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Grecia, la breve strada verso il default

La Grecia si avvicina concretamente al default. Saltate le trattative con l'Eurogruppo, finito il piano di aiuti, non si riuscirà a pagare tutto il credito (1,6 miliardi) al Fmi. E per la prima volta un membro dell'Ue che fa parte anche della zona euro, potrà risultare insolvente. Come si è giunti fino a questo punto?

Economia 29_06_2015
Alexis Tsipras

La parola default evoca sempre scenari minacciosi, con banche chiuse, risparmi bruciati, gente disperata e gettata di colpo nella miseria più nera. Il momento arrivò tredici anni fa per l’Argentina, adesso potrebbe toccare, con grandissima probabilità, anche alla Grecia, il primo caso in piena eurozona. Il default di Atene sarà inevitabile se entro martedì, cioè entro domani, non potrà pagare 1,6 miliardi dovuti al Fondo Monetario Internazionale (Fmi).

Atene, i cui conti pubblici continuano ad essere in rosso, dipende interamente dagli aiuti dei creditori europei. Questi aiuti non sono gratuiti, ma vincolati a una serie di riforme volte a far nuovamente rientrare il bilancio a condizioni almeno recuperabili: nessun creditore internazionale chiede alla Grecia un (ormai impossibile) pareggio di bilancio e nemmeno il rientro nei parametri di Maastricht, ma almeno una riduzione del deficit, del debito pubblico e della spesa corrente, sia tramite tagli che aumenti di tasse. Alexis Tsipras è stato eletto a gran maggioranza proprio con l’intento di respingere le condizioni chieste dai creditori. Anzi, il programma di Tsipras rilancia nazionalizzazioni e spesa pubblica, per far fronte a quella che lui definisce una “crisi umanitaria” caratterizzata da alti tassi di disoccupazione (25,6%), una forte contrazione del reddito medio e del Pil. La politica di Tsipras è stata finora più moderata del previsto.

All’approssimarsi della scadenza del credito del Fmi, però, il premier di estrema sinistra ha improvvisamente irrigidito le sue posizioni. Fonti greche affermano che, nel corso dei negoziati con l’Eurogruppo, per il rinnovo degli aiuti, il ministro delle finanze Varoufakis fosse giunto molto vicino a un accordo. Quest’aspetto della trattativa suggerisce che la decisione di rompere, da parte del governo Tsipras sia più politica che economica. Il premier, che sta perdendo consensi (se non altro perché non ha la bacchetta magica) vuole “contare il suo popolo” tramite un nuovo plebiscito, riproponendo la sua lotta contro creditori che vengono presentati come “strozzini”. Così, venerdì, ha indetto pubblicamente un referendum, previsto per il prossimo 5 luglio, in cui si chiederà agli elettori greci se accettare o meno le condizioni dei creditori. Giusto per ribadire la sua posizione, Tsipras stesso ha invitato a votare “no”.

Lo strappo di Tsipras rischia però di trasformarsi in un suicidio, per tutta la Grecia. Gli altri 18 governi dell’Eurozona, infatti, alla luce dell’indizione del referendum, hanno deciso di interrompere il piano di aiuti sabato, senza prorogarlo fino al giorno del voto (come chiedeva il governo greco). “Non si può estendere un programma - ha detto Michel Sapin, ministro delle Finanze francese - quando il Paese dice che non lo vuole e indice un referendum sul programma stesso: è una contraddizione di cui tutti ci siamo resi conto”. “Non ci sono le basi per ulteriori negoziati”, ha ulteriormente spiegato il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. “Ovviamente con la Grecia non possiamo mai escludere sorprese, quindi ci può sempre essere speranza ma nessuno dei colleghi con cui ho parlato ha visto alcuna possibilità di poter fare qualcosa in questo momento”.

In Grecia è scattata l’ora del panico, perché potrebbe finire la liquidità delle banche. Ora che il tavolo è saltato, infatti, la fornitura della liquidità d'emergenza (Ela) da parte della Bce non è più scontata. L'Ela è stato nelle ultime settimane l’unica linea vitale per le banche greche, per permettere loro di far fronte alla loro crisi di liquidità. Già dalle prime ore di sabato i bancomat sono stati presi d’assalto. In almeno un caso invece, la banca Alpha, ha sospeso le contrattazioni online secondo quanto riferisce lo stesso sito web dell’istituto, per impedire di spostare i soldi su altri conti. Ieri il governo proclamava, rassicurante: “le banche resteranno aperte e non saranno imposti controlli sui capitali”. La Banca Centrale Europea, dal canto suo, affermava, per bocca di Mario Draghi: “Continuiamo a lavorare in stretta collaborazione con la Banca di Grecia e approviamo con vigore l'impegno dei paesi membri ad assumere le iniziative necessarie a gestire le fragilità delle economie dell'area euro”. Ma non è bastato: ieri sera, infatti, il governo greco, smentendosi, ha ufficialmente annunciato che stamattina le banche non riapriranno i battenti. E riapriranno solo il 7 luglio, dopo il referendum.

Piuttosto ci si prepara a subire pesanti conseguenza nell'Eurozona, e in particolare nei Paesi con i debiti più a rischio, fra cui il nostro, al momento della riapertura dei mercati, questa mattina. Mario Draghi ha già annunciato uno scudo per evitare l'effetto contagio. La Bce interverrà con vendite di debito “dei Paesi periferici come Italia, Portogallo e Spagna, alla riapertura dei mercati, fin da domani e nei giorni successivi, possono essere contrastate con acquisti, anche massicci, della Bce”. Quanto perderebbe l’Italia in caso di insolvenza totale della Grecia? Si tratta di un’ipotesi estrema, poco probabile, ma occorre ricordarla per comprendere a quali rischi andiamo incontro. L’Italia ha prestato direttamente alla Grecia 10 miliardi di euro, più 23,3 miliardi tramite il fondo salva-Stati europeo Efsf e 14,2 attraverso l’Esm, più 6,6 miliardi che corrispondono a quanto la Banca d’Italia ha prestato tramite la Bce e 10,94 miliardi della quota italiana del programma Ela. In totale fanno 65 miliardi. Quanti ne rivedremo dopo il default? A queste possibili perdite si aggiungano anche gli 800 milioni di euro in titoli greci nelle tasche degli italiani che potrebbero drasticamente ridursi.

Nonostante queste nere prospettive per i risparmi degli italiani, non mancano (anzi, abbondano) coloro che tessono le lodi a Tsipras, su quotidiani e social network. Perché rappresenterebbe la “democrazia contro la finanza”, perché dà ai greci la libertà di votare sulle condizioni dei creditori. A parte che ci si dovrebbe chiedere come mai i governi greci, nell’ultimo decennio almeno, siano arrivati a quelle condizioni, con un bilancio in rosso e i conti truccati per nascondere il buco. A parte questo, che democrazia è quella che, per capriccio politico e motivi elettorali, tiene in ostaggio 18 paesi, 18 governi democraticamente eletti, di tutta l’Eurozona?