Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Alessio a cura di Ermes Dovico
arte

I gargoyle nelle chiese ci ricordano il volto del male

Ascolta la versione audio dell'articolo

Che ci fanno delle sculture mostruose nei luoghi sacri? Ci mettono in guarda dall'esistenza e dall'azione del demonio, esortandoci a vigilare e a operare il bene.

Cultura 16_05_2024

Cosa ci fanno delle figure mostruose scolpite nelle chiese? Ci ricordano che il demonio esiste: un promemoria scultoreo per non abbassare la guardia di fronte all'azione del maligno. Come ben diceva padre Gabriele Amorth, una delle strategie preferite del diavolo, per poter agire indisturbato, è quella di far credere di non esistere. Oggi viviamo nell’era del materialismo e della teknè quindi i veleni dell’anima si curano con gli psicofarmaci (il 20% degli italiani li usa) mentre mille anni fa, sulla scia degli insegnamenti di Evagrio Pontico, i pensieri malvagi venivano curati con la partecipazione alla comunione, la preghiera e la confessione, fine strumento d’indagine della psiche che non ha nulla da invidiare all’odierna scienza psicologica.

Ebbene, tornando al diavolo, i cui veleni  (logismoi) individuati dai padri del deserto sono superbia, accidia, lussuria, ira, gola, invidia e avarizia, per i medievali aveva un volto e lo rappresentavano spesso al fine di non dimenticare la sua esistenza. I demoniaci gargoyle, sculture di pietra poste sui tetti delle chiese come grondaie, col loro brutto grugno zannuto, avevano la funzione di ricordare alle persone che il male esiste ed ha una pluralità di forme. Queste sculture raffiguranti i demoni dell’inferno (ma anche bizzarre creature fantastiche o animali esotici per celebrare l’estro degli artisti) venivano collocate sugli esterni delle chiese come monito per le persone che, troppo spesso, dimenticano l’esistenza del Maligno.

La loro presenza sui tetti degli edifici sacri, oltre che ornamentale, è anche funzionale e risale a tempi antichissimi: servono, infatti, per incanalare l’acqua piovana e hanno forse origine da quei leoni che già venivano usati nel medio-oriente antico, dall’Egitto a Babilonia, per proteggere gli edifici dagli spiriti malvagi. Il Duomo di Milano, la cui costruzione è stata inaugurata nel 1386, possiede ben 96 gargoyle chiamate anche "doccioni" proprio per la loro funzione di raccogliere ed espellere a getto l’acqua.

Una leggenda narra che fu Gian Galeazzo Visconti, dopo aver avuto una visione del diavolo, a voler che sul tetto del Duomo fossero messe queste curiose statue diaboliche. Bernardo di Chiaravalle, già due secoli prima, non ne fu un grande estimatore e  li criticò definendoli “ridicoli mostri” ma, nonostante ciò, il loro successo nell’architettura fu notevole e diffuso in tutta Europa.  Dei 54 gargoyle di Notre-Dame a Parigi non tutti sono originali del periodo gotico, ma sono stati aggiunti nel 1800 dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc, incaricato di restaurare la cattedrale devastata dalla rivoluzione francese.

Il nome gargoille, in francese, o gargoyle, in inglese, pare derivare dalla parola onomatopeica garguglia (grondaia) e un’altra teoria, ben più fantasiosa, la fa derivare da Gran’ Goule (Grande gola), il nome di un terribile drago che seminava il panico nel villaggio di Rouen ai tempi di Giovanna d’Arco. Questi interessantissimi elementi architettonici, appollaiati  ancor oggi sui bordi delle chiese,  ci fissano facendoci ricordare che, sebbene ormai se ne parli sempre di meno, per secoli le persone convivevano con il timore dei demoni e cercavano di comportarsi di conseguenza.

Oggi dei diavoli che avvelenano l’anima più nessuno ha timore eppure il tasso dei suicidi odierni in Italia (circa 4 mila all’anno) è ben più alto di mille anni fa, al glorioso tempo delle cattedrali e delle università. Forse ricordare anche per mezzo dell’arte e dell’architettura l’esistenza del Male, anziché rinnegarlo, era un mezzo efficace per potersi orientare verso il bene.



IL LIBRO

Il manuale del Diavolo, in un romanzo gli inganni usati dal Maligno

12_09_2023 Fabio Piemonte

Nel suo ultimo romanzo, Rino Cammilleri dispiega «tutto l’armamentario che il diavolo usa per ammansire e conquistare un uomo o una donna qualsiasi del XXI secolo». Facendogli credere di renderli liberi...