Gli assorbenti igienici non sono sostenibili. Che fare?
Nei paesi in via di sviluppo la sfida è dotare tutte le donne di assorbenti igienici, in quelli sviluppati la sfida è convincerle a non usarli più per salvare il pianeta
Una delle preoccupazioni che suscita la congettura del global warming antropico sono i limiti che esige al benessere umano: se per i paesi sviluppati la “decrescita felice” rappresenta in realtà un arretramento delle condizioni di vita difficile da accettare, per quelli in via di sviluppo significa la rinuncia a superare situazioni disagevoli, e peggio, associate a ingiustizie e discriminazioni diffuse. Ecco un esempio. Alle donne dei paesi sviluppati si chiede di rinunciare agli assorbenti igienici usa e getta. Nell’arco della vita ogni donna ne usa in media 12.000 che finiscono nell’indifferenziato. Sono fatti di rayon, xantato di cellulosa, polveri super assorbenti derivate dal petrolio, plastica e lattice. Non sono sostenibili. Quindi bisogna trovare un rimedio. Si tentano già campagne per convincere le donne a usare metodi alternativi: dagli assorbenti lavabili, riciclabili, alle coppette mestruali agli assorbenti bio – piuttosto costosi, però – fino al “flusso istintivo libero” che, si dice, quasi tutte le donne possono imparare a controllare evitando così gli assorbenti oltre ad acquisire una migliore consapevolezza del proprio corpo. In attesa di convincere le donne, gli assorbenti devono essere tassati come beni di lusso. Se per le donne occidentali il traguardo è “liberarsi” degli assorbenti usa e getta che inquinano, per quelle dei paesi in via di sviluppo il traguardo è invece dotarsene. In Africa, ad esempio, milioni di studentesse non dispongono di assorbenti igienici, le loro famiglie non hanno i mezzi per comprarli o per farlo regolarmente. Secondo l’Unesco in Africa sub-sahariana una studentessa su dieci non va a scuola nei giorni del ciclo. Alcune perdono così addirittura il 20% della loro istruzione e questo aumenta la probabilità che interrompano gli studi prima di conseguire un diploma. L’associazione Femme International calcola che in un solo paese dell’Africa orientale, il Kenya, le ragazze perdano complessivamente fino a 500.000 giorni di scuola all’anno per via dei problemi che insorgono durante il ciclo mestruale. Prive di assorbenti, si aggiustano come possono, usando stracci, pezzi di carta, foglie. Ma in quelle condizioni hanno paura ad andare a scuola. In Uganda il 30% delle ragazze di famiglie povere non se li possono permettere e perciò durante il ciclo non vanno a scuola. Nel resto del continente la situazione è la stessa, con casi ancora peggiori. Distribuirli gratuitamente è dunque un passo avanti a cui stanno pensando alcuni governi. Lo Zambia è tra questi. Il 3 ottobre il parlamento ha approvato all’unanimità una mozione che prevede la distribuzione di assorbenti igienici nelle scuole. Adesso il governo dovrà trovare i fondi necessari. Inoltre è in esame la richiesta di togliere tasse di importazione e imposta sul valore aggiunto sugli assorbenti.