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CASO CONTICINI

I finti programmi in Africa con i soldi dei contribuenti

A proposito dei capitali che i fratelli Conticini pare abbiano stornato e in sostanza intascato: si trattava di un programma di Play Therapy, per la cura di minori in Africa tramite il gioco e le arti creative. Ma la filiale italiana di Play Therapy non era già più riconosciuta dalla casa madre...

Attualità 16_08_2018
Play Therapy

“L’Unicef sarà obbligata a fare denuncia se vorrà recuperare i 6,6 milioni di dollari sottratti ai bambini africani” (La Verità)

“Unicef, Fondazione Pulitzer e diverse organizzazioni non governative americane e australiane credevano di finanziare… i progetti dell’associazione Play Therapy Africa destinati ai bambini affamati in Africa” (Corriere fiorentino)

“Alessandro Conticini… avrebbe incassato 10 milioni di dollari… per portare il sorriso sulla bocca dei poveri bambini africani”. (Il Fatto Quotidiano)

“la Procura di Firenze indaga sulla destinazione dei finanziamenti…che avrebbero dovuto sostenere i bambini africani denutriti” (L’Unione sarda)

È in questi termini che quasi tutti i mass media parlano dei capitali che i fratelli Conticini pare abbiano stornato e in sostanza intascato. Gli articoli accennano poi genericamente ad “attività di assistenza ai bambini africani”. Si immaginano quindi scenari di crisi, bimbi da salvare, piccole vite minacciate.

Ma forse non è così, forse non è di emergenze umanitarie che si occupava la Play Therapy Africa fondata da Alessandro Conticini. La Onlus infatti era affiliata alla Play Therapy International, una Ong britannica nata per svolgere attività terapeutiche tramite il gioco e le arti creative, destinate a bambini affetti da problemi di comunicazione, comportamentali e di salute mentale che ne limitano le potenzialità. La Play Therapy International inoltre organizza corsi in gioco terapeutico e terapia di gioco a vari livelli di specializzazione e fornisce ai soci pubblicazioni, riviste e altro materiale formativo. “Può diventarne membro – si legge sulla pagina web dell’organizzazione – chiunque sia interessato a lavorare con i bambini usando terapie di gioco”.

La Play Therapy International conta su diverse Ong affiliate, in Irlanda, Nuova Zelanda, Canada, Australasia, Malta e Hong Kong, e sulla Academy of play and child psychotherapy, Apac, la scuola di formazione più grande e più qualificata nel settore a livello mondiale. Anche la Play Therapy Africa svolgeva attività terapeutiche basate sul gioco per bambini con problemi psicologici e organizzava corsi di formazione professionale? I legali dei fratelli Conticini non entrano nel merito. Ma sostengono che la loro era una “attività seria, corretta, chiara e trasparente”, fatto “ben chiaro ai prestigiosi attori internazionali, i quali hanno sempre approvato ed apprezzato il lavoro di Alessandro Conticini”.  Parlano di “progetti di ricerca e lavoro specie in paesi in via di sviluppo”, in particolare in Africa dove sono stati seguiti “progetti e ricerche che hanno avuto un grandissimo risalto ed apprezzamento sia locale sia internazionale, specie per i risultati conseguiti”. Il comunicato stampa diffuso dai legali il 13 agosto specifica inoltre che “le capacità professionali di Alessandro Conticini e di tutti gli altri collaboratori di Play Therapy Africa Ltd, i risultati scientifici raggiunti, l’opera ‘umana’ è stata riconosciuta non solo dai committenti ma anche dalla comunità scientifica internazionale e dalle più importanti e prestigiose Università del mondo”.

Ma la Play Therapy International da un certo momento in poi non ha più condiviso l’apprezzamento internazionale per l’operato della sua affiliata italiana. Se si digita sul web “PlayTherapyAfrica.org”, si apre una pagina in cui la Play Therapy International informa di aver rimosso l’affiliazione della organizzazione italiana. “Play Therapy International (PTI) ha tolto l’affiliazione a Play Therapy Africa (PTA) le cui attività hanno base in Etiopia. PTA non può più accreditare i corsi svolti dall’Apac né attribuire riconoscimenti in nome della PTI. Monika Jephcott e Jeff Thomas hanno dato le dimissioni da direttori di Play Therapy Africa e non sono più responsabili del modo in cui l’organizzazione svolge la propria attività. Né la PTI né i suoi direttori sono coinvolti in richieste di fondi fatte dalla PTA a partire dal marzo 2009”.

Il comunicato risale al 2013 e prosegue assicurando ai soci della PTA che hanno seguito con profitto i corsi dell’Apac finanziati dall’Unicef che possono diventare soci della PTI e informando che è in corso la riorganizzazione delle attività svolte in Africa e il riordino dei programmi, dei corsi e delle infrastrutture professionali destinate al continente.

L’11 agosto il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, ha reso noto: “l’Unicef sta verificando e valutando nelle sedi opportune gli elementi per attivare eventuali procedimenti legali, anche alla luce delle recenti modifiche normative procedurali introdotte in Italia”. Il riferimento è alla legge varata lo scorso aprile che rende necessaria la denuncia della parte lesa per procedere a vie legali.

Ma la parte lesa in realtà non è l’Unicef, una agenzia delle Nazioni Unite, ma chi la finanzia, governi e privati. A essere danneggiati, raggirati, derubati, quando i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo vengono spesi male, sprecati, stornati da qualcuno, sono milioni, spesso centinaia di milioni di contribuenti e di donatori che quei fondi hanno fornito, frutto del loro lavoro, sottratto ai loro ai loro risparmi.