Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
DISCRIMINAZIONI

Green pass, che vergogna negare lo sport ai minori

Dai 12 anni in su, sono migliaia in tutta Italia e non possono partecipare a nessuna attività sportiva organizzata perché privi del super green pass. Notevoli le ricadute psicofisiche. A loro tutela è sorto il gruppo "Gli Sportivi”, che sta intraprendendo azioni legali presso l’Onu, la Cedu e il Governo Draghi. Il quale non si cura del problema. La testimonianza di una madre alla Bussola.

Attualità 16_02_2022

L’applicazione del green pass per i minori sta generando drammi epocali non soltanto in ambito scolastico. Il più grosso disagio è senz’altro quello procurato agli studenti non vaccinati (almeno 25 mila in tutta Italia) impossibilitati a prendere mezzi pubblici per andare a scuola o costretti alla didattica a distanza (Dad) se qualche compagno di classe è positivo. Non va sottovalutata, tuttavia, la totale esclusione dei ragazzi sprovvisti di green pass rafforzato per ogni tipo di attività sportiva, anche individuale e all’aperto. A tale riguardo, è nato il gruppo “Gli Sportivi”, che riunisce virtualmente circa diecimila genitori. All’omonimo canale Telegram, si è aggiunto un profilo Instagram, che offre l’impatto choc-strappalacrime delle divise sportive “appese al chiodo”, associate al nome e all’età del giovane atleta escluso.

Primo obiettivo del gruppo Gli Sportivi è l’avvio di una serie di azioni legali, con il supporto di una serie di avvocati e studi divenuti piuttosto noti in questi due anni di pandemia: Linda Corrias, Alessandro Fusillo, Erich Grimaldi, Olga Milanese, Marco Mori, le associazioni Avvocati Liberi e Liberamente Umani. Le denunce intraprese sono state indirizzate al tribunale internazionale dell’Onu per violazione dei diritti umani, alla Corte Europea dei Diritti Umani e al Governo, mentre le società sportive, le federazioni e il Coni sono stati raggiunti da diffide, con richiesta di risarcimento danni.

In una lettera inviata il 5 gennaio al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio, Mario Draghi, al ministro della Salute, Roberto Speranza, al sottosegretario con delega allo Sport, Valentina Vezzali e a svariate federazioni sportive italiane, le famiglie de Gli Sportivi hanno affermato che «punire con l’esclusione atleti che per mesi si sono sottoposti a tamponi pur di poter praticare sport, appare un’inutile e dannosa misura che potrebbe avere conseguenze gravissime sulla salute mentale dei ragazzi. Anni di sacrifici, abnegazione e allenamenti vengono cancellati in articoli di legge. Sogni e speranze di chi allo sport dedica gran parte della propria vita vengono distrutti da due decreti (i Dl 221 e 229/2021, ndr)». Lo scorso 17 gennaio, un collaboratore del sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, ha risposto, comunicando ai genitori che le loro istanze erano «all’attenzione del Comitato Tecnico Scientifico». Dopo questo segnale, però, il silenzio del Governo è stato assordante.

Eppure, a loro sostegno, i ricorrenti hanno un dossier sugli adolescenti in lockdown, a cura del Centro Clinico di Psicologia di Monza, e uno studio promosso dal Dipartimento di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Gaslini di Genova. Entrambe le indagini sono state pubblicate su autorevoli riviste internazionali e mostrano i devastanti risultati dei lockdown sugli adolescenti: stati di agitazione e ansia, anoressia, sintomi dissociativi, disturbi del sonno, tentativi di suicidio. Specularmente, i due studi mostrano come l’attività fisica e ludica, specie di squadra, sia in grado di generare neurotrasmettitori benefici per la salute psico-fisica. «Mio figlio di 14 anni è stato in Dad per 14 giorni - riferisce alla Nuova Bussola Quotidiana, Chiara Sammartin, vicentina, una delle madri del gruppo Gli Sportivi -. Alla sua età, ormai passa le sue giornate tra il letto e il divano. Lo hanno privato di tutto. Prima era un ragazzo che stava molto tempo fuori, il telefono lo usava pochissimo, adesso lo vedo svuotato di quella che è la sua vita».

La signora Sammartin non vuole assolutamente essere chiamata “no-vax”. «Non amo le etichette - spiega -, parlo a titolo mio personale. Ho fatto in passato scelte completamente diverse, adesso però la cosa che mi interessa è che vengano allo scoperto tutti i disagi che i ragazzi si trovano ad affrontare. Non voglio condizionare gli altri nelle loro scelte, però, alla fine, quelli come me sono visti come pessimi genitori che non badano alla salute dei loro figli. Non siamo degli sprovveduti che, come si usa dire, si sono “laureati su Facebook”. Siamo persone che si sono documentate e hanno fatto una scelta. Siamo per la libertà di scelta e riteniamo che non si possano privare degli adolescenti di qualcosa che per loro è vitale, quando poi è noto che di Covid loro non si ammalano in forma grave. Non porto avanti questa battaglia solo per mio figlio. Conosco, tra l’altro, ragazzi disabili che non possono più praticare basket in carrozzina». Il discorso è ovviamente esteso anche all’ambito scolastico: «Quelli che dovrebbero essere diritti di tutti ormai sono dei privilegi - prosegue la Sammartin -. Mai avrei pensato che a mio figlio un giorno sarebbe stato impedito di prendere il bus per andare a scuola. Non riesco a capire come si possa essere arrivati a tanto…».

Giovani che «dovrebbero essere lasciati liberi di vivere la loro vita» adesso soffrono la «mancanza di empatia» di una gran parte degli adulti e dei coetanei: «Genitori, compagni di squadra, mister, dirigenti, chiunque avrebbe potuto almeno dire “mi dispiace”, invece né a mio figlio né a me è mai giunta una parola di solidarietà, tranne che da un dirigente che alla fine, pur essendo di parere diverso, è riuscito a capire cosa stesse attraversando mio figlio. Tutti gli altri si sono limitati a dire che ci sono delle regole e bisogna seguirle. Se avessero avuto più delicatezza non si sarebbero rotti tanti rapporti umani. È venuta proprio a mancare l’idea del “fare squadra”», conclude la signora Sammartin.