Hotel, champagne e samba. La bella vita dei dittatori
Appartamenti milionari a Parigi, hotel, ville da milioni di dollari. Molti dittatori africani sono nella lista degli uomini più ricchi al mondo mentre il popolo fa la fame. Teodoro Obiang Nguema, presidente della Guinea Equatoriale, finanza una scuola di samba in Brasile e Robert Mugabe organizza feste sontuose.
I politici italiani, quando approfittano delle loro cariche, vanno in vacanza e poi segnano come spese di rappresentanza il conto dell’hotel. Quelli africani, invece, gli hotel se li comprano addirittura. Il presidente della Repubblica del Congo Denis Sassou N’Guesso, ad esempio, tra le sue numerose proprietà immobiliari annovera un albergo in Francia, intestato a una delle figlie, che vale dieci milioni di euro. Omar Bongo, presidente del Gabon dal 1967 al 2009, anno della sua morte, ha lasciato in eredità al figlio Ali, oltre alla propria carica politica, un albergo di lusso sugli Champs-Elisées a Parigi, insieme a 32 altre proprietà nella sola Francia. Anche il presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema investe nel mattone e suo figlio Teodorino è proprietario di un palazzo in avenue Foch, a Parigi.
Non è certo risparmiando sullo stipendio da capi di Stato – e i loro rampolli sulla paghetta – che N’Guesso, Bongo, Nguema e altri leader africani possono acquistare simili proprietà immobiliari. Il denaro per questi investimenti e per altre spese personali se lo procurano attingendo alle casse statali. Nguema, al potere con un colpo di Stato dal 1979, si concede anche degli hobby costosi: ad esempio, colleziona vecchie automobili Bugatti e pare che ne possegga almeno 15. Il suo ultimo capriccio è stato finanziare con una donazione di oltre tre milioni di euro una delle più note scuole di samba brasiliana, la Beija-Flor, vincitrice dell’edizione 2015 del carnevale di Rio. Dicono che a dargli l’idea è stato il figlio Teodorino che con lui si reca spesso in Brasile dove la famiglia possiede un lussuoso appartamento a Ipanema. È un «insulto per il popolo della Guinea Equatoriale», ha commentato in un’intervista al quotidiano brasiliano O Globo l’avvocato guineano esule negli Usa Tutu Alicante, direttore dell’organizzazione non governativa EG Justice – perché è denaro che il presidente e la sua famiglia rubano alla popolazione. È un governo che tratta le risorse naturali del Paese e il profitto che se ne trae come se fosse denaro di privati, loro... (mentre) dovrebbe essere usato per le necessità di base, le fognature, gli asili nido, gli ospedali, le case per i più poveri. Invece (Nguema) dona le risorse alla samba brasiliana».
La Guinea Equatoriale è il terzo maggior produttore africano di petrolio, dopo Nigeria e Angola. Ne produce in quantità sufficiente a rendere benestanti tutti i suoi abitanti che sono poco meno di 760.000. Ma, spiega l’avvocato Alicante, «almeno il 75% della popolazione non sa dove vivere, non ha acqua potabile. Se si ammala, muore. Anche farmaci di base come quelli contro la malaria, sono inaccessibili e le epidemie costanti». Le conseguenze sono evidenti: la speranza di vita alla nascita in Guinea Equatoriale è di 53 anni, una delle più basse al mondo. In compenso, Forbes classifica Nguema, che di anni ne ha 72, come l’8° più ricco governante del mondo.
Anche Robert Mugabe, al potere in Zimbabwe dal 1980, non si fa mancare nulla benché il suo Paese attraversi da oltre un decennio una delle peggiori crisi umanitarie del Continente africano, provocata dalle sue sconsiderate scelte di politica economica culminate, all’inizio del secolo, con l’esproprio della maggior parte delle terre agricole possedute dagli agricoltori bianchi, da allora quasi del tutto improduttive. Con il 95% della popolazione disoccupata o sottoccupata, tre milioni di cittadini emigrati per sfuggire alla miseria e quattro milioni dipendenti per cibo e risorse di base dagli aiuti umanitari internazionali, nel 2009, per il suo 85° compleanno, Mugabe ha dato una festa memorabile: ad accogliere gli ospiti, 2.000 bottiglie di champagne Möet & Chandon e Bolliger, annata ‘61, 8.000 aragoste, 100 chili di scampi, 4.000 porzioni di caviale, 8.000 scatole di cioccolatini Ferrero Rocher e molto altro ancora. Inoltre, il leader si era fatto un regalo: una villa in un complesso residenziale di Hong Kong costata 4,5 milioni di euro. Proprio in quei giorni, la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa rimproveravano i donors internazionali per la lentezza con cui stavano rispondendo alla richiesta di sette milioni di euro per combattere un’epidemia di colera.
La festa per il 90° anno di Mugabe è stata ancora più sontuosa e quella per i 91 anni, lo scorso 21 febbraio, ha superato per opulenza e sfarzo tutte quelle precedenti. La stima del suo costo è di un milione di dollari: prelevati dalle casse statali ed estorti, centesimo su centesimo, alla popolazione. Persino i contadini più poveri sono stati costretti a contribuire e Raymond Majongwe, il leader del sindacato degli insegnanti Progressive Teachers’ Union, afferma che gli insegnanti hanno dovuto sborsare dieci dollari ciascuno. Alla festa hanno partecipato 20.000 persone. Il menu ordinato da Mugabe comprendeva piatti di carne speciali. Due elefanti, due bufali, due antilopi nere, cinque impala e un leone sono stati uccisi, cucinati e portati in tavola per soddisfare il suo delirio di onnipotenza.
Pochi giorni prima, il 16 febbraio, l’Unione Europea, sospese le sanzioni imposte nel 2002 in seguito alle gravi violazioni dei diritti umani e delle regole democratiche commesse da Mugabe, ha riattivato i propri programmi di aiuto al Paese con un primo stanziamento di 234 milioni di euro.