Grillo saluta: i 5 Stelle restano il partitino di Conte
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L’assemblea pentastellata ha confermato l’esito della prima votazione, cioè il superamento della figura del Garante e quindi l’eliminazione di Beppe Grillo che saluta. Il Movimento delle origini non esiste più ed è rimasto solo il partitino di Conte, ancora speranzoso di tornare a Palazzo Chigi, magari nuovamente senza investitura popolare.
Hanno raccolto voti prendendo in giro l’opinione pubblica e promettendo una diversità morale che non si è affatto vista. Ora stanno dimostrando di essere peggio di tutti gli altri partiti, litigando in modo furibondo su simbolo, nome, fondi e statuto. I grillini volevano «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno», celebravano la vittoria definitiva sulla povertà, tuonavano contro l’odiata casta dei politicanti, ma quando poi si è trattato di prendersi poltrone e prebende hanno fatto capire di non essere secondi a nessuno.
La guerra fratricida al loro interno non è altro che una battaglia di puro potere, per spartirsi le spoglie di quel che resta di un movimento politico pronto ad allearsi con tutti e contro di tutti pur di non abbandonare la stanza dei bottoni.
Da questo punto di vista non c’è molta differenza tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Il primo appare più presentabile, essendo un avvocato, un docente universitario e anche un ex presidente del Consiglio, che tuttavia ha attorno a sé una pletora di carrieristi disposti anche a rinnegare le proprie origini pur di restare in sella. Il secondo raggruppa tutti gli scontenti fatti fuori da Conte e in cerca di vendetta.
Tra i due domina ormai un odio invincibile, che si trascinerà anche nelle aule di tribunale. Infatti, nel week-end circa 90.000 iscritti al Movimento Cinque Stelle hanno votato per la seconda volta in pochi giorni, proprio a causa del ricorso di Grillo che aveva impugnato la prima votazione, ritenendo l’”avvocato del popolo” un usurpatore.
L’assemblea pentastellata ha confermato l’esito della prima votazione, cioè il superamento della figura del Garante e quindi l’eliminazione di Beppe Grillo, che in realtà sperava nel mancato raggiungimento del quorum. Invece il quorum è stato raggiunto e il 65% dei votanti ha confermato in sostanza di non volere più tra i piedi il comico (l’abolizione della figura del Garante è stata approvata addirittura con l’80% dei voti) e di preferirgli Giuseppe Conte, considerato l’uomo della svolta organizzativa.
Nonostante si tratti della seconda bocciatura del fondatore in meno di 15 giorni, c’è chi profetizza una prosecuzione della guerra Conte-Grillo nelle aule di tribunale. Danilo Toninelli, membro del Collegio dei probiviri del Movimento 5 Stelle, preannuncia in modo deciso che Grillo farà certamente ricorso e lo vincerà. “Quello che è successo con il voto M5S era scontato -commenta l’ex ministro dei trasporti- Conte ha fatto una consultazione ratificatoria.
Aveva deciso tutto lui: ha deciso quanti dovevano essere i votanti, ha deciso le domande e pure il notaio, ma Beppe non si darà per vinto. Dispiace che Conte e i suoi ballino sul cadavere di un leone, è un ballo, esultanza da perdenti. Grillo impugnerà il simbolo e lo farà tornare proprio e Conte si dovrà obbligatoriamente fare il suo partito".
D’altronde Conte ha dimostrato di essere un cinismo micidiale, avendo cancellato con un colpo di spugna tutti gli elementi anti-casta che potevano ancora illudere qualche nostalgico dei vaffa e indurlo a votare per il M5s, dal vincolo dei due mandati alla figura del Garante, tenuta in piedi fino a quando ha fatto comodo.
«Un M5s senza limite dei due mandati, che era il più grande dei capisaldi, non può essere il M5s – aggiunge Toninelli -. Come possiamo far credere alla gente che esiste ancora un M5s che queste persone avevano votato sull'onda di quella promessa, che tra l'altro Conte urlava nella campagna elettorale del 2022 dicendo “noi siamo diversi dagli altri, non abbiamo i professionisti della politica”. Conte tradisce sé stesso e non esiste più il Movimento 5 stelle. E fra qualche mese non esisterà più neanche formalmente perché Beppe farà l'azione legale che tutti si stanno aspettando».
I fedelissimi dell’ex comico attendono quindi l’avvio della sua azione legale per reimpossessarsi del simbolo, che è al 100% di sua proprietà (così sostengono loro). A colpi di carte bollate e di ricorsi si consumerà quindi l’agonia di un movimento, destinato anche a spaccarsi con prevedibile scissione dei duri e puri.
Conte ieri ci ha tenuto a replicare a muso duro a Grillo. «Sarebbe stato bello avere negli ultimi anni un Grillo come lo vedevo da fuori, partecipe e coinvolto nel progetto politico del M5s - ha detto l’ex premier -. Purtroppo, si è messo ai margini. Sarebbe stato bello averlo ai cancelli di Stellantis, alle elezioni politiche del 2022 e poi alle elezioni europee, con la sua forza comunicativa. Ricordo momenti in cui anziché averlo al nostro fianco, lo trovavamo a telefonare a Draghi e a chiederci conto di quello che stavamo facendo».
Ma tutte queste rivendicazioni nulla hanno a che fare con la difesa degli interessi dei cittadini. Si tratta solo di una guerra per gli spazi di potere e le risorse finanziarie per continuare a fare politica a spese dei contribuenti. I Di Maio più scaltri sono scappati con il bottino, quelli meno furbi tentano ancora di rientrare in pista, sperando che l’elettorato li perdoni. La verità è che il Movimento delle origini non esiste più ed è rimasto solo il partitino di Conte, ancora speranzoso di tornare a Palazzo Chigi, magari nuovamente senza investitura popolare, come accadde nel 2018.