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IL LIBRO

Gli inni di sant’Efrem sull’Incarnazione del Verbo

Nei suoi Inni sulla Natività e sull’Epifania, Efrem il Siro medita il mistero dell’Incarnazione del Verbo attraverso immagini poetiche ispirate dalle Sacre Scritture, gettando luce con la sua teologia poetica sulle grazie che il Divin Bambino è venuto a donare agli uomini.

Cultura 29_12_2022

«L’albero della vita fa giungere la speranza ai mortali. Oggi è nato un bimbo, il suo nome è Meraviglia. È proprio una meraviglia di Dio che si sia manifestato come un infante. Una terra vergine aveva partorito Adamo, capo della terra. Una vergine oggi ha partorito l’Adamo del cielo. Benedetto il Vero venuto dal Padre di verità. Ha compiuto le parole dei veridici profeti che si adempirono nella loro verità». Medita così il mistero di Dio che si fa carne sant’Efrem il Siro (306-373), diacono e asceta vissuto nell’antica Mesopotamia nel IV secolo e morto a Edessa dopo aver contratto la peste mentre curava gli ammalati. Arguto polemista, Efrem è un poeta teologo, appellato a buon diritto “cetra dello Spirito Santo” proprio per la sua produzione innodica, che testimonia un’intensa attività di catechesi svolta anche attraverso la recita e il canto di tali componimenti sacri durante la liturgia.

Il mistero dell’Incarnazione del Verbo, insieme al mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore è il cuore della fede cristiana, e perciò al centro della teologia poetica di Efrem condensata negli Inni sulla Natività e sull’Epifania (Paoline, pp. 560) pubblicati con una traduzione e introduzione a cura di Ignazio De Francesco. Nello specifico, si tratta di una raccolta di ventotto inni sulla Natività, di cui sedici di sicura autenticità e tredici sull’Epifania.

Tutta la Creazione beneficia degli effetti salvifici della Redenzione operata da Cristo: «Limpida fu la notte nella quale si levò il Limpido venuto a renderci limpidi». Di qui l’invito per i fedeli a custodire la purezza e la pace del cuore, e soprattutto a operare con fervente carità: «In questo giorno, nel quale si è fatto povero per noi il Ricco, anche il ricco renda partecipe il povero della sua tavola. In questo giorno è venuto fuori per noi il dono, anche se non l’avevamo domandato. Noi allora diamo elemosine a coloro che ce le domandano a piena voce». Perciò Efrem esorta a riconciliarsi con i propri fratelli, deponendo ogni inimicizia: «Questo è il giorno che ha aperto per noi la porta dell’alto alle nostre preghiere. Anche noi apriamo le porte a quelli che chiedono, che hanno sbagliato e poi hanno supplicato».

Tra le grazie che il Dio Bambino viene a donare agli uomini, il poeta teologo ricorda che «poiché è re ha dato a tutti la regalità; poiché è sacerdote ha dato a tutti il perdono; poiché è l’agnello distribuisce a tutti il cibo». D’altra parte la nascita e la morte di Cristo sono i due poli in cui trova senso e compimento l’intera storia della salvezza. A tal proposito Efrem scrive: «Tra la sua nascita e la morte ha messo il mondo in mezzo: mediante la nascita e la morte lo ha salvato». Pertanto, «Tu ti sei rivestito del nostro corpo visibile, noi ci siamo rivestiti della tua potenza invisibile».

Il mistero del Verbo che si fa carne è così contemplato dal teologo di Nisibi: «Oggi si è impressa la divinità nell’umanità, affinché anche l’umanità fosse intagliata nel sigillo della divinità. Gloria alla tua venuta che ha riportato alla vita gli uomini. Gloria al Bello che ci ha modellati a sua somiglianza. Gloria al Limpido che non ha guardato alle nostre macchie. Dalla terra assetata è sgorgata la fonte che basta a saziare la sete dei popoli. Dal grembo vergine, come da una roccia, è germogliato il seme dal quale sono venuti i raccolti. La sola vera Spiga diede pane, pane celeste illimitato. Quell’unico pane che spezzò ha vinto la creazione: quanto più viene diviso si moltiplica! Era l’Altissimo e succhiava il latte di Maria, mentre tutte le creature succhiano le sue benedizioni. Aveva dato a Maria il latte come Dio; per converso ne succhiò da lei come uomo. Ha gattonato tra i bambini, il figlio del Signore dell’universo. Le sue fasce hanno dato un vestito di gloria agli uomini. Gioisca Adamo poiché Tu sei la chiave del paradiso».

Il poeta teologo siriaco illumina anche il legame tra la Vergine Maria e il Figlio: «Meraviglia di tua madre! Egli è entrato in lei Signore ed è divenuto servo. È entrato pastore dell’universo ed è diventato in lei agnello, uscendo belando. L’utero di tua madre ha invertito gli ordini delle cose. È entrato colui che nutre l’universo e ha assunto la fame. È entrato colui che abbevera tutti e ha assunto la sete. Nudo e spoglio è uscito da lì colui che veste tutti». In questo modo «la verità discese nell’utero, uscì e fece rotolare via l’errore». Di qui il responsorio invita a ripetere: «Benedetto colui che si è fatto piccolo senza misura per farci diventare grandi senza misura».

«Rendo grazie alla tua prima nascita (nel seno del Padre, ndr), invisibile e occulta a ogni creatura. E rendo grazie alla tua seconda nascita (nella carne dal grembo di Maria, ndr), visibile e più giovane di tutte le creature fatte dalle tue mani», canta Efrem evidenziando i motivi per glorificare il Padre per la vita del Figlio.

Relativamente al mistero dell’epifania del Signore alle genti, Efrem sottolinea ancora che di fatto «i Magi gli offrirono da ciò che è suo: la mirra e gli aromi che lui aveva portato ad esistenza e creato». Questa prima epifania è, sul piano liturgico, strettamente congiunta alla manifestazione divina nel Battesimo di Cristo, assimilato a «un pozzo di vita che il Figlio di Dio ha aperto con la propria vita e che ha generato flutti dal suo fianco. Venite, voi tutti assetati, venite e deliziatevi! Benedetto l’onniclemente!». Per tale mistero «l’anima ritrova la sua bellezza originaria», dal momento che «la croce, sole luminoso, ha fatto dimorare la propria luce nelle acque e ha chiamato i popoli-tenebre. Essi scesero, si rivestirono, si ornarono di essa e risplendettero dell’epifania della sua luce».