I boschi sono degli orsi. Gli umani stiano nelle riserve
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Mercoledì 5 aprile, Andrea Papi, un giovane di 26 anni, a Caldes, Trentino, è stato aggredito e ucciso da un orso. In quell'area gli orsi erano praticamente estinti. Sono stati riportati in quei boschi per decisione politica. Ora governo e provincia vogliono ritrasferirli, gli animalisti si oppongono.
Mercoledì 5 aprile, Andrea Papi, un giovane di 26 anni, a Caldes, Trentino, è stato aggredito e ucciso da un orso. L’uomo stava facendo running in un bosco vicino a casa sua. Dopo aver accertato, tramite autopsia, che è stato realmente ucciso dall’orso e che la morte non è sopraggiunta per altre cause, la provincia autonoma di Trento ha deciso di rintracciare e abbattere l’animale.
Non stiamo parlando di un incidente avvenuto in Alaska o nelle Svalbard, o nei grandi parchi nordamericani dove, chi si avventura nelle foreste sa a cosa può andare incontro. Gli orsi erano praticamente estinti nel Trentino. Sono stati reintrodotti nel 1999 per decisione politica, con il programma “Life Ursus”. Nel sito della provincia autonoma leggiamo: «per salvare il piccolo nucleo di orsi sopravvissuti da un’ormai inevitabile estinzione, il Parco Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, usufruendo di un finanziamento dell’Unione Europea, ha dato avvio al progetto Life Ursus, finalizzato alla ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia». Lo scopo del programma era la «costituzione di una popolazione vitale di almeno 40-60 orsi adulti». In realtà di orsi, ora, ce n’è più di cento. Il programma è evidentemente sfuggito di mano. Gli orsi si avvicinano sempre di più ai centri abitati, cronache locali parlano di animali da cortile divorati. In una lettera aperta, una cittadina del Trentino, per far capire la situazione sostiene che riportare i grandi predatori nei boschi a ridosso delle case è stato come “portare gli squali al largo di Rimini”.
Come risposta alla tragica morte di Papi, la politica locale e nazionale, oltre all’abbattimento dell’orso “reo” dell’aggressione, stanno studiando un trasferimento massiccio dei quadrupedi altrove. Il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto e il presidente della provincia Maurizio Fugatti si sono incontrati ieri a Roma per discutere varie opzioni. Scopo del nuovo trasferimento sarà quello di mantenere “un numero sostenibile di esemplari sul territorio trentino”.
Ma gli animalisti hanno iniziato a protestare da subito. L’inter-gruppo parlamentare per i “Diritti degli animali e la Tutela dell’ambiente”, capitanato da Michela Brambilla, si oppone sia all’abbattimento che al programma di trasferimento. «Dal punto di vista politico – si legge nella nota emessa ieri - è assurdo immaginare di risolvere il problema della convivenza con gli orsi ammazzando gli animali, peraltro protetti dalla legge e da accordi internazionali. E quanti ucciderne? Uno, dieci, cinquanta, tutti e cento? E se si volesse trasferirne la metà, operazione a dir poco impegnativa, dove trasferirli? Sono stati spesi milioni per reintrodurre l’orso e poi per gestirne la presenza negli anni (si pensi solo al costo delle risorse umane impiegate) e ora si vuol fare marcia indietro. Invece bisogna voltar pagina, sottrarre la gestione degli orsi alla politica per riconsegnarla agli esperti, ispirarsi a esperienze di maggior successo, come quella del parco d’Abruzzo, e mettere finalmente in atto misure serie di prevenzione: campagne informative per popolazione e per turisti, cartellonistica ben visibile, limitazioni dell’accesso ai boschi dov’è maggiore la probabilità di incontrare gli orsi, obbligo di non uscire dai sentieri, obbligo di tenere i cani al guinzaglio, presidi e controlli severi e corridoi ecologici per favorire la dispersione degli orsi su un territorio più vasto». In estrema sintesi, l’inter-gruppo parlamentare della Brambilla vorrebbe riservare i boschi agli orsi e semmai limitare i movimenti dell’uomo.
Questo atteggiamento riflette la prevalenza dei commenti animalisti sui social network: il giovane, la vittima, è stato "imprudente". C’è chi lo colpevolizza perché avrebbe tentato di difendersi con un bastone, quindi ha “provocato” o “non ha saputo reagire” alla presenza del grande predatore. Seguono una serie di consigli di più o meno sedicenti esperti su come comportarsi con un orso. Il suggerimento più comico: stare fermi e guardarlo fisso negli occhi. Molto realistico, come potrete immaginare, specie quando l’orso dovesse correrti incontro mentre fai jogging. Di fondo, comunque, c’è sempre un motivo di fondo: l’orso è nel suo habitat, è l’uomo l’invasore.
Lo si legge a chiare lettere nel primo commento di Selvaggia Lucarelli (editorialista de Il Fatto Quotidiano) che non perde occasione per aizzare polemiche social. Riguardo alla decisione di abbattere l’orso, parla di “morte ingiusta”, perché «quell’orso era nel suo bosco, nel suo habitat e ha fatto quello che gli animali fanno in natura». I colpevoli siamo noi umani, siamo noi gli invasori: «Che diritto abbiamo noi di uccidere un animale che non si introduce in casa nostra, ma un animale che vive in un bosco nel quale noi ci avventuriamo?». Infine una stoccata al presidente della provincia (e ovviamente al suo partito): «Puoi uccidere un orso caro Fugatti, ma quello faceva ciò che piace a voi leghisti: stava a casa sua».
La prima grande associazione animalista che ha impugnato al Tar la decisione della provincia autonomo di abbattere l’orso è la Lav, la Lega Anti-Vivisezione. Esplorare la pagina Facebook della Lav è sempre un’esperienza interessante, un panorama sul pensiero animalista. Sotto il post che annunciava il ricorso, troviamo tante approvazioni lapidarie: “Viva sempre la natura!” “Sempre con gli animali!” “Salviamo l’orso!” “Aiutiamolo a vivere!” “Viva l’orso. Sempre!” Viva l’orso che ha appena sbranato un uomo, in carne ed ossa, lasciando un vuoto incolmabile nella sua famiglia. Ma questo, evidentemente, non interessa. Ci sono poi commenti più articolati, di cui uno è praticamente un manifesto: “L’uomo è l’unico animale che distrugge l’equilibrio della natura. Estingue gli animali che poi reintroduce nell’ambiente a proprio uso e consumo a seconda del proprio tornaconto senza pensare che in certi contesti l’ospite è lui”. Questo è il pensiero di fondo ecologista: noi siamo il problema del pianeta. Siamo noi che dovremmo essere limitati o confinati nelle riserve.