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America Latina

Haiti, la Chiesa soffre con il suo popolo

Padre Marc-Henry Siméon ha delineato un quadro drammatico della situazione del paese durante un dibattito televisivo

 

“Il popolo haitiano è un popolo martire (…) e la Chiesa che è in comunione con questo popolo vive questa sofferenza nella sua carne”. Con queste parole padre Marc-Henry Siméon, portavoce della Conferenza Episcopale Haitiana, ha descritto la situazione di Haiti a un anno dall’insediamento del Consiglio Presidenziale di Transizione. Lo ha fatto durante un dibattito televisivo diffuso da Radio Télé Métropole il 13 aprile scorso. L’agenzia di stampa Fides ne ha riassunto l’intervento. “Lo Stato sta progressivamente crollando – ha spiegato padre Siméon – lasciando campo libero alle bande che stanno estendendo la loro presa, in particolare sulla capitale”. In effetti la capitale Port-au-Prince è ormai da anni praticamente in mano alle bande criminali, circa 300, che ne controllano l’80% del territorio. Ma anche altre parti del paese sono in loro balia. A Mirebalais, che si trova a circa 50 chilometri dalla capitale, il 31 marzo due religiose, suor Evanette Onezaire e suor Jeanne Voltaire, delle Piccole Sorelle di Santa Teresa di Gesù Bambino, sono state uccise quando una coalizione di bande armate, la Viv Ansanm, ha invaso la città e le aree circostanti. I malviventi hanno attaccato esercizi commerciali, stazioni di polizia, una prigione dalla quale sono fuggiti più di 500 detenuti e persino l’ospedale universitario. La situazione nella città è tuttora così critica e fuori controllo che ancora non è stato possibile recuperarne i corpi per dare loro una dignitosa sepoltura. Padre Siméon ha parlato di un “fallimento collettivo”. Più che una rivolta violenta, ha spiegato, c’è bisogno di una rivoluzione morale. I leader politici, ha aggiunto, dovrebbero fare una sincera analisi del loro operato e aprire un dialogo inclusivo: “Coloro che hanno fallito – ha però concluso – non si allontaneranno mai dal potere da soli”.