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EUTANASIA

Hollande lancia la "sedazione terminale"

Hollande lo aveva promesso durante la campagna: «Proporrò che tutte le persone malate in fase avanzata o terminale di una malattia incurabile, possano domandare di ricevere assistenza medica per terminare la propria vita con dignità». 

Vita e bioetica 18_02_2013
Hollande

Del resto, Hollande lo aveva promesso, durante la campagna, ai suoi elettori: «Proporrò che tutte le persone malate in fase avanzata o terminale di una malattia incurabile, che provoca una sofferenza fisica o psicologica insopportabile, possano domandare, a delle precise e strette condizioni, di beneficiare di un'assistenza medica per terminare la propria vita con dignità». Sulla scorta di tali promesse, si è mosso l'Ordine dei Medici francesi, in un documento adottato dal Consiglio dell'Ordine lo scorso 8 febbraio, ma reso noto solo ieri: sì alla sedazione terminale per i casi più gravi, sì alla revisione della legge Leonetti che vieta l'eutanasia.

Nel comunicato dell'Ordine leggiamo che, dopo lunga riflessione, il Consiglio ha deciso di apportare il proprio contributo al dibattito legislativo attorno alle ultime volontà e all'eutanasia, precisando che l'intervento dell'Ordine è sempre improntato ai principi di etica professionale e per la salvaguardia «della dignità del paziente». Necessaria quindi, secondo i medici, una riforma della Legge Leonetti del 2005 che, attualmente, vieta nel Paese l'eutanasia e il suicidio assistito ma nulla dice su casi particolarmente gravi, in cui lo stato di dolorosa incoscienza può prolungarsi anche per molto tempo.

L'apertura auspicata dall'Ordine Nazionale è quella verso la c.d. “sedazione terminale”, ossia la somministrazione di farmaci particolari, in grado di alleviare il dolore acuto delle fasi terminali, accompagnando così il paziente dall'incoscienza alla morte «dignitosa e tranquilla». Il pronunciamento del Consiglio è incentrato su due questioni cruciali: libertà di coscienza e riforme legislative. Va innanzitutto salvaguardato – conferma il Consiglio dell'Ordine – l'irrinunciabile principio deontologico della clausola di coscienza: medici e infermieri, seguendo i dettami della propria etica professionale, debbono essere liberi di scegliere come e se intervenire di fronte alla sofferenza del paziente.

Per questo le disposizioni anticipate di trattamento espresse dal paziente, in stato di autonoma lucidità, devono essere chiaramente comunicate al medico curante per permettergli d'esercitare liberamente l'obiezione di coscienza. Ma l'Ordine si premura anche di ribadire che, in caso di rifiuto del medico di procedere con la “sedazione naturale”, il paziente non deve essere abbandonato, bensì accompagnato «con umanità??» da un medico non obiettore. Sembra quasi di percepire un giudizio di problematicità nei confronti di coloro che esercitano l'obiezione: umanità e dignità sono i due termini chiave, frequentemente citati nel comunicato dell'Ordine, proprio per mostrare la convinzione che aiutare il paziente a morire rapidamente sia un vero esercizio di pietà e che, viceversa, negare la sedazione ai malati terminali per dovere di coscienza esponga il malato a un trattamento disumano.

Pare anche che a invertirsi sia il concetto stesso di libertà di coscienza, per cui a essere tutelato non è più solo l'astensione legittima del medico di fronte a quelle pratiche che violerebbero le proprie convinzioni morali (aborto o eutanasia), bensì la garanzia della possibilità di scegliere, in tutta libertà, se “aiutare” il paziente sofferente, intervenendo con la sedazione terminale.
Successivamente i medici chiedono una corretta applicazione della legislazione attuale sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e sulla fornitura di cure palliative, auspicando interventi di riforma che prevedano «per soli casi ritenuti eccezionali» la possibilità di un «accompagnamento medico alla morte nei casi di insopportabili sofferenze psico-fisiche».

Michel Legmann, presidente del Consiglio dell'Ordine dei medici, ha subito precisato che la proposta dell'Ordine si basa sulle medesime riflessioni che hanno originato la Legge Leonetti, della quale si chiede solo una parziale modifica: nessuna decisione discrezionale sulla morte, ma anche nessuna ostinazione terapeutica.
Giuridicamente permangono, come sempre in questi casi, troppi dubbi irrisolti: chi e in base a cosa sceglie i cc.dd. casi eccezionali, quali sono le soglie della non-sopportazione e in base a quali parametri vengono stabilite? Varieranno per età del paziente, cosicchè ad un certo punto si potrà dire “ha vissuto già abbastanza”? Si considererà il costo per la società nel mantenere in vita il parente terminale, andando incontro ai disagi di chi si deve prendere cura del malato? Si tenterà di accelerare la dipartita di coloro che non hanno famiglia, o non l'hanno in grado di prendersi economicamente cura di lui? La sofferenza psicologica come potrà essere valutata, specie se il soggetto è incosciente? Quale commissione di medici potrà sostituirsi alla volontà del paziente, nel caso in cui egli si sia espresso favorevolmente alla sedazione ma in tempo precedente la caduta in uno stato di incoscienza? Potranno decidere anche i parenti? E sulla base di quale istituto giuridico, se in Francia il suicidio assistito è negato?

Quelle espresse dall'Ordine sono solo direttive al legislatore per un intervento specifico nel settore delle riforme sanitarie; se accolte, dovranno attendere comunque – con tutta probabilità – il lavoro di una Commissione che predisponga il testo della riforma e poi l'iter di approvazione. Risalta comunque alla cronaca l'apertura, per la prima volta, dell'autorevole Consiglio alla “dolce morte” che, stando alle note posizioni già espresse da Hollande, potrebbero trovare pieno appoggio da parte del Governo.

Rimanendo in attesa – e superando il fragore di questa notizia che ha sollevato cori di approvazione da parte di molti italiani quale vittoria della dignità e dell'umanità – possiamo riflettere quanto meno sul titolo del documento pubblicato dall'Ordine francese dei medici: “Assistenza alla morte”. Perchè, allora, non parlare piuttosto di vera assistenza alle famiglie dei pazienti, di incentivi per chi cura da casa il proprio caro, di accompagnamento spirituale garantito in tutti gli ospedali, di conforto e sostegno psicologico per pazienti e familiari?