I generali Usa motivati da Hegseth, ma umiliati dal presidente
A Quantico, in Virginia, l'amministrazione Trump ha radunato 800 alti ufficiali statunitensi per esporre loro le nuove linee politiche. Hegseth pone fine al politicamente corretto. Discorso inquietante di Trump sul "nemico interno".

Il segretario della Guerra (ex Difesa) Pete Hegseth gode di una ben meritata fama di incompetenza e di estrosità. Una per tutte: le riunioni segrete su orari e dettagli dei bombardamenti in Yemen tenute su Signal. Così quando 800 tra generali e ammiragli americani sono stati convocati dai quattro continenti a Quantico, in Virginia, per ascoltare gli interventi di Hegseth e di Trump le reazioni sono state di preoccupazione, stupore, attesa. Il costo dell’operazione, avvenuta proprio il giorno prima del blocco delle attività amministrative per mancata approvazione della legge di bilancio (shutdown) , non è conosciuto ma è stato sicuramente molto alto.
Ma i militari americani (gente che studia e usa il cervello oltre che i muscoli) erano presenti e impettititi nelle loro uniformi per ascoltare quello che, nella forma, era un discorso motivazionale da meeting aziendale ma che, nella sostanza, rappresentava uno scontato quanto importante cambiamento di rotta rispetto agli anni della presidenza Biden. Nel discorso, durato tre quarti d’ora, in cui Hegseth ha imperversato con notevole verve, sono stati evidenziati argomenti importanti e che la stampa italiana ha travisato con l’allarmismo che gli è consueto. «Dobbiamo prepararci alla guerra e vincerla» hanno ripetuto le diverse testate senza considerare che un ministro (della Difesa o della Guerra) ha proprio questa esatta responsabilità. In realtà il discorso di Hegseth (qui il link per la versione integrale) è in buona parte condivisibile per chi abbia un minimo interesse per questioni militari.
Hegseth ha detto addio alle tante pastoie ideologiche che hanno afflitto le forze armate statunitensi in questi ultimi anni: basta col politicamente corretto, basta con le questioni climatiche, gli standard fisici devono essere alti e maschili e se le donne arrivano a questi standard bene, altrimenti sono fuori. Il tono è stato da soldataccio («abbiamo finito con quella m**da») ma l’obbiettivo non è contestabile. Si tratta di soddisfare il PT (Physical Training test) almeno due volte all’anno, oltre a soddisfare requisiti di peso e di altezza e all’obbligo di non portare la barba o i capelli lunghi. Tale arringa, tuttavia, era rivolta a 800 alti ufficiali di età matura che, guardando le foto, erano tutti sbarbati, con taglio tattico e in perfetta forma fisica. Importante e assai condivisibile anche la responsabilizzazione, richiesta da Hegseth, dei sottufficiali, mutuata dal Aurftragstaktik (tattica della missione) della Wehrmacht. Il razzismo e gli abusi sessuali saranno puniti senza pietà, ma le carriere non saranno determinate dall’etnìa o dal gender. Fin qui, verrebbe da dire, tutto bene: ma c’è dell’altro. «La nostra leadership civile e militare è piena zeppa di veterani provenienti dall’Iraq e dall’Afghanistan che dicono mai più alla costruzione di una nazione». È la fine degli interventi americani all’estero? Sembrerebbe di sì.
E le regole di ingaggio sembrano, se non abolite, seriamente diminuite. «Non combattiamo con stupide regole di ingaggio. Liberiamo le mani dei nostri combattenti per intimidire, demoralizzare, cacciare e uccidere i nemici del nostro paese. Non più regole di impegno politicamente corrette e prepotenti, solo buon senso, massima letalità e autorità per i combattenti». E ancora «Oggi è un altro giorno di liberazione, la liberazione dei guerrieri americani, di nome, nei fatti e nelle autorità. Uccidi le persone e rompi le cose per vivere. Non sei politicamente corretto e non appartenere necessariamente sempre alla società educata». Il che, considerato che il combattimento urbano, e quindi il coinvolgimento dei civili, è quasi la norma, significa adottare un atteggiamento di sicurezza falsa che è stato fallimentare in Iraq e che il generale David Petraeus aveva saputo combattere, pretendendo dai suoi uomini che, in Iraq, l’U.S. Army sapesse guadagnare “the moral high ground” il terreno dominante dal punto di vista morale.
Fin qui Hegseth. Ma la parte più interessante, e angosciosa, è arrivata con Donald Trump che ha parlato per più di un’ora a ruota libera a professionisti che avevano ben altro da fare. E qui bisogna collegare bene i puntini per vedere il disegno finale: perché nel documento della Difesa Strategica nazionale del 2025 non solo l’Europa non è considerata, ma la sfida alla Cina passa in secondo piano rispetto a una priorità: la sicurezza interna.
Si tratta di capire, insomma, chi è il nemico e Trump non ha usato mezzi termini. Parlando dei propri avversari politici li ha definiti “malvagi” (vicious) «che dobbiamo combattere, proprio come voi combattete i malvagi. I miei sono differenti, una diversa specie di malvagi». I giornalisti, sempre secondo Trump sono “sleazebags” letteralmente sacchi di sconcezza. E questo è molto interessante ove si pensi a come il vicepresidente Vance, in gennaio, aveva proclamato la libertà di parola e condannato le censure europee al libero pensiero.
Nel finale Trump enuncia come, in passato i presidenti americani abbiano «adoperato le forze armate per mantenere l’ordine a la pace» e che bisognerebbe usare queste città pericolose come campi d’addestramento (“training grounds”) per la Guardia Nazionale.
Al termine del discorso Trump non si è negato a un momento istrionico quando ha chiesto agli ufficiali presenti se fossero d’accordo. «Se qualcuno non è d’accordo può alzare la mano? Non vedo mani alzate, tutto bene». Tutto questo per 800 uomini e donne che hanno fatto del senso del dovere la propria ragione di vita, sono umiliazioni che non possono essere dimenticate.