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DI LOTTA E DI GOVERNO

Grottesco grillino: mandano un "vaffa" a loro stessi

Cinque Stelle in profonda crisi d’identità, divisi tra un approccio di lotta e un approccio di governo. Sabato prossimo scenderanno in piazza per ritorvare lo spirito del vaffa, ma manifestando contro il governo di cui sono principali azionisti. Come faceva Rifondazione ai tempi del Prodi II. 

Politica 10_02_2020

Nel codice genetico del Movimento Cinque Stelle c’è il “vaffa”, ma nelle abitudini ormai consolidate dei suoi rappresentanti al governo emerge una fame invincibile di poltrone e di posti di potere, in ogni ganglio vitale dello Stato. Ed è per questo che fa sorridere l’iniziativa promossa dai vertici pentastellati che, sabato prossimo, scenderanno in piazza San Silvestro a Roma contro il ripristino dei vitalizi per 700 ex senatori colpiti dal ricalcolo su base contributiva e, in generale, contro i privilegi della casta.

Un recentissimo sondaggio accredita i grillini di un misero 14% di consensi, quasi 20 punti percentuali in meno delle politiche del marzo 2018. Un campanello d’allarme che sta costringendo i vertici del Movimento a tentarle tutte, pur di non farsi fagocitare dal Pd. Ecco quindi materializzarsi lo scenario di un improbabile ritorno alle origini, cioè allo spirito battagliero di 10 anni fa, quando i pentastellati annunciavano di voler aprire il Parlamento come una scatola di tonno.

Oggi, però, sono loro ad avere la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Sono loro a occupare le poltrone più ambite, da Palazzo Chigi in giù. Sono loro a rappresentare ai massimi livelli la cosiddetta casta, contro la quale annunciano di volersi rivoltare. Risulta, quindi, poco credibile una mobilitazione come quella preannunciata per il prossimo week-end, visto e considerato che i militanti e i simpatizzanti hanno in larga parte già voltato le spalle a Luigi Di Maio e sodali e scenderebbero volentieri in piazza ma contro di loro, non accanto a loro.

Ma oltre a questo paradosso di un M5S in profonda crisi d’identità, diviso tra un approccio di lotta e un approccio di governo, vanno rimarcate le profonde divisioni nella classe dirigente grillina tra chi strizza da tempo l’occhio al Pd e dunque prova imbarazzo verso l’iniziativa di sabato prossimo (criticata, peraltro, dallo stesso segretario dem, Nicola Zingaretti), e chi, come Luigi Di Maio, prova a rimotivare la base per rilanciare le battaglie identitarie di un tempo e sfuggire all’abbraccio mortale piddino. Per il Ministro degli Esteri, che ha lasciato la guida politica qualche giorno prima delle regionali per evitare di mettere la faccia sull’ennesima figuraccia, non è ancora tempo di resa. Di Maio vuole provare a riprendere in mano il timone di una barca che pure sta affondando, ed è per questo che confida di riempire piazza San Silvestro per lanciare la sfida anche ai suoi oppositori interni.

Questo scenario, tra il patetico e il grottesco, riporta alla memoria degli italiani pagine tragicomiche di vita politica come quelle vissute tra il 2006 e il 2008. Il centrosinistra aveva vinto le elezioni del 2006 ma con margini risicati. Il governo Prodi era nato con pochissimi parlamentari di maggioranza e dunque il premier era tenuto perennemente sotto scacco da Rifondazione comunista e da Clemente Mastella, che lo tiravano per la giacca, ora di qua ora di là.

Rifondazione Comunista, però, non si limitava solo a minacciare la crisi di governo un giorno sì e un giorno no, bensì agitava le piazze quasi che non stesse al governo ma all’opposizione. Memorabili le manifestazioni di piazza dei bertinottiani dell’epoca contro le scelte compiute dal governo guidato dal Professore.

Oggi cambiano solo i protagonisti ma la farsa è la stessa. I grillini, peraltro forza di maggioranza sia in Parlamento che al governo, aizzano le folle contro l’esecutivo, pur di recuperare quella verginità perduta e quella credibilità andata in frantumi con i tradimenti su Tav, Tap, Ilva, Alitalia e tante altri dossier e le giravolte su Matteo Salvini, prima alleato fedele ora nemico da abbattere.

Per i grillini, ormai a rischio estinzione, è l’ennesimo tentativo disperato di sopravvivenza. Il popolo è già abbondantemente scappato da loro, ma loro sembrano non accorgersene e continuano a recitare slogan anti-casta, anche andando contro il più elementare galateo istituzionale. E’, infatti, una assoluta mancanza di rispetto verso i ministri dem e Leu manifestare contro un governo di cui si fa parte. I pentastellati avrebbero i numeri per far passare o per bloccare qualsiasi iniziativa legislativa e quindi con quale coraggio si ostinano a mantenere questa doppia veste di lotta e di governo? Hanno forse paura di abbandonare gli attuali privilegi ai quali apparentemente fanno la guerra?