I figli dimenticati della guerra del Vietnam
Il triste destino dei "montanari", cristiani che combatterono al fianco degli americani e che intralciarono l'avanzata dei Viet Cong, frenandone a lungo l'offensiva: abbandonati al loro destino dagli americani in ritirata, sono ancora perseguitati, deportati e arrestati dal governo di Hanoi come "nemici del popolo".
Al polso destro John Wayne (1907-1979) portava un sottile braccialetto di metallo color oro. Non era un vezzo frivolo, era il segno di un’amicizia. Gli era stato donato nel 1970 in Vietnam, durante un tour compiuto a sostegno dello sforzo bellico americano due anni dopo avere interpretato e diretto il film anticomunista Berretti verdi. Il braccialetto gli era arrivato attraverso il capitano Richard D. Bishop dello U.S. Special Forces A-Team che guidava una Strike Force speciale (clicca qui)
La componevano, infatti, non dei servicemen americani, ma dei vietnamiti: quelli che popolavano (e per quel che riescono tra angherie e soprusi ancora popolano) gli altipiani al confine con la Cambogia, ma che originariamente erano stanziati nel sud dell’Indocina. Sono, ancora oggi, l’insieme di una quarantina di gruppi sociali, e uno dei loro grandi problemi è quello di appartenere a un ceppo linguistico diverso (mongolo-tibetano e malese-polinesiano) da quello della popolazione di lingua vietnamita (di origine cinese) dominante, la quale, avanzando da nord, li ha appunto spinti sulle alture e ribattezzati moi, vale a dire “selvaggi”, o nguoi dan toc, “tribù” in senso denigratorio. Loro, invece, si attribuiscono il nome di Degar, cioè “figli delle montagne”, ma per lo più sono noti con il termine che in francese significa “montanari”, Montagnard. Perché il francese? Perché la Francia ha colonizzato e controllato la regione dalla metà del secolo XIX fino all’invasione giapponese nella Seconda guerra mondiale; perché la Francia si è riproposta nel dopoguerra con la Guerra d’Indocina (1946-1954), venendo definitivamente estromessa con la disfatta di Dien Bien Phu; ma soprattutto perché nella regione la Francia, oltre ai coloni, ha portato anche quei missionari cui si deve la profonda identità cristiana dei “montanari”, capaci di resistere a guerre, invasioni e totalitarismi.
Nel 1950 hanno pure conosciuto una propria entità statuale indipendente, allorché Parigi istituì il Pays Montagnard du Sud ponendolo sotto il governo di Bao Dai (1913-1997), l’ultimo imperatore dell’ultima dinastia regnante vietnamita (Nguyen), scelto dai francesi in aperta alternativa al Vietnam del Nord comunista proclamato nel 1945 da Ho Chi Minh (1890-1969). Ma l’uscita della Francia dall’Indocina ha messo fine al sogno e inasprito i contrasti, soprattutto da che Hanoi ha promosso la colonizzazione delle aree Montagnard introducendovi popolazioni vietnamite. Quando, agl’inizi degli anni 1960, gli Stati Uniti entrarono direttamente in quella estenuante guerra del Vietnam che durava dal 1955 ebbero subito la necessità di reclutare truppe locali. Scelsero i Degar: essi infatti conoscevano alla perfezione le zone strategiche, comprese quelle più accidentate e impervie; non conoscevano invece la paura; ed oramai da decenni erano amici dell’Occidente. In più avversavano quel comunismo che Hanoi mirava a imporre all’intero Paese in contraddizione palese con la loro fede.
Gli effettivi Degar costituirono così unità di guerriglia non convenzionale, addestrate dagli americani delle Forze Speciali, meglio note appunto come “Berretti verdi”. Si trasformarono subito in eroi. La loro guerra era sul serio patriottica. A lungo arginarono l’offensiva dei Viet Cong, i partigiani comunisti che sabotavano il Vietnam del Sud; grandiosa fu la loro azione d’intralcio sulla “pista di Ho Chi Minh” lungo la quale il Nord comunista foraggiava e sosteneva i Viet Cong al Sud; e formidabile fu come essi contrastarono, anche solo esistendo, la propaganda ideologica con cui i Viet Cong cercavano di fare breccia tra i sudvietnamiti. In 40mila presero le armi per la patria e per la fede contro i comunisti. Se l’anticomunismo in Vietnam ha potuto resistere sino al 1975 lo si deve grandemente anche ai Montagnard.
Solo che i Montagnard nessuno li ricorda. Da allora il governo vietnamita non perde occasione per perseguitarli, deportarli e arrestarli come pericolosi “nemici del popolo”, già filoamericani e soprattutto ancora e sempre cristiani; ma non meglio si sono comportati gli Stati Uniti. La voglia del segretario di Stato di allora, Henry Kissinger, di chiudere in fretta e furia una guerra divenuta imbarazzante e gestita sempre peggio, lasciata tutta sulle spalle delle popolazioni vietnamite e dei combattenti (non solo) americani, ha sacrificato senza pensarci troppo l’innocenza, l’eroismo, i servicemen abbandonati al proprio destino nella giungla indocinese e i fieri Montagnard. Oggi i combattenti degli altipiani vietnamiti li ricordano soltanto qualche associazione d’arma americana, i Radicali quando non hanno altro da fare e i missionari, come padre Piero Gheddo del Pime (clicca qui) che ne ricordano con trasporto la vivacità della Chiesa e il grande coraggio.
In realtà esiste anche un bel tributo al loro sacrificio di ieri e di oggi in forma di documentario, dal tiolo eloquentissimo, Abandoned Allies (clicca qui), realizzato da Camden Watts, regista e produttrice indipendente di Raleigh, in North Carolina. Ma a 40 anni dalla fine della guerra in Vietnam (30 aprile 1975) i Montagnard meritano di più. Alla vigilia del conflitto erano circa 1 milione. Oggi sono 700mila e rischiano di scomparire. La metà sono protestanti, perché dagli anni 1930 i protestanti hanno sfidato sul campo, e con un certo successo, i francesi. 200mila sono cattolici. Proprio come quel loro sincero amico, John Wayne, che si convertì appena prima di morire: così testimonia suo nipote, Matthew Muñoz, sacerdote (clicca qui).