Hong Kong, Apple Daily e la fine della libertà
Una voce di dissenso in Hong Kong era quella del quotidiano in lingua cinese Apple Daily, che giovedì ha terminato le pubblicazioni dopo che il governo ha bloccato i conti bancari della società, di proprietà del magnate Jimmy Lai, ora in carcere. Le file nei chioschi per l'ultima copia. L'opposizione Usa al nuovo protagonismo cinese e il riallineamento dell'Italia. Intanto, il silenzio del Vaticano appare debole e assoggettato a Pechino.
Non bisogna essere osservatori particolarmente attenti per comprendere come in Hong Kong nell’ultimo anno si sia verificata una stretta in senso repressivo da parte del governo locale soggiogato al potere centrale di Pechino. Una legge sulla sicurezza nazionale in vigore da oramai un anno e imposta all’ex colonia britannica viene usata come scusa per compiere arresti indiscriminati e per mettere a tacere qualunque possibile dissenso.
Una voce importante di dissenso era quella del quotidiano in lingua cinese Apple Daily, che il 24 giugno ha pubblicato il suo ultimo numero visto che il governo ha bloccato i conti bancari della società, impedendo il pagamento di impiegati e giornalisti. Il giornale, proprietà del magnate Jimmy Lai che è anche in carcere insieme a tantissimi altri concittadini che si oppongono alla recente svolta autoritaria, ha stampato per questa ultima uscita un milione di copie piuttosto che le solite 80.000, tutte andate esaurite con la gente di Hong Kong che faceva la fila ai chioschi per i giornali per accaparrarsene una copia. L’Apple Daily che viene invece stampato a Taiwan, sempre di proprietà della Next Digital (la compagnia di Jimmy Lai) continuerà invece ad essere stampato e distribuito.
È evidente che esiste un grave problema a livello geopolitico e il destino di Hong Kong dovrebbe farci drizzare le antenne su possibili rischi che potrebbero coinvolgere altre parti del mondo. Per stare fra le nazioni nel mondo moderno, ci sono alcuni valori che vanno garantiti, come il rispetto della libertà religiosa e di esprimersi. È evidente che la Cina ha idee diverse in questo senso e i suoi continui atti di forza negli ultimi anni, compresa la situazione di Hong Kong, dimostrano un attitudine strategica che va sicuramente affrontata con decisione nel consesso internazionale.
Gli Stati Uniti hanno intensificato la loro opposizione a questo nuovo protagonismo cinese (di cui non si contesta l’opportunità ma la pericolosa arroganza) specialmente durante la presidenza di Donald J. Trump e continuano anche sotto il presente presidente ad opporre resistenza a questo sgomitare della potenza cinese. L’Italia, sotto Mario Draghi, sembra voler correggere lo sbandamento assurdo verificatosi grazie alle mosse di poco accorti politici del governo precedente, specie in area 5 Stelle. Si dovrebbe chiedere come è possibile fare accordi con entità che nel modo che è sotto gli occhi di tutti stanno rispettando gli accordi scritti e le promesse fatte al popolo di Hong Kong.
Il mistero del silenzio Vaticano sulla Cina continua ad inquietare un po’ tutti, un silenzio che oltretevere sicuramente hanno adottato in via prudenziale, sperando chissà cosa, ma che ottiene come risultato quello di essere considerati deboli e assoggettati alla politica aggressiva e anti democratica del gigante asiatico.