centroamericana. In un paese in cui le cifre ufficiali confermano una media di 100 morti al giorno per crimini violenti, “la Chiesa non è immune e non può dire di essere al sicuro”, si legge nel testo del CCM. “Prima (la Chiesa) era rispettata, si manifestava un certo timore di Dio e si lasciavano i recinti sacri in pace, nessun sacerdote poteva essere toccato per la dignità che rappresentava; ma lo stile di vita e, a volte la predicazione, li rendono un bersaglio del crimine”, sottolineava l'editoriale.

Il Messico è uno dei paesi più pericolosi in cui esercitare il sacerdozio. Tutto ciò è confermato dalle statistiche del CCM: “Negli ultimi sei anni, dal 2012 fino al 2018, sono stati uccisi ventisei sacerdoti e si sa poco sull'esito delle indagini. Questo è preoccupante poiché, nella nuova fase politica del Messico, l'impunità è ancora dilagante. E non solo, questo aggrava la situazione delle famiglie delle vittime, delle migliaia di cittadini che hanno subito sulla loro pelle la violenza disumana, senza che nessuno fosse in grado di rendere la giustizia efficace”, ha affermato il CCM.

La scia di sangue sembra non fermarsi. Lo scorso marzo, la diocesi di Tula ha registrato l'aggressione di un prete che è stato picchiato da presunti sicari, perché la sua predicazione ha sconvolto i criminali della zona. L'11 aprile, l'arcidiocesi di Puebla ha confermato che Don Ambrosio Arellano Espinoza, di 78 anni, sarebbe stato “ricoverato al pronto soccorso”, con “ustioni di secondo grado su mani e piedi”, dopo essere stato vittima di torture in un presunto tentativo di furto. La notte del 22 luglio un tassista di Cuernavaca è morto quando il suo passeggero, il prete Juvenal Candía Mosso, è stato attaccato a colpi di arma da fuoco. A Veracruz, la stampa locale ha confermato che i sacerdoti di Pánuco (diocesi di Tuxpan) hanno smesso di svolgere il loro lavoro pastorale a causa delle minacce dei criminali locali. E, più recentemente, l'Arcidiocesi di San Luis Potosí ha invitato i suoi presbiteri a rispettare protocolli di sicurezza, dopo che un prete della stessa giurisdizione era stato pesantemente aggredito.

La Chiesa messicana è vittima di persecuzione religiosa? “Sì, in Messico l'estremismo e l'oppressione derivano dall'azione della criminalità locale, dalla criminalità del cartello”, ha detto alla Nuova BQ il direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia (ACS Italia), Alessandro Monteduro. “Nel mondo siamo conosciuti per affrontare la persecuzione religiosa, ma quella figlia dell'estremismo religioso, dell'estremismo islamista, dell'estremismo induista, per esempio in India. In Messico, il discorso è completamente diverso”, ha detto. Si rammarica che il Messico non sia considerato tra i paesi che soffrono di persecuzione religiosa, a causa delle gravi difficoltà che esistono in Medio Oriente.

Ma lo scopo della violenza “è mettere a tacere la Chiesa”, ha affermato padre Hugo Valdemar Romero, ex portavoce dell'Arcidiocesi del Messico, nella sua rubrica Tra il cielo e la terra, pubblicata lo scorso 8 aprile nel Diario Contra Replica. “Ci sono popolazioni in cui il crimine organizzato è giunto a controllare assiduamente l'attività dei parroci, usano spie per controllare le messe, in particolare le omelie, in cui i preti non possono denunciare le loro attività illegali. Non hanno la libertà di parlare chiaramente dell'immoralità delle loro attività e della corruzione del tessuto sociale”, ha detto. Inoltre, ha denunciato che i criminali messicani hanno perfino “bambini spia” per riferire ciò che viene insegnato nel catechismo.

E non è un fenomeno passeggero, ha spiegato padre Omar Sotelo, direttore del CCM, in una conferenza stampa convocata per parlare di violenza contro i sacerdoti in Messico. Ha avvertito che queste aggressioni non sono “reati di scarso impatto” né sono conseguenza della “violenza domestica”, poiché ritiene che la persecuzione subita dal clero messicano abbia la pretesa di “destabilizzare la comunità”. “Le popolazioni sono in balia di una situazione di terrore, silenzio, corruzione”, ha detto.

Di fronte a tanti atti di violenza, il direttore di ACS Italia invita i messicani a sostenere i loro sacerdoti. “Hanno dimostrato di essere sempre più vicini al popolo, ai fedeli stessi, ora sono i fedeli che devono sostenere la Chiesa stessa”, ha sottolineato Monteduro e ha confermato che la fondazione pontificia ACS è presente con un ufficio a Città del Messico e ha consegnato 250.000 euro in progetti a sostegno del clero messicano.