I marmorari che si rifiutarono di scolpire Cesare
Coronati dal lauro del martirio: questo fu il destino che accomunò Sinforiano, Claudio, Nicostrato e Castorio, quattro marmorari che, a dispetto dell’ordine dell’imperatore Diocleziano, si rifiutarono di scolpire l’effigie di un dio pagano, affermando, così, la loro fede cristiana. A loro è intitolato un complesso monastico che sorge a Roma nel rione del Celio.
Coronati dal lauro del martirio: questo fu il destino che accomunò Sinforiano, Claudio, Nicostrato e Castorio, quattro marmorari che, a dispetto dell’ordine dell’imperatore Diocleziano, si rifiutarono di scolpire l’effigie di un dio pagano, affermando, così, la loro fede cristiana. A loro è intitolato un complesso monastico che sorge a Roma nel rione del Celio, sulle pendici settentrionali dell’omonimo colle: la sua origine è da fare risalire al IV secolo e all’insediamento, all’interno di una villa patrizia di età tardoantica, di una domus ecclesiae che papa Onorio I, tre secoli più tardi, trasformò nella chiesa dei quattro Martiri.
Molti furono i rifacimenti, le distruzioni, le modifiche di destinazione di uso nel corso del tempo: nel IX secolo Leone IV aggiunse alla basilica paleocristiana un quadriportico, una torre e una cripta; Roberto il Guiscardo, nel 1084 appiccò un incendio all’edificio che Paolo II provvide a ricostruire, cambiandone, però, orientamento. E se, dopo la cattività avignonese, Martino V elesse il complesso a sede pontificia, nel 1564 lo stesso luogo fu affidato alle monache agostiniane, tuttora odierne inquiline, che ne adibirono una parte a orfanatrofio, poi soppresso.
La semplicità e la modestia dell’aspetto di fortilizio che caratterizza l’esterno è direttamente proporzionale alla robustezza della struttura muraria, decisamente massiccia. Una torre campanaria del IX secolo, la più antica di Roma, sovrasta il portale che consente l’accesso a una teoria di due cortili, caratterizzato da arcate tardo cinquecentesche il primo e da un portico di colonne con capitelli ionici e corinzi il secondo. Tre navate spartite da antiche colonne di granito e rivestite da pavimento cosmatesco disegnano lo spazio interno che si conclude, sul fondo, in una ampia abside. Nel Seicento Giovanni di San Giovanni vi dipinse le sontuose Storie dei Quattro Coronati e, nella calotta, la Gloria di tutti i Santi. Proprio sotto l’altare maggiore, nella cripta, si conservano le reliquie dei martiri titolari.
Intorno al 1220 venne eretto il bellissimo chiostro che si raggiunge dalla navata sinistra. Qui colonnine binate sorreggono archetti a doppia ghiera che abbracciano, da tutti i lati, un giardino interno al centro del quale zampilla acqua da una fontana a doppia vasca.
Del complesso è parte integrante l’Oratorio di San Silvestro con i suoi bellissimi affreschi duecenteschi che raccontano, in diversi episodi, la vita leggendaria dell’imperatore Costantino che da San Silvestro ricevette il Battesimo
E’ stata, invece, solo recentemente riaperta al pubblico la spettacolare Aula Gotica, riportata all’antico splendore da un magistrale intervento di restauro. Si tratta di un ambiente al primo piano della Torre Maggiore del monastero, definito, per lo splendore dei suoi ritrovati 300 metri quadri di affreschi, la Cappella Sistina del Medioevo. Attribuiti al Terzo Maestro di Anagni e datati alla metà del XII secolo, sono l’espressione della concezione cosmologica e teologia di quel tempo, come si evince dalle rappresentazioni delle Arti, dei Mesi, dei Vizi e delle Virtù. La presenza delle figure di San Francesco e San Domenico, canonizzati rispettivamente nel 1228 e nel 1234, pone un sicuro termine post quem alla stesura del testo pittorico.
Tra i tanti eventi occorsi tra queste mura il Libro del Memoriale ricorda l’ospitalità riservata a molti ebrei, come richiesto da Pio XII. Nel 2014, in occasione del 450 anniversario della presenza delle religiose agostiniane, Il Santo Padre Francesco ha esortato questa comunità a proseguire l’opera quotidiana della Chiesa tra le persecuzioni del mondo, resa possibile dalla sola perseveranza nella preghiera.