Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ELEZIONI

Gli spagnoli non hanno avuto il coraggio di bocciare Sanchez

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Conta dei voti al cardiopalma in Spagna, dove ci si gioca il futuro. La maggioranza relativa va alla coalizione Popolari e Vox, ma non conquistano la maggioranza assoluta, quindi niente governo. Sanchez e l'estrema sinistra tengono.

Esteri 24_07_2023
Spagnoli al voto

Quasi 37,5 milioni di spagnoli sono stati chiamati a votare questa domenica in occasione delle elezioni generali che segnano il corso della Spagna. Con il loro voto, gli elettori hanno scelto di dare la maggioranza relativa, alla coalizione di Popolari (136 seggi) e Vox (33 seggi) che ottengono, quando a notte fonda si conclude lo spoglio delle schede, 169 seggi al Congresso e sui 350, mentre sono più di 112 seggi al Senato dei soli Popolari su 208 senatori. Il risultato finale rimette in gioco anche una grande ammucchiata di Socialisti, Sumar e tutti gli indipendentisti che, riuniti sotto l’unico ombrello del potere, potrebbero consentire a Sanchez di tornare alla Moncloa e costruire un nuovo governo.

Dunque, la Spagna ha dimostrato incertezza nel porre fine al ‘sanchismo’, cioè quella politica rivoluzionaria e anti-spagnola che ha voluto, al pari del ‘zapaterismo’ degli anni 2000, rivoltare società, costumi e valori del paese e trasformarlo da baluardo del cattolicesimo ad avanguardia del laicismo socialista e marxista. L’auspicio del principale quotidiano conservatore di Spagna,  El Debate, che le urne dessero un risultato per «un cambiamento chiaro, forte e riformista», non c’è stato.

I Popolari comunque a tarda notte e con lo spoglio oltre il 95% dei seggi, nonostante tutti i sondaggi gli assegnassero un bottino di oltre 150 eletti, preso atto della parziale debacle, crescono solo di 47 seggi, sarebbero comunque intenzionati a rivendicare il diritto di formare il nuovo governo, anche perché il Psoe di Sanchez si ferma a 122 seggi (+2 rispetto al 2019). Le ambiguità sui temi non negoziabili di Alberto Núñez Feijóo non hanno portato acqua al Partito Popolare ed anzi, hanno allontanato gli elettori cattolici e di destra sia da Vox, considerato coerente solo nei proclami e non quando deve prendere decisioni amministrative, sia dai Popolari.

L’importanza del voto spagnolo è dato anche dalla affluenza al voto che, nonostante il caldo torrido e la scelta sfrontata di Sanchez di fissarne la data il 23 luglio, è stata del 70,18%, quasi quattro punti in più rispetto al 2019, quando fu del 66,23%.  ll Presidente del Governo, Pedro Sánchez, primo dei leaders di partito a votare domenica mattina aveva dichiarato di avere «buone vibrazioni» ed era stato accolto al seggio dagli applausi degli attivisti socialisti, ma anche da urla di oppositori che lo avevano  definito «bugiardo».

Il Popolare Alberto Núñez Feijóo, dopo il voto, si era invece limitato a ricordare l’importanza del voto, perché ci «stiamo giocando per il modello di Paese che vogliamo avere». Sempre nella mattinata di ieri, la stampa spagnola ed occidentale era divisa sul possibile esito elettorale in Spagna, pur avendo i comune il giudizio sulla importanza di queste elezioni iberiche per il futuro europeo. A livello interno, il quotidiano di sinistra El Pais, evidenziava la storicità della scelta elettorale e stigmatizzava, similmente ai quotidiani di sinistra italiani lo scorso anno, che appoggiare il Popolari e Vox voleva dire sostenere «l'estrema destra europea più radicale».

I compagni social-comunisti de La Vanguardia preferiva sottolineare come le elezioni fossero al centro dell’attenzione europea e per la prima volta dopo la fine della dittatura del 1977, c’era il rischio che votando Vox si potesse ripiombare nel radicalismo di destra. Lo stesso tono, pur senza eccessi e richiami al pericolo dittatoriale, erano stati usati dal sito di informazione europea Euractiv che descriveva il pericolo dello «spettro» che incombeva sulle elezioni spagnole e sul prossimo possibile governo di Madrid: Vox.

Il pericolo dell’estrema destra, oltre ad essere riecheggiato ampiamente in tutti i mezzi di informazione televisiva pubblica e privata italiani, tranne le testate di Mediaset, era ampiamente ripreso anche dal The Guardian e, oltre oceano dal NYT , ove il solo Wall Street Journal aveva preso posizione, sin dal 20 luglio, contro le politiche di Sánchez, sostenendo apertamente i Popolari di Feijóo ed una possibile coalizione con Vox. Gli exit-polls pubblicati dalla chiusura delle urne alle 20 di domenica erano tutti a favore della maggioranza di centro e destra, con i Popolari che oscillavano tra i 150 e i 158 seggi del Congresso e Vox che si attestava intorno ai 25-31 seggi.

 Il finale dei conteggi è stato al cardiopalma, a tarda serata, i Popolari avevano 169 seggi con Vox, rispetto ai 154 del PSOE e di Sumar, con l'86% dei voti scrutinati. Il PP aveva quindi 136 seggi, contro i 122 del PSOE, i 33 di Vox contro i 31 di Sumar. Mancavano dunque alla possibile coalizione di centro e destra soli 8 seggi per la maggioranza assoluta del Congresso di 176.  Alle 23 di domenica, nella incertezza del risultato finale i dirigenti di Vox decidevano di cancellare i programmato festeggiamento con gli eletti dalla balconata delle propria sede nazionale a Madrid, preferendo il silenzio, mentre il Psoe dichiarava le proprie preoccupazioni per i possibili brogli e manipolazioni dei Popolari.

Un dato emerge chiaramente. Le aperture dei Popolari al confronto con i Socialisti della scorsa settimana hanno penalizzato il partito di Alberto Núñez Feijóo e scalfito la credibilità di una solida e convinta coalizione con Vox, favorendo la tiepidezza dell’elettorato moderato e di destra. La tenuta del Psoe dimostra invece tuttala capacità di gestire il potere (ed i denari pubblici) della sinistra.  Il 23 giugno sarebbe stato il giorno giusto per abrogare il ‘sanchismo’ e tutti i suoi mali che hanno afflitto la vita civile, morale, economica e sociale della Spagna. Gli spagnoli erano convinti di farlo, il centro e la destra non sono stati credibili e ora il trasformismo per il potere potrebbe rimettere in sella persino Sanchez e una riedizione del suo governo ‘Frankestein’.