«I coniugi Martin ci testimoniano che la famiglia è il primo luogo di santità»
Luigi e Zelia Martin ci mostrano come la famiglia è un luogo privilegiato per santificarsi e vivere il dono di sé nella vita di tutti i giorni». Lo dice alla Bussola, monsignor Jacques Habert, vescovo di Séez (Francia), la diocesi dove si trova Alencon, città di casa Martin.
«Luigi e Zelia Martin, la prima coppia di sposi santi, ci mostrano come la famiglia è un luogo privilegiato per santificarsi e vivere il dono di sé nella vita di tutti i giorni». Lo dice alla Bussola, monsignor Jacques Habert, vescovo di Séez (Francia), la diocesi dove si trova Alencon, città di casa Martin. Altrimenti detta casa natale di S. Teresina di Gesù Bambino. «Hanno educato e allevato le loro figlie», ci dice ancora il vescovo Habert, «con il desiderio di farle sante. Si tratta di un progetto che hanno applicato prima a se stessi».
Nel nostro mondo di oggi questo progetto di vita appare alquanto inusuale, specialmente se vissuto come coppia. Abituati a campioni di santità come Padre Pio, San Francesco di Assisi o Santa Caterina da Siena, giusto per rimanere in Italia, si rimane sorpresi da questa aureola per due. Sorpresi perché la santità non è certo tra le mete più rincorse dell'anno domini 2015, sorpresi perché ci si fa santi anche con una straordinaria normalità. «Mio padre e mia madre», dirà Maria, la figlia maggiore, testimoniando al processo della sorella Teresa, «avevano una fede profonda e, sentendoli parlare insieme dell'eternità, ci sentivamo disposte, pur così giovani come eravamo, a considerare le cose del mondo come pura vanità».
«Luigi e Zelia Martin possono dare un messaggio di fiducia alle coppie di oggi. La loro vita è stato un atto di fiducia in Dio che hanno voluto servire e amare per tutta la loro vita coniugale e familiare», dice monsignor Habert. «Luigi e Zelia si sono incrociati un po' “per caso” sul ponte dell'incontro ad Alençon. Si sposarono tre mesi dopo quel primo incontro. Progressivamente, camminando insieme, hanno scoperto la loro vocazione come genitori ed educatori. Anche il loro amore coniugale ha continuato a crescere in amicizia, in una crescente complicità. Avevano caratteri molto diversi, si sono accolti a vicenda e incoraggiati». Eppure la loro è stata anche una vita segnata dalla fatica e dalla sofferenza. Non dobbiamo immaginarli come un santino stereotipato. Entrambi lavoravano con entusiasmo e impegno, affrontavano i problemi di tutte le famiglie, progettavano le vacanze e pensavano alle scuole delle figlie. Senza perdere di vista i loro impegni, prima di tutto nei confronti di Dio. «Hanno incontrato la sofferenza soprattutto attraverso la morte di quattro bambini, tutti in tenera età», sottolinea il vescovo di Séez. «E hanno anche fatto i conti personalmente con la sofferenza fisica, in quanto entrambi hanno sofferto la malattia. Hanno vissuto queste prove in preghiera, mentre combattevano con i mezzi del loro tempo (medicina). Sono stati anche molto attenti alla sofferenza degli altri e della società. Sono stati molto generosi e fraterni verso le persone più fragili».
Le domande che potremmo fare sono tante: come hanno vissuto il loro rapporto affettivo? Quello con il lavoro? E con il denaro? Ma non ha senso. In fondo per comprendere veramente la vita terrena di questa coppia di sposi bisogna sapere alzare lo sguardo. È per questo che la Chiesa li eleva agli onori degli altari. In ogni questione, in tutti gli ambiti e in ogni problema, il primato in casa Martin era sempre accordato a Dio. «É così», conviene monsignor Habert. «Mettendo Dio al primo posto, Luigi e Zelia Martin hanno fatto crescere in loro la capacità di amare e di servire. Un amore di Dio ben vissuto ci porta inevitabilmente all'amore degli altri. Luigi e Zelia ci sono testimoni».
Come ha ricordato più volte Papa Francesco la «Chiesa cresce per testimonianza», ecco perché si “fanno” i santi. É il caso anche di questa aureola per due, esempio che brilla per le tante famiglie che cercano il senso. Luigi e Zelia dicono a tutti che l'unico senso è l'eternità. In Dio.