Hong Kong oggi. La gente resiste nonostante la paura
Tre anni dopo le manifestazioni oceaniche di protesta, Hong Kong è molto cambiata. Le politiche anti-Covid rendono difficile il viaggio. In città si respira un clima di paura e molti sono partiti per l'Occidente o per Taiwan. Eppure, come afferma il vescovo Stephen Chow, la gente cerca sempre di rialzarsi anche nelle difficoltà.
Dopo quasi tre anni ho deciso di tornare a Hong Kong, una città a me particolarmente cara per varie ragioni familiari e personali. Ho visitato così tanto l’ex colonia britannica che mi sembra la mia seconda città, dopo Roma. L’ultima volta che sono stato a Hong Kong prima di questo viaggio era il fatidico 2019, anno in cui le proteste di piazza contro il governo locale e quello nazionale avevano toccato un apice. L’occasione scatenante di quella specifica protesta era la proposta di un emendamento alla legge sull’estradizione che avrebbe consentito a presunti colpevoli presi a Hong Kong di essere consegnati alla Cina. Essendo Hong Kong un luogo dove ci sono rifugiati e discendenti di rifugiati che scappavano dalla Cina, si può comprendere come questa notizia avesse scatenato una grande preoccupazione. Ho assistito alla manifestazione oceanica a cui parteciparono due milioni di persone.
Viaggiare ora a Hong Kong non è come in precedenza. Il Covid ha reso estremamente più difficile viaggiare, tanto che la gran parte dei voli implicano un giorno o più di viaggio con vari scali. Poi la politica del governo di Hong Kong contro il Covid, adeguata a quella cinese di “zero tolleranza”, comporta una serie di adempimenti molto severi, tra cui una quarantena obbligatoria per tutti coloro che entrano nella città, quarantena che ora è stata ridotta a tre giorni più tre di auto-sorveglianza (e nel recente passato era di ventuno giorni).
Che città troviamo nel 2022? Certamente una città diversa dal 2019. La legge sulla sicurezza nazionale implementata dal Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo nel giugno 2020 ha stabilizzato la difficile situazione di tensione sociale nella città che andava avanti da vari anni, compiendo molti arresti nel campo democratico di Hong Kong, alcuni anche di alto profilo come quello del volto della protesta, il giovane attivista Joshua Wong (ancora in carcere), del magnate dei media Jimmy Lai (anche lui in carcere) e del novantenne cardinale Joseph Zen, ora rilasciato, ma in attesa di processo in questo mese di settembre.
Chi ha vissuto Hong Kong prima del 2020 si rende conto che c’è stato un cambiamento di paradigma, che qualcosa è mutato in modo drammatico. Il missionario Gianni Criveller, del Pontificio Istituto Missioni Estere, che ha una lunga consuetudine con la città avendoci vissuto per molti anni, in un suo recente articolo su Mondo e Missione in occasione di una sua recente visita all’ex colonia britannica, tra l’altro affermava: “Centinaia di migliaia di persone lasciano la città per proteggere il futuro dei loro figli. Alcuni organizzano pranzi d’addio, altri invece se ne vanno senza dire niente a nessuno. Quasi vergognandosi. C’è chi potrebbe partire e non lo fa per scelta, magari pur essendo già obbiettivo di visite e indagini della polizia, e a rischio di arresto. Ci sono divisioni nelle famiglie, rotture tra amici, sospetti reciproci, impossibilità di fidarsi degli altri. Questi sentimenti del padre Criveller sono condivisibili, non si può non notare un’atmosfera diversa rispetto al passato, un clima di paura che tocca la popolazione in modo diverso.
Il nuovo chief executive di Hong Kong John Lee, nominato in una elezione in cui era l’unico candidato alla scomoda posizione (Carrie Lam, che lo ha preceduto, è stata fortemente contestata durante il suo mandato), ha detto che bisognerebbe raccontare buone storie su Hong Kong per migliorare la sua reputazione. Il giornalista e residente di Hong Kong Tim Hamlett su Hong Kong Free Press gli ha risposto che se vuole buone storie per migliorare la recente reputazione di Hong Kong dovrebbe fare qualcosa per quelle cattive, quelle che fanno temere che Hong Kong non è più un posto in cui sentirsi al sicuro. Del resto le notizie di questi giorni buone non sembrano proprio, come quella dell’arresto di Ronson Chan, presidente dell’Associazione Giornalisti di Hong Kong, per aver “ostruito la giustizia” secondo il report della polizia mentre Chan stava realizzando un servizio giornalistico per Channel C. O la condanna di cinque logopedisti per aver pubblicato libri per bambini che avrebbero incitato al separatismo. Nella sentenza di condanna il giudice Kwok Wai-kin ha affermato che questa condanna non è una condanna della libertà di stampa in Hong Kong che viene garantita a patto di non pubblicare materiale sedizioso. Certo poi per definire cosa è sedizioso e cosa no, può esserci una certa varietà di interpretazioni.
La Chiesa cattolica di Hong Kong è una presenza importante in Hong Kong, se non numericamente (i cattolici sono il 5%) come influenza nella società anche grazie alle opere caritative ed assistenziali, agli ospedali e alle scuole. Essa fu fondata nel 1841 per togliere questa città dall’influenza del patronato francese, che aveva un controllo molto forte sulle missioni cattoliche cinesi e per riportarlo sotto l’egida di Propaganda Fide. L’attuale vescovo, il gesuita Stephen Chow, in una Lettera Pastorale per la Pasqua 2022 tra l’altro affermava: “Quando ci guardiamo intorno a Hong Kong e nel mondo oggi, cosa vediamo? Vediamo sofferenza, odio, impotenza, disperazione, distruzione e morte? Prova a guardare un po' più in là e ad andare un po' più a fondo. Cos'altro vediamo? Persone di buona volontà si rivolgono ai rifugiati dall'Ucraina, offrendo loro un alloggio temporaneo. Gli sforzi diplomatici frenetici ma di basso profilo provenienti da diversi fronti stanno cercando di rallentare e, si spera, di fermare l'atroce invasione dell'Ucraina. Con lacrime e convinzione, molti fedeli pregano sinceramente per l'intervento di Dio nei casi degli ucraini sofferenti e delle vittime del COVID. Il punto cruciale di tutti questi sforzi è una convinzione di fondo ma cruciale che il bene trionferà sul male perché il Cristo risorto ha vinto la morte e il suo padrone, il male stesso. Stiamo sperimentando gli effetti residui di quel male che alla fine dei tempi non esisterà più. Immaginate! A Hong Kong, i cittadini comuni donano mascherine e kit per il test dell'antigene a coloro che altrimenti non possono accedervi facilmente. I ristoratori stanno distribuendo pasti gratuiti a coloro che non possono permettersi di avere cibo nutriente per se stessi. Le persone danno molti consigli ai fornitori di servizi in difficoltà come incoraggiamento. E l'elenco può continuare. Questi sono sforzi per lenire, consolare, ricostruire, dare speranza, essere d'aiuto e dare la vita. Tuttavia, non bisogna dimenticare il significato di questi sforzi: la luce viene dopo l'oscurità e la vita segue la morte”.
Il vescovo Chow vuole suggerire che la sua gente cerca sempre di rialzarsi anche quando le difficoltà sembrano sovrastarli. Del resto anche l’inviato vaticano nella città, monsignor Javier Herrera-Corona (ora sostituito dallo spagnolo José Luis Diaz Maria Blanca Sanchez) aveva avvertito le missioni cattoliche in Hong Kong prima di lasciare la sua posizione che “Hong Kong non era più la grande enclave cattolica di un tempo” e che bisognava sforzarsi di proteggere gli archivi delle congregazioni missionarie da possibili ingerenze politiche. Questa sua chiarezza sembra contrastare con la politica recente vaticana sulla Cina, culminata con il famoso accordo provvisorio del 2018 sulla nomina dei vescovi il cui contenuto rimane segreto. Secondo vari osservatori questo accordo è stato un azzardo in quanto la politica del governo cinese verso la Chiesa cattolica sembra andare verso un controllo ancora più stretto. Nel 2020 si è avuto notizia di un attacco hacker proveniente dalla Cina verso il Vaticano, la Missione di Studio Cattolica di Hong Kong e verso il Pime da parte degli hackers del gruppo RedDelta, un gruppo che alcune fonti di stampa danno come “allineato al governo cinese”. Chi di dovere farà chiarezza.
Il Vaticano comunque sembra andare spedito nella sua politica di avvicinamento alla Cina. Il vescovo Paul Gallagher, Segretario per i rapporti con gli stati della Santa Sede, in una intervista del luglio 2022 alla rivista dei gesuiti americani America, parlando dell’accordo provvisorio ha tra l’altro affermato: “Il bilancio, suppongo, non è terribilmente impressionante. Abbiamo avuto sei nomine episcopali e ce ne sono altre in cantiere. Quindi non è senza risultati. Suppongo che ci sarebbe piaciuto vedere più risultati e c'è molto lavoro da fare. Ma l'accordo sta funzionando, in una certa misura. L'accordo potrebbe dare di più, ma abbiamo avuto il Covid e le delegazioni non si sono potute incontrare negli ultimi anni. Quindi, ci stiamo lavorando ora e stiamo cercando di andare avanti e fare in modo che l'accordo funzioni e funzioni meglio”.
Ma tornando ad Hong Kong, la crisi religiosa acuita dal Covid ha certamente toccato anche questa città. Padre Peter Choy, vicario generale della diocesi e dato come vescovo di Hong Kong nel lungo periodo di sede vacante nella Chiesa locale, ha detto in un recente articolo sul settimanale cattolico della città: “Dopo la Pasqua di quest'anno, le parrocchie hanno ripreso la messa pubblica e, sebbene il numero dei partecipanti sia ancora limitato, sta gradualmente tornando alla normalità. Sebbene molte classi di catecumeni siano state aperte, il numero dei richiedenti è significativamente inferiore al previsto, con alcune parrocchie che registrano addirittura numeri a una cifra. Le situazioni si sono riflesse nelle riunioni del decanato e nei reports. Quali sono le ragioni della perdita di catechisti o catecumeni? Credo che molte persone penseranno alle prospettive politiche e all'ondata di emigrazione”. Certamente Hong Kong e la Chiesa cattolica di questa città devono confrontarsi con sfide importanti, sfide che potremmo anche definire come impervie. Si spera che la resilienza dei suoi cittadini, la forza di resistere nelle avversità, possano prevalere su un clima generale di grande sconforto di tensioni non ancora di risolte e che pesano sulla vita di tutti.