Guai per i fumatori, se sopravvivono a guerre e malattie
La campagna anti-tabacco nell'Uganda prevede anni di carcere e multe impossibili per chiunque sia scoperto a fumare in luoghi pubblici. L'Uganda arriva dopo ad analoghe campagne in Kenya, Sierra Leone, Mali e Nigeria, dove guerre civili e malattie falcidiano migliaia di persone.
Dal 19 maggio in Uganda è proibito fumare nei bar, nei ristoranti e negli alberghi e a meno di 50 metri da luoghi pubblici quali scuole, ospedali e stazioni di taxi. I trasgressori verranno puniti con la reclusione fino a due mesi e con multe fino a 60 dollari (quasi il 58% degli ugandesi che lavorano guadagnano meno di due dollari al giorno). La nuova legge proibisce la vendita di sigarette elettroniche, di tabacchi aromatizzati da pipa e da narghilè. Vieta il commercio di sigarette sfuse, molto richieste da chi non ha i mezzi per acquistare ogni volta un pacchetto intero. Inoltre inasprisce le sanzioni già previste per chi vende tabacco e sigarette ai giovani sotto i 21 anni.
I fumatori in realtà sono pochi – spiegano le autorità – ma è comunque bene prevenire le malattie. Certo in Uganda è meglio non ammalarsi, soprattutto di cancro: l’unica macchina per la radioterapia si è rotta definitivamente ad aprile, e anche prima funzionava male, e adesso per chissà quanto tempo decine di migliaia di ammalati di cancro resteranno privi di cure. Mancano pure le ambulanze: certe aree rurali ne sono del tutto sprovviste. Si usano al posto, in qualche modo adattati, i boda boda, i mototaxi, che oltre tutto hanno il vantaggio di poter percorrere le piste più accidentate, impraticabili per le auto.
Il vicino Kenya è dal 2008 che ha adottato delle norme antifumo, e ancora più restrittive. Lì in pratica fumare è vietato dappertutto, anche nei parchi, per strada, nelle piazze e in macchina. Le sanzioni sono severe: fino a 46 dollari di multa e a tre anni di prigione. Ma i kenyani hanno trovato il sistema: se ne vanno a fumare sui tetti piani delle case.
Altri stati africani hanno proibito il fumo prima ancora. Il Mali, per esempio, ha ricevuto per ben tre volte dall’Oms il premio “Tabacco e salute”. La prima legge maliana contro il fumo risale al 1996 e nel 2004 il governo ha deciso di ratificare la Convenzione quadro per il controllo del tabacco adottata dall’Oms nel 2003 che stabilisce obiettivi e principi intesi a “proteggere le generazioni presenti e future dalle devastanti conseguenze sanitarie, sociali, ambientali ed economiche causate dal consumo di tabacco e dall’esposizione al fumo di tabacco”. Per contro l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni denunciava quell’anno, e non per la prima volta, l’assenza in Mali di una legislazione atta a impedire il commercio di minori: migliaia di bambini venduti ogni anno dai genitori, trasferiti nei paesi vicini per essere impiegati nelle piantagioni e nei lavori domestici oppure avviati alla prostituzione e all’accattonaggio (adesso anche ceduti ai trafficanti di uomini che li portano in Europa).
In prima linea nella lotta al fumo c’è anche la Nigeria, acclamata dall’Oms quando nel marzo 2002 ha varato una legge che prevede fino a cinque anni di carcere e multe elevate alle persone sorprese a fumare in pubblico: trattandosi di questioni di salute, le sanzioni sono inflitte automaticamente con procedure speciali. In compenso proprio nel 2002 si moltiplicavano nel paese i casi di poliomielite, conseguenza del fatto che il governo centrale non aveva impedito agli stati del nord a maggioranza islamica di boicottare le campagne di vaccinazione dei bambini: dalla Nigeria l’epidemia si era poi estesa ad altri stati africani in precedenza dichiarati liberi dalla malattia.
Impareggiabile resta il caso della Sierra Leone. Nel vivo di un conflitto civile atroce, tra il 1991 e il 2002, il governo, responsabile di mille violenze sui civili, aderiva alla Giornata mondiale senza tabacco celebrata ogni anno dall’Oms. Nei luoghi pubblici e nelle vie principali della capitale Freetown, devastata dalla guerra, a edificazione della popolazione stremata, che all’epoca deteneva il primato della più bassa speranza di vita al mondo (34 anni) e del più elevato tasso di mortalità entro il primo anno di vita (177 bambini su mille), comparivano manifesti con le scritte: “Il fumo nuoce gravemente alla salute”, “Fumare provoca il cancro”. Non solo. La guerra per i “diamanti insanguinati” ha trasformato decine di migliaia di bambini in esseri capaci di torturare, mutilare e uccidere e altrettanti ne ha mutilati, uccisi e resi orfani. Nel 2000, mentre il mondo si prodigava per il recupero dei bambini soldato e per il disarmo delle milizie sperando in una prossima fine delle ostilità, il Consiglio delle Chiese della Sierra Leone ha lanciato una campagna contro le armi giocattolo. Ai bambini che le consegnavano venivano regalati in cambio giocattoli “non violenti” e libri. Più di cento bambini pare abbiano risposto all’appello... secondo i responsabili dell’iniziativa, dal giocattolo si passa troppo facilmente all’arma vera.
Se l’Uganda arriva tardi nella lotta al fumo, vanta però un primato eco-friendly di cui va fiera. Ha infatti realizzato Kayoola, il primo autobus africano a energia solare. Il prototipo è stato presentato al mondo a marzo. Prodotto dalla Kiira Motors Corporation, società di cui sono azionisti l’università di Makerere e il governo ugandese, il bus ha due batterie alimentate da pannelli solari collocati sul tetto e potrà trasportare 35 passeggeri. Purtroppo ha poca autonomia, 80 chilometri: quindi è adatto soltanto a percorsi urbani. Il problema inoltre è che gran parte dei suoi componenti è stato fabbricato da imprese straniere. Entro il 2039 si spera di poterlo costruire con parti prodotte e assemblate in Uganda.