Hezbollah divide la maggioranza (italiana) di governo
Hanno suscitato un forte dibattito le parole di Matteo Salvini in difesa di Israele e contro Hezbollah, chiamato "terrorista" senza mezzi termini. L'Italia è in Libano sin dal 1978 con la missione Unifil. Salvini è contestato da chi ritiene metta a repentaglio Unifil, ma soprattutto dal Movimento 5 Stelle che ha tutt'altra visione del Medio Oriente
La visita in Israele del vice premier e ministro degli Interni Matteo Salvini, soprattutto per le sue schiette dichiarazioni di amicizia e solidarietà allo Stato ebraico, esaltato come “baluardo della democrazia” nella regione mediorientale per la sua lotta agli Hezbollah libanesi, tacciati senza mezzi termini di essere “terroristi islamici”, non poteva non suscitare molteplici reazioni. Sia per aver puntato improvvisamente i riflettori su importanti distanze in politica estera tra i due partiti della coalizione di governo, sia per aver fatto crollare, in maniera inattesa, le cosiddette “cautele diplomatiche” che finora hanno avvolto la realtà politica e sul terreno con la quale si è dovuta confrontare la prima e più importante missione militare dell’Italia all’estero.
Nominata UNIFIL (United Nations Interim Force in Libanon) venne istituita dal Consiglio di Sicurezza con la risoluzione 425 del 19 marzo 1978, ma il nostro paese potè farne parte un anno dopo, nel luglio 1979, quando un reparto (Italair) dell’Aviazione Leggera dell’Esercito, composta da una trentina di militari e dotata di quattro elicotteri, al comando del maggiore Filippo Neri d’Auria, sostituì una pressoché analoga unità norvegese che, vistasi distruggere i suoi apparecchi da guerriglieri arabi operanti nel Sud Libano, veniva fatta rimpatriare. In seguito, sulla base della risoluzione 1701 dell’11 agosto 2006 che poneva fine ad un conflitto tra soldati israeliani e miliziani libanesi Hezbollah, espressione dei musulmani sciiti, la presenza militare italiana si è rafforzata (risulta composta da 1100 militari, 278 mezzi terrestri e 6 aerei; oggi vede impegnati soprattutto bersaglieri della brigata Garibaldi e dell’Ottavo reggimento e un reparto del Piemonte Cavalleria). E da allora, particolare di grande rilevanza politica, l’Onu affida il comando dell’intera missione di pace, nella quale sono impegnati 10.500 uomini di 42 nazioni, a un generale italiano: dal 7 agosto scorso è Stefano del Col.
Non è un compito facile, ma non lo è mai stato. Da metà Novecento, la conflittualità tra Israele e Libano, nel contesto di quella regionale, ha visto di tutto: guerre aperte, invasioni e ritirate, imprese terroristiche e rappresaglie, raid e stragi. Dopo il conflitto del 1978 Israele, nel tentativo di garantirsi sicurezza, volle continuare ad occupare militarmente una fascia di territorio libanese a ridosso del confine, ma nel maggio del 2000 vi pose fine per l’intollerabile stillicidio di vittime causate dall’aggressività degli Hezbollah, tale da provocare le proteste delle madri dei soldati ebrei. Una ritirata che, salutata come “vittoria”, ebbe come effetto il rafforzamento anche politico degli Hezbollah: il loro partito da anni è forte di 14 deputati e condiziona la vita dei governi libanesi. Ancor più da quando in questi ultimi anni suoi reparti militari, alleati a pieno titolo, hanno combattuto vittoriosamente in Siria a fianco dell’Iran, la nazione che da sempre li ha finanziati, della Russia e soprattutto dell’esercito di Bashar el Assad, ovvero dell’ìnfluenza siriana sul Libano.
Ora Salvini, appena arrivato in Israele, è stato accompagnato in visita nel Sud-Libano proprio dove i soldati israeliani, grazie ad un’esclusiva loro tecnologia, hanno scoperto un terzo tunnel scavato sotto il confine dagli Hezbollah. Ma come? Sotto gli occhi dell’UNIFIL che dovrebbe impedirglielo per sventare intromissioni e minacce alla pace? “Se scavano tunnel che sconfinano non è certo per andare a fare la spesa”, commenta. “A casa mia i terroristi si chiamano terroristi” aggiunge. Ma per il Movimento5 Stelle, chiamando così gli Hezbollah, Salvini ha messo in pericolo la sicurezza dei nostri soldati, li ha esposti insomma a impreviste difficoltà. Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha evocato il tradizionale ruolo dell’Italia “super partes”, in vicinanza con i popoli israeliano e libanese.
Qualcuno si è spinto a separare la parte militare da quella politica degli Hezbollah, (come se ciò sia possibile in un’istituzione integralista islamica ) ricordando come l’Unione Europea abbia avuto un dialogo con esponenti di quest’ultima. Ma, penetrando nel contesto politico, altri esponenti “Cinque Stelle” hanno visto nelle prese di posizione di Salvini un’intromissione (Di Maio: “Quel che doveva dire o ha detto il ministro della Difesa”) e un errore (Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, noto anti-israeliano e filo-palestinese : “Parlare di geopolitica senza cognizione di causa, solo per schierarsi dalla parte del più forte, fa male a quei popoli e alla pace”).
In verità, nella evidenza dei profondi disaccordi in politica estera tra Lega e 5Stelle, Salvini ha voluto mettere le mani avanti: “Non fatemi aprire un altro fronte caldo”, ha detto. “Sono ministro degli Interni. Ci sono problemi che affronteremo in futuro”. E fra questi potrebbe esserci l’iniziativa presa dal presidente palestinese Abu Mazen nel corso della sua vista a Roma del 3 febbraio: quella che nel tentativo di superare l’isolamento internazionale nel quale si trova relegato (pesante la sconfitta inflittagli dal presidente statunitense Trump con il trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme) vorrebbe il premier italiano Giuseppe Conte nel ruolo di promotore della ripresa del processo di pace tra palestinesi e israeliani. L’Italia più idonea degli Stati Uniti e addirittura del Quartetto internazionale che riuniva Stati Uniti, Russia, ONU, Unione Europea? Si perché – avrebbe sostenuto Abu Mazen – con il sostegno di Francia, Belgio e Irlanda, altre nazioni cattoliche dì’Europa, l’Italia è certamente più credibile. “Amica vera” dei palestinesi fin dai tempi di Andreotti, avrebbe detto.
La prospettiva di un Nobel per la pace, fattagli balenare dal palestinese Abbas, avrebbe infiammato il pugliese Conte. Lo asseconderà Salvini, amico di Israele (“Chi vuole la pace deve sostenere il diritto all’esistenza e alla sicurezza di Israele, baluardo della democrazia in questa regione” ), fustigatore dell’Unione Europea (“Poco equilibrata nei confronti di Israele") e dell’ONU ( in attesa che “faccia la sua parte”)? In ogni caso ha fatto comprendere chiaramente ai 5Stelle che i conti, anche in politica estera, vanno regolati con la Lega, ovvero con lui.