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Guerra tra i 5Stelle, Grillo perde il reddito di cittadinanza

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Nello scontro finale l'attuale leader Giuseppe Conte toglie il compenso di 300mila euro al fondatore e garante dei pentastellati. Tra i due litiganti Casaleggio (figlio) se la ride.

Politica 26_10_2024
IMAGOECONOMICA - GIULIANO DEL GATTO

Volendo fare una battuta sull’agonia grillina degli ultimi mesi, e soprattutto sugli sviluppi delle ultime ore, si potrebbe dire che anche Beppe Grillo ha perso il reddito di cittadinanza. Perfino il fondatore e garante del Movimento 5 Stelle si è visto togliere il compenso di 300mila euro all’anno che percepiva sotto forma di incarico di consulente per la comunicazione dei pentastellati. Nello scontro finale con l’attuale guida del Movimento, Giuseppe Conte sembra che a rimetterci le penne sia proprio l’ex comico, che pure aveva fatto per anni le fortune di quella forza politica anti-sistema con comizi, show e insulti in libertà contro tutto e tutti. Chi se la ride è Davide Casaleggio, figlio dell’altro padre nobile del Movimento, non più in vita, che ironizza sul principio fondativo dei grillini (“Uno vale uno”) per dire che fra un po quella forza politica “avrà un solo elettore”.

È emblematico come il Movimento 5 Stelle si stia profondamente lacerando, battendo sul piano della ferocia persino i litigi e i giochi di potere dei partiti tradizionali. Nel momento in cui Giuseppe Conte decide di sferrare un colpo letale contro il fondatore stesso, Beppe Grillo, lo fa tramite un’iniziativa orchestrata con freddo cinismo: la divulgazione sulle pagine dell’ultimo libro di Bruno Vespa, seguendo l’antico rituale delle anticipazioni mediatiche.

Conte, cancellando la consulenza annuale a Grillo, dimostra così di sentirsi ormai padrone incontrastato del Movimento. La prova evidente è la sua capacità di manipolare Grillo, trasformato in una figura secondaria, “comunicatore a contratto” per il partito che lui stesso ha fondato, con un compenso esorbitante e un’immagine ormai compromessa per sempre. Questa operazione, oltre a ridicolizzare Grillo, ne affossa definitivamente il ruolo e smonta una volta per tutte i finti ideali che avevano ispirato la nascita del Movimento.

La parabola dei 5 Stelle, un tempo movimento di rottura, appare oggi come una saga di lotte interne per il potere. Conte, con abile strategia, sfrutta le aspirazioni e le debolezze dei propri alleati e rivali, mostrandosi maestro nel manipolare situazioni a proprio vantaggio. E proprio questo contratto da 300mila euro assegnato a Grillo, privo di reale scopo comunicativo, appare come una sorta di “super bonus”, un reddito di cittadinanza per l’ex “padre-padrone” del Movimento, ora relegato a una posizione subalterna.

Sotto un’apparente remissività, Conte nasconde un calcolo preciso delle opportunità, una capacità che ha già sfoderato per emergere nel 2018 come guida di un governo giallo-verde e, nel 2019, con impressionante disinvoltura, come guida di un governo giallo-rosso. Il Movimento 5 Stelle, lungi dall’essere unito dai suoi ideali originari, è oggi lacerato da tensioni interne e interessi personali, perché è venuto meno il collante del potere e rimangono solo le penose rivendicazioni di tutti contro tutti.
D’altronde, l’inganno iniziale dei 5 Stelle, che tuonavano contro la partitocrazia e inneggiavano alla meritocrazia, è presto emerso in tutta la sua gigantesca imponenza quando i dilettanti grillini sono entrati nelle stanze dei bottoni e hanno occupato tutto l’occupabile con una voracità inimmaginabile.

Ora Conte, liberatosi dell’ultimo ostacolo interno, cioè Grillo e i suoi pochi fedelissimi, destinati ad essere definitivamente emarginati, potrà trasformare il Movimento in una sorta di forza politica personale, cambiando statuto e regole interne, abolendo il vincolo dei due mandati e quindi invogliando tutti i veterani a restare con lui, con la promessa di una ricandidatura.
Che poi questo possa portare Conte a realizzare il suo sogno inconfessato, cioè quello di tornare a Palazzo Chigi, nessuno può prevederlo. I numeri non sono dalla sua parte, perché il Pd ha al momento più del doppio dei voti del Movimento 5 Stelle, ma in politica tutto può succedere.

Quello che emerge, tuttavia, oggi, è la disillusione definitiva del popolo grillino, che ha sperato in una palingenesi della politica e ora si ritrova un uomo solo al comando, quell’Avvocato del popolo che ha dimostrato di aver imparato in fretta a fare politica e che è riuscito a silurare perfino il fondatore del Movimento che ora lui guida con il piglio del monarca assoluto.



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