Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Marco a cura di Ermes Dovico
L'ANALISI

Ha vinto Renzi, Centrodestra a pezzi

Da martedì capiremo se il nuovo presidente della Repubblica sarà più notaio o più interventista, ma intanto si contano i vincitori e i vinti di questa elezione: il premier ha ricompattato il proprio partito e riaggregato una potenziale sinistra di governo, mentre Ncd e Forza Italia sono alla resa dei conti.

Politica 31_01_2015
Matteo Renzi

Notaio o interventista? Martedì capiremo direttamente dalle sue parole se Mattarella, dodicesimo Presidente della storia della Repubblica, intenda ricalcare le orme del suo predecessore, fin troppo presente, e a tratti invadente, nella quotidianità politica, o se, al contrario, optare per un profilo più riservato, sfumato e rispettoso della dialettica tra le forze politiche.

È comunque evidente che anche nell’elezione di Mattarella ci sono vincitori e vinti. È innegabile che il premier, imponendo di fatto per il Quirinale il nome del giudice costituzionale, sia riuscito a ricompattare il suo partito e a riaggregare perfino una potenziale sinistra di governo, allargata a Sel da un lato e a spezzoni di Scelta civica dall’altro. I dissidenti dem non potevano in alcun modo opporsi al nome di Mattarella, esponente del cattolicesimo democratico, tra i padri fondatori dell’Ulivo e tradizionalmente più aperto al dialogo con la sinistra che non con la destra.

Non si può escludere che ci sia stata anche la “manina” americana nella scelta del nuovo inquilino del Colle e che dunque oltre Oceano facciano festa per il successore di Napolitano. Nella veste di ministro della Difesa, tra il 1999 e il 2000,  all’epoca della guerra nel Kosovo, Mattarella mise a disposizione della Nato le basi militari di Vicenza per favorire il decollo degli aerei che andavano a bombardare Belgrado e gli americani apprezzarono molto.

Mattarella è di scuola morotea, un mediatore, un moderato attento a cogliere gli elementi di conciliazione tra le diverse culture politiche. Non mancherà, c’è da scommetterci, nel suo discorso di insediamento che pronuncerà martedì, di sottolineare ed elogiare il ruolo che il centrodestra ha avuto in questi mesi nel cammino delle riforme e non pronuncerà alcuna parola che possa apparire un fallo di reazione nei confronti dei berlusconiani per la loro mancata convergenza sul suo nome.

Peraltro di “franchi soccorritori” se ne sono visti tanti durante la quarta votazione per il Quirinale e non è detto che non provenissero proprio dalle file di Forza Italia. C’è chi accusa i fittiani, ma non c’è neppure da escludere che parlamentari vicini al mediatore Denis Verdini abbiano deciso di votare per il neo-Presidente, contravvenendo alle direttive di partito. 

Se Mattarella vorrà passare alla storia come il traghettatore verso la Terza Repubblica e come il Presidente della riconciliazione, per prima cosa dovrà contribuire, con i suoi gesti e le sue parole, a rasserenare gli animi. Ora dovrà essere nominato un suo sostituto alla Corte Costituzionale, dove anche un altro posto è vacante. Può partire da lì un riequilibrio di presenze e di rappresentanza tra centrodestra e centrosinistra? E se ci fosse il colpo di scena che Mattarella, anziché promulgare normative così controverse come il decreto fiscale, decida di concedere un atto di clemenza al leader dell’opposizione per chiudere definitivamente la stagione del bipolarismo paralizzante tra berlusconiani e antiberlusconiani?

Certo è che il centrodestra oggi è a pezzi. Molti alfaniani non vedevano l’ora di sganciarsi dal ministro dell’interno e potrebbero farlo in queste ore, magari tornando in Forza Italia. Il segretario di Ncd ha gestito malissimo la partita del Quirinale e si è dovuto piegare al diktat renziano. Giusta ma tardiva la sua intuizione di non voler lasciare nelle mani dell’estrema sinistra l’elezione di Mattarella, che, però, è stata vista dai suoi come l’ennesimo cedimento al renzismo.

In Forza Italia si aprirà una resa dei conti, ma alla fine non succederà nulla di sostanziale e si andrà avanti così. Berlusconi non ha alternative al Patto del Nazareno, non ha agibilità politica, ha un partito in frantumi e in crisi d’identità e non può permettersi di avere un premier e un Presidente della Repubblica ostili. Dovrà trovare ancora una volta un modus vivendi con Renzi, lasciando ampie praterie sul terreno dell’opposizione a Lega e Fratelli d’Italia, che avranno buon gioco nel contestare gli insuccessi di Berlusconi e Alfano e la loro incapacità di rappresentare una reale alternativa al renzismo.

Renzi può, per ora, dormire sonni tranquilli. Sulle riforme, anche in caso di spaccature tra i berlusconiani, dovrebbe riuscire ad ottenere in Parlamento i numeri necessari per andare avanti, considerato il terrore che tanti parlamentari, anche ex grillini, nutrono nei confronti dell’ipotesi di scioglimento anticipato della legislatura.

Per il centrodestra questa lezione potrà rivelarsi salutare se diventerà il pretesto per un’effettiva riorganizzazione e per un rilancio dell’azione politica. Ci vorrà qualche anno, ma le elezioni politiche sono lontane e quindi il tempo c’è.